Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 1182 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 1182 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 23/10/2024
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
CC – 23/10/2024
R.G.N. 27138/2024
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da: avverso l’ordinanza del 27/06/2024 della Corte di Appello di Napoli; vista la relazione del Consigliere NOME COGNOME vista la requisitoria del Sost.Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per la inammissibilità del ricorso; in procedura a trattazione scritta.
COGNOME nato a RECALE il 21/06/1965;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 27 giugno 2024 la Corte di Assise di Appello di Napoli quale giudice della esecuzione – ha respinto la domanda introdotta da COGNOME tesa ad ottenere il riconoscimento della continuazione tra i fatti oggetto di distinte decisioni irrevocabili.
1.1 In motivazione si osserva, in sintesi, che : a) la richiesta riguarda il rapporto, in tesi, esistente tra la condotta di partecipazione alla associazione di stampo mafioso denominata clan COGNOME – a far data dal 1985 – e il delitto di omicidio commesso in danno di Famiano NOME in data 31 luglio 1996; b) l’esame dei contenuti delle decisioni emesse in cognizione porta ad escludere la possibilità di una preventiva deliberazione dell’omicidio del Famiano (al momento del radicamento della posizione associativa del COGNOME), posto che il fatto avvenne per ragioni contingenti legate alla scelta del COGNOME, già affiliato al medesimo clan COGNOME , di legarsi ad un clan rivale.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione – nelle forme di legge COGNOME, deducendo erronea applicazione di legge, vizio di motivazione, omessa considerazione dei contenuti della domanda e di una memoria.
2.1 La difesa evidenzia che Ł stato già riconosciuto il vincolo della continuazione tra il delitto di partecipazione alla associazione mafiosa e una serie di reati-fine (estorsioni e condotte di possesso abusivo di armi).
Da ciò la considerazione per cui l’ingresso nel sodalizio mafioso – per il COGNOME – ha comportato la preventiva deliberazione, in via generale, di una serie di condotte funzionali al
mantenimento in essere del sodalizio.
Erra, dunque, il giudice della esecuzione a ritenere l’omicidio del COGNOME frutto di una deliberazione volitiva autonoma e sopravvenuta.
In particolare gli omicidi di soggetti appartenenti a clan rivali, secondo la difesa, rientrano pienamente nel programma di una associazione di stampo mafioso, posto che verrebbe meno, in caso contrario, il potere di intimidazione, carattere essenziale del reato associativo. La Corte di Assise di Appello, in sostanza, prescinde dai contenuti della domanda e rielabora il tema in modo apodittico.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł infondato.
Va premesso che, in via generale, al fine di applicare la disciplina del reato continuato ai sensi dell’art. 81 comma 2 cod. pen. Ł necessario che il giudice di merito – attraverso un concreto esame dei tempi e delle modalità di realizzazione delle diverse violazioni commesse – individui precisi indici rivelatori tali da sostenere la conclusione, cui eventualmente perviene, della sostanziale unicità del disegno criminoso.
Per tale va intesa la rappresentazione unitaria, sin dal momento ideativo, delle diverse condotte violatrici – almeno nelle loro linee essenziali – da parte del soggetto agente, sì da potersi escludere una successione di autonome risoluzioni criminose ed in tal modo giustificandosi la valutazione di ridotta pericolosità sociale che giustifica il trattamento sanzionatorio piø mite rispetto al cumulo materiale ( ex multis Sez. I n. 40123 del 22.10.2010, rv 248862) .
Ciò perchŁ la ricaduta nel reato e l’abitualità a delinquere non integrano di per sØ il caratteristico elemento intellettivo (unità di ideazione che abbraccia i diversi reati commessi) che caratterizza il reato continuato (tra le altre, Sez. II, n. 40123 del 22/10/2010 rv. 248862).
Va riaffermato dunque che la unicità di disegno criminoso, richiesta dall’art. 81 c.p., comma 2, non può identificarsi con una scelta di vita che implica la reiterazione di determinate condotte criminose o comunque con una generale tendenza a porre in essere determinati reati. Al contempo la nozione di continuazione neppure può ridursi all’ipotesi che tutti i singoli reati siano stati dettagliatamente progettati e previsti, in relazione al loro graduale svolgimento, nelle occasioni, nei tempi, nelle modalità delle condotte, giacchØ siffatta definizione di dettaglio oltre a non apparire conforme al dettato normativo, che parla soltanto di “disegno” porrebbe l’istituto fuori dalla realtà concreta, data la variabilità delle situazioni di fatto e la loro prevedibilità, quindi e normalmente, solo in via approssimativa.
