Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 45222 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 45222 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Niscemi il 20/05/1973;
avverso la ordinanza della Corte di appello di Caltanissetta, in funzione di giudice dell’esecuzione, del 10/06/2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe la Corte di appello di Caltanissetta, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha accolto la domanda di NOME COGNOME diretta al riconoscimento della continuazione in sede esecutiva, ai sensi dell’art.671 cod. proc. pen., tra i reati per i quali egli è stato condannato con le sentenze della medesima Corte territoriale pronunciate il 19 luglio 2018 ed il 31 maggio 2015, rideterminando la pena complessiva in anni nove e mesi quattro di reclusione.
Avverso la predetta ordinanza il condannato, per mezzo dell’avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico ed articolato motivo, di seguito riprodotto nei limiti di cui all’art.173 disp. att. cod. proc. pen., insistendo per l’annullamento del provvedimento impugnato relativamente al trattamento sanzionatorio fissato per i reati satellite.
Il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. la violazione e falsa applicazione degli artt.81 cod. pen. e 671 cod. proc. pen. per la illegittimità dell’aumento di pena per i reati satellite (due episodi di minaccia aggravata, accertati con la sentenza della Corte di appello di Caltanissetta del 31 maggio 2023), fissato in anni uno e quattro di reclusione (mesi otto per ciascuna minaccia) e quindi in misura superiore rispetto a quanto statuito al riguardo dal giudice della cognizione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
È noto che il giudice dell’esecuzione deve procedere alla rideterminazione della pena per la continuazione tra reati separatamente giudicati con sentenze, ciascuna delle quali per più violazioni già unificate a norma dell’art.81 cod. pen., deve dapprima scorporare tutti i reati riuniti in continuazione, individuare quello più grave, con riferimento alla pena più elevata determinata in concreto dal giudice della cognizione, ai sensi dell’art. 187 disp. att. cod. proc. pen. (Sez., 1, n. 31640 del 09/05/2014, COGNOME, Rv. 261088) e solo successivamente, sulla pena come determinata per quest’ultimo dal giudice della cognizione, operare autonomi aumenti per i reati satellite, compresi quelli già riuniti in continuazione
con il reato posto a base del nuovo computo (Sez. 1, n. 21424 del 19/03/2019, COGNOME, Rv. 275845). Pertanto, il giudice dell’esecuzione deve operare nuovamente il trattamento sanzionatorio, mediante i poteri che l’art. 671 cod. proc. pen. gli conferisce dovendo altresì avere cura di calibrare i segmenti di pena in modo tale da prestare osservanza ai limiti di cui all’art. 81, terzo e quarto comma, cod. pen., parimenti rilevanti in sede esecutiva (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270073). Inoltre, il giudice dell’esecuzione non può in sede di applicazione della disciplina del reato continuato – quantificare gli aumenti di pena per i reati-satellite in misura superiore a quelli fissati dal giudice della cognizione con la sentenza irrevocabile di condanna (Sez. U, n. 6296 del 24/11/2016, dep. 2017, Nocerino, Rv. 268735 – 01).
Ciò posto si rileva che il provvedimento impugnato ha correttamente individuato come pena base ex art. 187 disp. att. cod. proc. pen., quella per il reato di cui alla sentenza pronunciata dalla Corte di appello di Caltanissetta il 19 luglio 2018, ma ha invece fissato l’aumento di pena per le due minacce accertate con la sentenza del 31 maggio 2023 in misura maggiore rispetto a quella inflitta in sede cognizione (mesi uno di reclusione per ciascuna minaccia) incorrendo, per tali episodi, nella lamentata ‘reformatio in peius’.
Pertanto, fermo restando l’avvenuto riconoscimento della continuazione, l’ordinanza impugnata deve essere annullata, relativamente al trattamento sanzionatorio limitatamente agli aumenti per la continuazione, con rinvio alla Corte di Appello di Caltanissetta, in funzione di giudice dell’esecuzione ed in diversa composizione (Corte costituzionale 9 maggio 2013, n.183), per nuovo giudizio che tenga conto di quanto sopra illustrato.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata, limitatamente agli aumenti per la continuazione, con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Caltanissetta. Così deciso in Roma, il 29 novembre 2024.