Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7694 Anno 2025
I
Penale Sent. Sez. 1 Num. 7694 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 15/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a FIRENZE il 05/10/1971
avverso la sentenza del 16/02/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME
che ha concluso chiedendo udito il difensorel
Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona della dott.ssa NOME COGNOME Sostituta Procuratrice generale della Repubblica presso questa Corte, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 13 dicembre 2022, il Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Pisa, in esito a giudizio abbreviato, dichiarava NOME COGNOME colpevole dei reati di detenzione e di porto di una pistola, ivi compiutamente descritti. Concesse le circostanze attenuanti generiche e riconosciuta la continuazione, computata la diminuente per la scelta del rito, l’imputato veniva condannato alla pena finale di 1 anno di reclusione ed euro 2267,00 di multa.
Con sentenza del 16 febbraio 2024, la Corte di appello di Firenze, adita dall’imputato, in parziale riforma della sentenza di primo grado, così decideva: assolveva l’imputato dai reati ascritti in relazione ad alcuni episodi; per le restant condotte – riconosciute le circostanze attenuanti generiche, ritenuta la continuazione, computata la diminuente per la scelta del rito abbreviato rideterminava la pena finale in 11 mesi, 4 giorni di reclusione ed euro 2.100,00 di multa. In particolare, la pena veniva stabilita in base al seguente calcolo: «pena base per il reato più grave di cui al capo 81), anni due di reclusione ed euro 4500 di multa; ridotta per le generiche ad anni uno mesi quattro di reclusione ed euro 3000 di multa; aumentata ad anni uno mesi quattro di reclusione ed euro 3.150 di multa per l’episodio in data 25/8/2020 contestato al capo A; ridotta per il rito alla pena finale di mesi undici gg. quattro di reclusione ed euro 2.1000 di multa».
La difesa di NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, con atto in cui deduce, richiamando l’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., manifesta illogicità, carenza e contraddittorietà della motivazione della sentenza di appello in relazione all’aumento di pena stabilito in applicazione dell’art. 81 cod. pen. a titolo di continuazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
1.1. La giurisprudenza di legittimità ha spiegato che, in tema di reato continuato, il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato più grave e stabilire la pena base, deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite (Sez. U, n. 47127 del
24/06/2021, Rv. 282269 – 01; la Corte ha precisato che il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena è correlato all’entità degli stessi e tale da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, che risult rispettati i limiti previsti dall’art. 81 cod. pen. e che non si sia oper surrettiziamente un cumulo materiale di pene).
1.2. Nel caso concreto ora in esame, è assorbente notare che la sentenza di appello impugnata ha determinato in 21 giorni di reclusione ed euro 150,00 di multa – prima del computo della diminuente per la scelta del rito – l’aumento della pena, per il reato in continuazione di detenzione di pistola.
La modesta entità dell’aumento di pena, per il reato di detenzione di pistola riconosciuto in continuazione, rende evidente che l’impegno motivazionale gravante sul giudice del merito è stato assolto, e che, in mancanza di differenti elementi sul punto, deve intendersi implicitamente richiamato, nella sentenza di appello, il sufficiente rinvio generico ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., r contenuto nella sentenza di primo grado.
Il provvedimento impugnato, quindi, supera il vaglio di legittimità demandato a questa Corte, il cui sindacato deve arrestarsi alla verifica del rispetto delle norme giuridiche, delle regole della logica e della conformità ai canoni legali che presiedono all’apprezzamento delle circostanze fattuali.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato e, conseguentemente, il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, 15 ottobre 2024.