Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9225 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9225 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PAGANI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 10/10/2023 della CORTE APPELLO di SALERNO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; GLYPH GLYPH ?) 2 rru n/ I o i d
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Rilevato che, con l’ordinanza impugnata, la Corte di appello di Salerno, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta, proposta ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., nell’interesse di NOME COGNOME di riconoscimento del vincolo della continuazione tra il reato di estorsione, giudicato con la sentenza di cui al n. 1), così come indicata nel provvedimento oggetto d’esame, già riunito in continuazione, in sede di merito, con gli illeciti (associazione per delinquere, tentata estorsione e spaccio) di cui alla sentenza emessa dalla Corte di Salerno in data 31 marzo 2017, divenuta irrevocabile il 13 settembre 2017, e plurimi episodi di cessione e detenzione di sostanza stupefacente, giudicati con la sentenza di cui al n. 2) nel provvedimento oggetto di gravame.
Reputato, invero, che il riconoscimento del vincolo della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, di un’approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati, se i successivi reat risultino, comunque, frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074).
Ritenuto che i motivi di ricorso (inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 81 cod. pen. e contestuale vizio di motivazione per aver, il giudice dell’esecuzione, mal interpretato gli indici da cui derivare la medesimezza del disegno criminoso anche alla luce del previo riconoscimento, nel merito, del beneficio della continuazione tra fattispecie concrete non dissimili), motivi questi, tutti ribaditi nella memoria difensiva depositata in data 2 gennaio 2024, sono manifestamente infondati perché, dal provvedimento impugnato, non risulta contraddittorietà alcuna con riguardo alla motivazione (cfr. p. 3 e 4 del provvedimento impugnato – in relazione, principalmente, alla lamentata erronea valutazione degli indici sopradetti, posta l’incontestabile tenuta logica del ragionamento che ha condotto al diniego dell’istituto e che discende dall’esame degli illeciti posti in essere, di cui alle condanne oggetto della richiesta de qua) e perché vengono prospettati enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo e con la consolidata giurisprudenza di legittimità (relativamente alla doglianza riguardante la mancata considerazione del precedente riconoscimento del vincolo, avvenuto in sede di cognizione con la sentenza n. 1). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Ritenuto, altresì, che grava sul condannato che invochi l’applicazione della disciplina del reato continuato l’onere di allegare elementi specifici e concreti a
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sostegno, non essendo sufficiente il mero riferimento alla contiguità cronologica degli addebiti e all’identità dei titoli di reato, in quanto indici sintomatici no attuazione di un progetto criminoso unitario quanto di un’abitualità criminosa e di scelte di vita ispirate alla sistematica e contingente consumazione degli illeciti (tra le altre, Sez. 1, n. 35806 del 20/04/2016, COGNOME, Rv. 267580) in particolar modo, allorquando, in sede di gravame, si contesti la legittima discrezionalità attraverso cui il giudice di merito ha operato la propria disamina dei cd. indici rivelatori della medesimezza del progetto criminoso.
Evidenziato, inoltre, che in tema di reato continuato, il giudice dell’esecuzione non può prescindere dal riconoscimento della continuazione operato dal giudice della cognizione con riguardo ad altri episodi analoghi, giudicati separatamente e con un’unica sentenza, ma può escludere l’esistenza del vincolo in questione previa dimostrazione – come avvenuto nella specie – dell’esistenza di specifiche e significative circostanze che, ragionevolmente, facciano ritenere gli ulteriori fatti, oggetto della richiesta presentata ai sensi dell’art. 671 cod. pro pen., non riconducibili al disegno criminoso delineato in sede di cognizione (Sez. 1, n. 11240 del 06/12/2000 – dep. 21/03/2001, COGNOME, Rv. 218523 e più di recente Sez. 5, n. 39837 del 19/5/2014, Aprile, Rv. 262203).
Rilevato, dunque, che la prova del medesimo disegno criminoso è stata esclusa dal giudice dell’esecuzione, con adeguata analisi, estrinsecata attraverso una motivazione non manifestamente illogica, immune da violazione di legge e coerente con i principi giurisprudenziali indicati e che, infatti, il provvedimento censurato ha chiarito, con valutazione di merito, dunque incensurabile in questa sede, come gli indici emersi non confortino la conclusione della sussistenza della dimostrazione che ab initio l’intera serie, pur nelle grandi linee, fosse stata unitariamente programmata, ma facciano propendere per l’estrinsecazione, da parte dell’odierno ricorrente, di determinazioni estemporanee, così in definitiva escludendo il vincolo ex art. 671 cod. proc. pen.
Ritenuto che deriva, da quanto sin qui rilevato, l’inammissibilità del ricorso, cui segue la condanna al pagamento delle spese processuali e, valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità al versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 8 febbraio 2024
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