Quello che occorre, invece, Ł che si abbia una visibile programmazione e deliberazione iniziale di una pluralità di condotte in vista di un unico fine.
La programmazione può essere perciò ab origine anche di massima, purchØ i reati da compiere risultino previsti almeno in linea generale, con riserva di ‘adattamento’ alle eventualità del caso, come mezzo per il conseguimento di un unico scopo o intento, prefissato e sufficientemente specifico (in tal senso Sez. I n. 12905 del 17.3.2010, rv 246838).
Tali principi di diritto sono stati ribaditi, con specifico riferimento ai contenuti della valutazione da compiersi in sede esecutiva, da Sez. Un. n. 28659 del 18.5.2017, rv 270074, che si Ł espressa nel modo che segue : il riconoscimento della continuazione, necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi
fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea.
Da tale inquadramento di fondo deriva che – secondo le linee interpretative emerse nella presente sede di legittimità sul tema della compatibilità o meno della continuazione tra delitto associativo e singolo delitti-scopo – fra reato associativo e singoli reati fine non Ł, di regola, ravvisabile un vincolo rilevante ai fini della continuazione, posto che, normalmente, al momento della costituzione della associazione, i reati fine sono previsti solo in via del tutto generica , il che contraddice il presupposto della ideazione comune, posto che tale dato richiede una identificazione, sia pure di massima, dei singoli fatti da commettere.
Tale vincolo, si Ł anche precisato, potrà ritenersi sussistente soltanto nella eccezionale ipotesi in cui risulti che fin dalla costituzione del sodalizio criminoso o dalla adesione ad esso, un determinato soggetto, nell’ambito del generico programma criminoso, abbia già individuato uno o piø specifici fatti di reato, da lui poi effettivamente commessi ( v. tra le molte, Sez. I n. 6530 del 18.12.1998, rv 212348) .
Analogamente, si Ł affermato che Ł ipotizzabile la sussistenza della continuazione tra reato associativo e reati fine a condizione che questi ultimi siano già stati programmati al momento della costituzione della associazione (orientamento, quest’ultimo, ribadito tra le altre, da Sez. I n. 12639 del 28.3.2006, rv 234100 ).
In ogni caso, Ł stato opportunamente sottolineato, anche nella giurisprudenza successiva, che il problema della configurabilità della continuazione tra reato associativo e reati-fine non va dunque – impostato in termini di compatibilità strutturale, in quanto nulla si oppone a che, sin dall’inizio, nel programma criminoso dell’associazione, si concepiscano uno o piø reati-fine individuati nelle loro linee essenziali, di guisa che tra questi reati e quello associativo si possa ravvisare una identità di disegno criminoso. Ne consegue che tale problema si risolve in una quaestio facti la cui soluzione Ø rimessa di volta in volta all’apprezzamento del giudice di merito (tra le altre, Sez. V n. 44606 del 18.10.2005, rv 232797).
Ora, aderendosi a tale ultimo orientamento, va affermato che nel caso in esame la quaestio facti di cui sopra Ł stata risolta – dal giudice del merito – con concreta analisi della genesi dell’omicidio commesso nel 1996, aspetto trattato con argomenti di fatto del tutto logici la cui ridiscussione Ł preclusa in sede di legittimità.
Sotto tale profilo, la doglianza difensiva tende – di contro – a scivolare nella genericità, posto che pretende di risalire alla comune ideazione dei fatti (rapporto tra il singolo e l’associazione / omicidio) in ragione della natura della fattispecie incriminatrice, lì dove la valutazione va operata sempre in concreto e non per categorie concettuali. In tal senso, la decisione impugnata correttamente pone in evidenza che rispetto alla persone del Famiano la deliberazione criminosa Ł, per forza di cose, sorta in prossimità temporale con l’omicidio e non nel momento dell’ingresso del COGNOME nel sodalizio criminale.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 23/10/2024
Il Consigliere estensore COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME