LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Reato continuato: la tossicodipendenza non basta

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 35855/2025, ha stabilito che lo stato di tossicodipendenza di un imputato non è, da solo, sufficiente a giustificare l’applicazione del reato continuato. La Corte ha rigettato il ricorso di un condannato per reati diversi (stalking, estorsione, spaccio, tentata rapina), commessi a distanza di anni, sottolineando che per riconoscere un unico disegno criminoso è necessaria una valutazione complessiva di molteplici indicatori, come l’omogeneità delle condotte e la contiguità temporale, che in questo caso mancavano.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato Continuato e Tossicodipendenza: Quando Non Basta a Unificare i Reati

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 35855 del 2025, torna a pronunciarsi sui complessi requisiti per l’applicazione del reato continuato, chiarendo un punto fondamentale: la sola condizione di tossicodipendenza non è sufficiente a dimostrare l’esistenza di un “medesimo disegno criminoso”. Questa pronuncia offre spunti cruciali per comprendere come i giudici debbano valutare la pluralità di reati commessi da un soggetto, specialmente in fase di esecuzione della pena.

I Fatti del Caso: Due Sentenze e una Richiesta di Continuazione

Il caso trae origine dal ricorso di un uomo condannato con due distinte sentenze, divenute irrevocabili.
La prima, del Tribunale di Roma, lo riteneva responsabile di stalking (art. 612-bis c.p.) ed estorsione (art. 629 c.p.), commessi nel 2021. La seconda, del GIP di Velletri, lo condannava per spaccio di stupefacenti, tentata rapina e lesioni, reati commessi nel 2023 a Castel Gandolfo.

In fase esecutiva, la difesa aveva chiesto al Tribunale di Roma di applicare l’istituto del reato continuato, sostenendo che tutti i delitti fossero legati da un unico filo conduttore: la condizione di tossicodipendenza del condannato, certificata da una struttura riabilitativa. Secondo la tesi difensiva, questa condizione era la causa scatenante di tutte le condotte illecite, finalizzate a procurarsi i mezzi per acquistare sostanze stupefacenti.

La Decisione del Tribunale dell’Esecuzione

Il Tribunale di Roma aveva respinto la richiesta. Secondo il giudice, la certificazione della tossicodipendenza era solo uno degli indici da considerare e, da sola, non poteva bastare. Il provvedimento evidenziava come le condotte fossero eterogenee, commesse a due anni di distanza l’una dall’altra e in un’epoca successiva al periodo di certificata dipendenza. Mancavano, insomma, altri elementi che potessero far pensare a una programmazione unitaria, prevalendo invece l’ipotesi di una generica inclinazione a delinquere.

Il Reato Continuato secondo la Cassazione: I Principi Guida

Il difensore ha quindi proposto ricorso in Cassazione, lamentando un’illogicità della motivazione. La Suprema Corte, nel dichiarare il ricorso inammissibile, ha colto l’occasione per ribadire i principi consolidati in materia di reato continuato, richiamando una fondamentale sentenza delle Sezioni Unite (la n. 28659/2017, c.d. Gargiulo).

Secondo la Corte, il riconoscimento della continuazione richiede un’approfondita verifica di una serie di “indicatori concreti”, tra cui:
* L’omogeneità delle violazioni e del bene giuridico protetto;
* La contiguità spazio-temporale dei fatti;
* Le singole causali e le modalità della condotta;
* La sistematicità e le abitudini di vita del reo.

L’elemento cruciale è l’esistenza di un’anticipata ideazione di più violazioni, presenti nella mente del reo almeno nelle loro linee essenziali già al momento della commissione del primo reato. Non basta la presenza di un singolo indicatore se gli altri elementi suggeriscono che i reati successivi sono frutto di una determinazione estemporanea.

Le Motivazioni della Sentenza

Applicando questi principi al caso di specie, la Cassazione ha ritenuto la decisione del Tribunale di Roma pienamente corretta e logicamente argomentata. Il giudice dell’esecuzione aveva correttamente bilanciato tutti gli elementi a disposizione.

In primo luogo, la Corte ha sottolineato la disomogeneità dei reati: da un lato stalking ed estorsione nel 2021, dall’altro spaccio, tentata rapina e lesioni nel 2023. Questa diversità, unita alla notevole distanza temporale (due anni) e alla differente localizzazione geografica, deponeva contro l’ipotesi di un programma criminoso unitario.

In secondo luogo, la tossicodipendenza, pur essendo un fattore rilevante (specialmente dopo la modifica dell’art. 671 c.p.p. del 2006), non può essere l’unico elemento su cui fondare la continuazione. Il giudice ha il dovere di verificare se tale stato abbia effettivamente influito sulla commissione dei reati alla luce di tutti gli altri indicatori. Nel caso in esame, il Tribunale ha motivatamente escluso la sua sufficienza, evidenziando come i fatti apparissero più come manifestazioni di decisioni criminose estemporanee e separate, piuttosto che tappe di un piano preordinato.

Il ricorso, secondo la Corte, si limitava a una critica generica e a una rilettura dei fatti, senza individuare una vera e propria violazione di legge o un vizio logico nella motivazione del provvedimento impugnato.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

La sentenza n. 35855/2025 rafforza un principio cardine: il reato continuato non è un meccanismo automatico, ma l’esito di un accertamento rigoroso e fattuale. La condizione di tossicodipendenza può essere un elemento importante per spiegare la spinta a delinquere, ma non trasforma automaticamente una serie di reati eterogenei e distanti nel tempo in un’unica azione criminosa programmata.

Per la difesa, ciò significa che per ottenere il riconoscimento della continuazione non è sufficiente allegare una certificazione medica. È necessario fornire al giudice un quadro probatorio completo, che dimostri, attraverso indicatori concreti e convergenti, come i diversi reati fossero effettivamente parte di un progetto unitario concepito sin dall’inizio. In assenza di tale prova, prevarrà la logica della pluralità di reati, con le conseguenti implicazioni sul trattamento sanzionatorio.

La tossicodipendenza è sufficiente a dimostrare l’esistenza di un reato continuato?
No, la sentenza chiarisce che lo stato di tossicodipendenza è solo uno degli indicatori che il giudice deve valutare e, da solo, non è sufficiente a provare l’esistenza di un medesimo disegno criminoso.

Quali elementi valuta il giudice per riconoscere il reato continuato?
Il giudice deve compiere una verifica approfondita di indicatori concreti quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le modalità della condotta, le causali, la sistematicità e le abitudini di vita del condannato, per accertare se i reati fossero stati programmati in anticipo.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché gli argomenti proposti si limitavano a contestare la valutazione dei fatti compiuta dal giudice dell’esecuzione (una critica di merito), senza individuare reali violazioni di legge o vizi logici nella motivazione del provvedimento, che è stato ritenuto corretto e ben argomentato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati