Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7319 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1   Num. 7319  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 17/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME a GELA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 22/03/2023 della CORTE ASSISE APPELLO di CATANIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’impugnata ordinanza.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugNOME la Corte di assise d’appello di Catania, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza presentata nell’interesse di NOME COGNOME, diretta ad ottenere l’applicazione della disciplina del reato continuato in relazione ai reati giudicati con le seguenti sentenze: 1) sentenza Corte di assise d’appello di Caltanissetta del 09/03/2009, definitiva il 27/01/2010, per i reati di omicidio, tentato omicidio, detenzione e porto illegale di armi, commessi in Gela il 21/01/1999 il primo, ed il 22/04/1999 gli altri; 2) sentenza Corte d’appello di Caltanissetta del 15/10/2001, definitiva il 30/05/2002, per il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen. commesso in Gela dal 1998 alla data della sentenza; 3) sentenza Corte d’appello di Caltanissetta del 17/12/1997, definitiva il 02/02/1998, per il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen. commesso in Gela fino al 1997; 4) sentenza Corte di assise d’appello di Catania del 20/06/2016, per il reato di GLYPH tentato omicidio commesso in Niscemi il 23/07/1996, già posta in continuazione con la sentenza sub 1).
La Corte territoriale ha motivato il rigetto ritenendo non individuabili elementi sintomatici della medesimezza del disegno criminoso. Più in particolare ha osservato come non fosse possibile riconoscere la continuazione tra i reati associativi e i reati ornicidiari, dettati questi ultimi da vicende occasionali e contingenti; quanto ai reati associativi, l’unotarietà del disegno criminoso era da escludere in considerazione del fatto che il COGNOME, inserito organicamente nel clan COGNOME fino al 1997 (sentenza sub 3), a seguito di una spaccatura interna (non certamente preventivabile sin dal momento dell’ingresso nel clan RAGIONE_SOCIALE), entrò a far parte, dal 1998 in poi, della famiglia RAGIONE_SOCIALE (sentenza sub 2).
Avverso il provvedimento ricorre NOME COGNOME, per mezzo del difensore AVV_NOTAIO, denunciando violazione di legge e vizio di motivazione. Si duole il ricorrente che il G.E. abbia travisato le emergenze, avendo ignorato che già in sede di giudizio di cognizione i reati associativi di cui alle sentenze sub 2) e 3) sono stati ritenuti avvinti dal vincolo della continuazione; anche i reati di cui alle sentenze sub 1) e 4) sono stati già uniti dal vincolo della continuazione proprio sul presupposto, esplicitato dal Giudice della cognizione, che si trattasse di delitti consumati nell’ambito dell’organizzazione criminale di cui il COGNOME faceva parte ed al fine di assicurare il predominio sul territorio attraverso l’eliminazione dei rivali.
Il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, AVV_NOTAIO, ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha chiesto l’annullamento con rinvio.
P
CONSIDERATO IN DIRITTO
 Il ricorso è fondato, nei seguenti termini.
Occorre ricordare, in sintonia con quanto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, che il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074). È stato, più volte, affermato, in tema di continuazione, che il decorso del tempo costituisce elemento decisivo sul quale fondare la valutazione ai fini del riconoscimento delle condizioni previste dall’art. 81 cod. pen., atteso che, in assenza di altri elementi, quanto più ampio è il lasso di tempo fra le violazioni, tanto più deve ritenersi improbabile l’esistenza di una programmazione unitaria predeterminata almeno nelle linee fondamentali (Sez. 4, n. 34756 del 17/05/2012, COGNOME e altri, Rv. 253664).
2.1 Costituisce un consolidato arresto giurisprudenziale che il giudice dell’esecuzione, investito di una richiesta ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen. per il riconoscimento del vincolo della continuazione, pur godendo di piena libertà di giudizio, non può trascurare la valutazione già compiuta in sede cognitoria ai fini della ritenuta sussistenza di detto vincolo tra reati commessi in un lasso di tempo al cui interno si collocano, in tutto o in parte, quelli oggetto della domanda sottoposta al suo esame; di conseguenza, qualora non ritenga di accogliere tale domanda anche solo con riguardo ad alcuni reati, maturati in un contesto di prossimità temporale e di nnedesimezza spaziale, è tenuto a motivare la decisione di disattendere la valutazione del giudice della cognizione in relazione al complessivo quadro delle risultanze fattuali e giuridiche emergenti dai provvedimenti dedotti nel suo procedimento (Sez. 1, n. 20471 del 15/03/2001, Ibba, Rv. 219529; Sez. 1 n. 19358 del 22/02/2012, COGNOME, Rv. 252781; Sez. 1 n. 4716 del 8/11/2013, COGNOME, Rv. 258227; Sez. 1 n. 54106 del 24/03/2017, COGNOME, Rv. 271903).
Invero, se la negazione della continuazione in fase di cognizione inibisce il riconoscimento del vincolo in sede esecutiva, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., nel caso opposto in cui la continuazione sia stata applicata nel processo tra alcuni
reati, ai quali se ne affianchino altri commessi nel medesimo contesto spaziotemporale e non giudicati nel simultaneus processus, il giudice dell’esecuzione è tenuto a vagliare la situazione in termini concreti e a motivare approfonditamente in ordine ad una eventuale reiezione dell’istanza ex rt. 671 cod. proc. pen., previa dimostrazione dell’esistenza di specifiche e significative ragioni per cui tali ultimi fatti, soprattutto se omogenei rispetto a quelli tra cui il vincolo è stato riconosciuto, non possono essere ricondotti, a differenza degli altri, al delineato disegno. Resta inteso che il giudice dell’esecuzione conserva piena libertà di giudizio, ma è tenuto comunque a confrontarsi con la precedente valutazione e con la relativa ratio decidendi, in relazione al complessivo quadro delle circostanze di fatto e giuridiche emergenti dai provvedimenti giudiziali dedotti nel nuovo procedimento.
La valutazione della continuazione tra i reati accertati a carico di COGNOME non può dunque prescindere dalla considerazione di ciò che era stato deciso in sede di cognizione, con riferimento alla già avvenuta unificazione dei reati di cui alle sentenze sub 2) e 3) da un lato, e quelli di cui alle sentenze sub 1) 4) dall’altro.
Orbene, di questa situazione consolidata non si tiene alcun conto nella impugnata ordinanza, che ha negato radicalmente il riconoscimento della continuazione, senza confrontarsi con le decisioni già assunte e fornendo una motivazione che, pur fondata su principi giurisprudenziali del tutto condivisibili, tuttavia si pone parzialmente in contrasto con le precedenti decisioni.
Il punto critico segnalato rende dunque necessario l’annullamento dell’impugnata ordinanza, con rinvio Corte di assise d’appello di Catania, perché proceda a nuovo, più approfondito, esame dell’istanza ex art. 671 cod. proc. pen., da condursi in piena libertà, ma alla luce dei rilievi sopra formulati, , –
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di assise di appello di Catania. o
Così deciso il 17 novembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente