Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 30258 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 30258 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 10/06/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
Sul ricorso proposto da:
RITENUTO IN FATTO
2.Ricorre per cassazione XXXXXXXXXXXX, a mezzo del difensore avv. NOME COGNOME che lamenta la violazione dell’art. 606 lett. b ) ed e ) cod. proc. pen. per erronea applicazione della legge penale (art. 81 cod. pen.), nonchØ manifesta illogicità della motivazione.
Ha errato il Tribunale nel pervenire al rigetto dell’istanza sulla sola base della distanza temporale tra i fatti, essendo consolidato nella giurisprudenza di legittimità il principio per cui l’elevato arco temporale in cui sono commessi i reati non costituisce condizione ostativa al riconoscimento dalla continuazione. Peraltro, a parte l’unico fatto commesso il 15/10/2016, tutti gli altri reati risultano commessi in un arco temporale ristretto (dal 2019 al 2021), ed erano tutti finalizzati all’unica esigenza criminogena rappresentata dalla necessità di reperire denaro per l’acquisto dello stupefacente.
Il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, NOME COGNOME ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso Ł infondato e va – pertanto – rigettato.
Questa Corte ha costantemente affermato, in tema di reato continuato, che l’unicità del disegno criminoso presuppone l’anticipata ed unitaria ideazione di piø violazioni della legge penale, già presenti nella mente del reo nella loro specificità, e che la prova di tale
– Relatore –
Sent. n. sez. 2007/2025
CC – 10/06/2025
congiunta previsione deve essere ricavata, di regola, da indici esteriori che siano significativi, alla luce dell’esperienza, del dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere (Sez. 4, n. 16066 del 17/12/2008, dep. 16/04/2009, COGNOME, Rv. 243632).
Il giudice dell’esecuzione, nel valutare l’unicità del disegno criminoso, non può attribuire rilievo ad un programma di attività delinquenziale che sia meramente generico, essendo invece necessaria la individuazione, fin dalla commissione del primo episodio, di tutti i successivi, almeno nelle loro connotazioni fondamentali, con deliberazione, dunque, di carattere non generico, ma generale (Sez. 1, n. 37555 del 13/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 267596).
L’esistenza di un medesimo disegno criminoso va desunta da elementi indizianti quali l’unitarietà del contesto e della spinta a delinquere, la brevità del lasso temporale che separa i diversi episodi, l’identica natura dei reati, l’analogia del modus operandi e la costante compartecipazione dei medesimi soggetti (Sez. 5, n. 1766 del 06/07/2015 – dep. 18/01/2016, Esposti e altro, Rv. 266413)
La ricaduta nel reato e l’abitualità a delinquere non integrano di per sØ il caratteristico elemento intellettivo (unità di ideazione che abbraccia i diversi reati commessi) che caratterizza il reato continuato (Sez. 2, n. 40123 del 22/10/2010, Marigliano, Rv. 248862).
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno ribadito che il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074).
Inoltre, a seguito della modifica dell’art. 671, comma primo, cod. proc. pen. ad opera della L. n. 49 del 2006, nel deliberare in ordine al riconoscimento della continuazione, il giudice deve verificare che i reati siano frutto della medesima, preventiva risoluzione criminosa, tenendo conto se l’imputato, in concomitanza della relativa commissione, era tossicodipendente e se il suddetto stato abbia influito sulla commissione delle condotte criminose alla luce di specifici indicatori quali la distanza cronologica tra i fatti criminosi, le modalità della condotta, la sistematicità ed abitudini programmate di vita, la tipologia dei reati, il bene protetto, l’omogeneità delle violazioni, le causali, lo stato di tempo e di luogo, la consumazione di piø reati in relazione allo stato di tossicodipendenza.
Ne consegue che lo stato di tossicodipendenza deve essere valutato come elemento idoneo a giustificare la unicità del disegno criminoso con riguardo a reati che siano ad esso collegati e dipendenti, sempre che sussistano le altre condizioni individuate dalla giurisprudenza per la configurabilità dell’istituto previsto dall’art. 81, comma secondo, cod. pen. (Sez. 1, n. 50716 del 07/10/2014 – dep. 03/12/2014 – Rv. 261490)
3.Ciò premesso, il Giudice dell’esecuzione ha ragionevolmente argomentato sull’impossibilità di ritenere i reati di cui all’istanza uniti da un medesimo disegno criminoso, in ragione del considerevole lasso temporale che separa le condotte delittuose (commesse rispettivamente il 04/10/2019; 30/09/2020; 15/10/2016; 19/03/2019 e 20-22/01/2021), che, in assenza di altri significativi elementi, costituisce dato significativo per indicare una programmazione separata per i successivi delitti.
Trattasi di una valutazione sul fatto, non rivedibile in questa sede. Basterà infatti rammentare come – in tema di giudizio di cassazione – restino inibite al giudice di legittimità la rilettura degli elementi fattuali posti a fondamento della decisione impugnata, nonchØ l’adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione oggettiva e di valutazione dei fatti, che vengano in ipotesi indicati dal ricorrente quali maggiormente plausibili, ovvero anche dotati di una migliore attitudine esplicativa, rispetto a quelli sposati dal provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, F., Rv. 280601 – 01).
Lo stato di tossicodipendenza del soggetto Ł stato correttamente ritenutoelemento non sufficiente per ritenere sussistente il vincolo della continuazione.
Il ricorrente, nel censurare la motivazione dell’ordinanza impugnata, elude il nucleo centrale dei principi fin qui enunciati: la necessità di una preventiva programmazione unitaria dei reati – quindi precedente al primo dei reati per i quali si chiede il riconoscimento del vincolo – almeno nella loro linea essenziale.
La necessità di tale preventiva programmazione sussiste anche in presenza della condizione di tossicodipendenza del soggetto: il giudice dell’esecuzione deve tenere conto di tale condizione per verificare la plausibilità di una preventiva programmazione unitaria, mentre non può – in quanto la norma dell’art. 671 cod. proc. pen., così come modificata, non glielo permette – sostituire alla preventiva e unitaria programmazione dei reati lo “stile di vita” del soggetto tossicodipendente. In sostanza, la modifica dell’art. 671 cod. proc. pen. non ha affatto introdotto un “nuovo” concetto di continuazione per i tossicodipendenti: anche per tale categoria di autori di delitti resta la necessità, imposta dall’art. 81, secondo comma, cod. pen., che i reati siano avvinti da un “medesimo disegno criminoso”, nel senso sopra indicato.
Le censure sollevate dal ricorrente non sono idonee a destituire di legittimità il provvedimento impugnato, in quanto si limitano a sollecitare una valutazione alternativa degli elementi fondanti.
L’impugnazione va, pertanto, rigettata.
Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Deve, infine, rilevarsi che, in caso di diffusione del presente provvedimento, devono essere omesse le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, in quanto imposto dalla legge.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. IN CASO DI DIFFUSIONE DEL PRESENTE PROVVEDIMENTO OMETTERE LE GENERALITA’ E GLI ALTRI DATI IDENTIFICATIVI A NORMA DELL’ART. 52 D.LGS. 196/03 E SS.MM.
Così Ł deciso, 10/06/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME