Reato Continuato: La Cassazione Sottolinea l’Importanza della Motivazione
Il concetto di reato continuato rappresenta uno strumento fondamentale nel nostro ordinamento penale per garantire una pena equa e proporzionata a chi commette più illeciti in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato l’importanza di un’analisi approfondita da parte del giudice, annullando una decisione che aveva escluso la continuazione senza una motivazione adeguata. Analizziamo insieme i dettagli di questo importante provvedimento.
I Fatti del Caso: Reati Precedenti e un Sodalizio Criminale
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguardava la posizione di un soggetto condannato per aver fatto parte di un’associazione a delinquere. Prima che venisse contestata la sua partecipazione al sodalizio, la stessa persona aveva commesso una serie di truffe, giudicate separatamente. Questi reati precedenti presentavano caratteristiche molto simili a quelli poi realizzati nell’ambito associativo: erano stati commessi in un periodo di tempo molto vicino e con la partecipazione di soggetti che si sarebbero poi rivelati membri dello stesso gruppo criminale.
Il Giudice dell’esecuzione, tuttavia, aveva respinto la richiesta di riconoscere il vincolo del reato continuato tra le truffe antecedenti e il reato associativo, senza però fornire una spiegazione convincente.
La Valutazione del Reato Continuato: Come si Prova il Disegno Unitario?
La questione centrale ruota attorno alla prova del “medesimo disegno criminoso”. Secondo la legge, non è necessario che questo piano sia stato definito in ogni dettaglio fin dall’inizio. La volontà criminosa può essere ricostruita anche a posteriori (ex post), attraverso un’analisi logica e induttiva degli elementi a disposizione. Il giudice deve valutare se, sulla base dei fatti, sia altamente probabile o verosimile che i vari reati fossero parte di un’unica strategia deliberativa.
La Corte di Cassazione ha ribadito che, di fronte a una pluralità di indizi convergenti, il giudice non può semplicemente negare la continuazione, ma ha l’obbligo di effettuare una verifica analitica per escluderla motivatamente.
La Decisione della Suprema Corte e il Principio di Diritto
La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza impugnata e rinviando il caso alla Corte di Appello per un nuovo esame. Il provvedimento è stato giudicato carente nella motivazione proprio perché non aveva adeguatamente considerato la forte contiguità tra i vari episodi criminali. In presenza di una identità nel modo di agire, nel tempo e nei soggetti coinvolti, era doveroso spiegare perché tali elementi non fossero sufficienti a configurare un’unica cornice deliberativa.
Le Motivazioni: Gli Indizi Rivelatori del Disegno Criminosa
La sentenza ha richiamato i consolidati principi espressi dalla giurisprudenza, in particolare dalle Sezioni Unite, che hanno individuato una serie di indicatori per accertare l’esistenza di un reato continuato. Questi includono:
* L’omogeneità delle violazioni e del bene giuridico protetto.
* La contiguità spazio-temporale tra i diversi episodi.
* Le modalità della condotta, che possono rivelare una certa sistematicità.
* Le abitudini di vita programmate dall’autore del reato.
* Il fatto che, al momento del primo reato, i successivi fossero già stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali.
Sebbene nessuno di questi indizi, preso singolarmente, sia decisivo, la loro presenza plurima consente di formulare un giudizio di elevata probabilità sull’esistenza di un’unica risoluzione criminosa.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa decisione rafforza la tutela del condannato, imponendo al giudice dell’esecuzione un onere di motivazione rigoroso. Non è sufficiente una valutazione superficiale degli elementi, ma è necessaria un’analisi approfondita e logica. Quando diversi indizi suggeriscono l’esistenza di un piano unitario, il giudice deve esaminarli attentamente e, se intende escludere il reato continuato, deve fornire una spiegazione dettagliata e convincente delle ragioni che lo portano a tale conclusione. In assenza di tale spiegazione, il provvedimento è illegittimo e deve essere annullato.
Che cos’è il reato continuato e come viene accertato?
Il reato continuato si configura quando una persona commette più reati in esecuzione di un unico piano criminoso. Il suo accertamento non richiede una prova diretta della volontà iniziale, ma avviene ‘ex post’ attraverso una ricostruzione induttiva basata su indizi che rendano altamente probabile o verosimile la sua esistenza.
Perché la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza in questo caso?
La Corte ha annullato l’ordinanza perché la motivazione del giudice era carente. Nonostante la presenza di chiari indizi (stesso tipo di reato, stesso periodo temporale, stessi complici), il giudice non aveva spiegato in modo analitico e convincente perché non si potesse riconoscere un’unica cornice deliberativa tra i vari illeciti.
Quali sono gli indicatori che un giudice deve considerare per valutare la sussistenza del reato continuato?
Un giudice deve valutare una serie di circostanze, tra cui: l’omogeneità dei reati e del bene protetto, la vicinanza nel tempo e nello spazio, le modalità simili della condotta, la sistematicità delle azioni e il fatto che i reati successivi fossero già stati programmati, almeno nelle linee essenziali, al momento del primo.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 14428 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 14428 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/01/2025
truffa giudicati separatamente, certamente antecedenti, sono però stati commessi in epoca molto prossima al segmento temporale di contestazione del reato associativo.
Ritiene il Collegio che, alla presenza di un’identità tipologica tra i vari episodi e di una condotta concorsuale con soggetti poi rivelatisi sodali, perpetrata nel periodo immediatamente antecedente all’inizio della permanenza del sodalizio, l’ordinanza impugnata avrebbe dovuto spiegare adeguatamente per quale ragione non potesse ravvisarsi la riconducibilità dei reati in questione nel contesto di una comune cornice deliberativa. Sugli indicati dati circostanziali s’imponeva una verifica analitica, finalizzata a escludere che la potenziale contiguità delle ipotesi di reato giudicate dalle pronunzie presupposte non consentisse di prefigurare la dedotta preordinazione criminosa.
Non va, infatti, dimenticato che l’accertamento sulla sussistenza della continuazione consiste nella verifica ex post di una volontà criminosa non necessariamente esplicitata, in forma chiara e distinta, al momento del fatto, e che, pertanto, deve essere ricostruita, induttivamente, in termini di elevata probabilità o, comunque, di spiccata verosimiglianza della sua effettiva sussistenza. A tal
fine, la giurisprudenza ha individuato alcune circostanze che possono fungere da pregnanti indicatori della presenza di una programmazione unitaria, quali «l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali» (Sez. U, n. 28659 del 18/5/2017,COGNOME Rv. 270074).
E, se Ł vero che ciascuno di tali indici, singolarmente considerati, non Ł in sØ indicativo dell’esistenza di una cornice deliberativa comune ai singoli episodi, deve nondimeno riconoscersi che la presenza di una loro pluralità consente di formulare, secondo l’unica prospettiva ragionevolmente plausibile, un giudizio di maggiore probabilità o di piø spiccata verosimiglianza che essi siano riconducibili a una stessa risoluzione criminosa (Sez. 1, n. 12905del 17/3/2010, COGNOME, Rv. 246838).
Nel caso di specie, come osservato, la motivazione offerta dal Giudice dell’esecuzione Ł carente in relazione ai profili indicati, tanto da rendere necessaria una nuova deliberazione.
L’ordinanza impugnata dev’essere pertanto annullata, con rinvio al giudice a quo, in diversa composizione (cfr. Corte cost., sent. n. 183 del 2013), per il corrispondente nuovo esame, nel rispetto dei principi di diritto indicati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Napoli.
Così deciso il 07/01/2025.
Il Consigliere estensore
EVA TOSCANI
Il Presidente NOME COGNOME