Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 37480 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: NOME COGNOME
Penale Sent. Sez. 1 Num. 37480 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/11/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME FILIPPO CASA BARBARA CALASELICE
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME (c.u.i.01ydc7i) nato a BARI il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 24/02/2025 del GIP TRIBUNALE di Bari udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO;
lette le conclusioni del P.G., NOME COGNOME, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza del 24 aprile 2025 il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha accolto l’istanza di NOME COGNOME di applicazione della disciplina della continuazione tra i reati oggetto delle seguenti sentenze di condanna emesse nei suoi confronti, entrambe pronunciate in rito abbreviato:
sentenza del 27 gennaio 2023 del Tribunale di Bari, per i reati di cui agli artt. 74 d.p.r. 9 ottobre 1990, n. 309, e 629 e 416bis .1 cod. pen.;
sentenza del 20 giugno 2022 della Corte d’appello di Lecce, per il reato di cui agli art. 73 e 80 d.p.r. 9 ottobre 1990, n. 309.
Nell’accogliere l’istanza, il giudice dell’esecuzione ha determinato la pena inflitta in 22 anni di reclusione, di cui 20 anni, quale pena piø grave inflitta nella sentenza n. 1, e 2 anni per il reato oggetto della sentenza n. 2.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il condannato, per il tramite del difensore, con unico motivo in cui deduce vizio di motivazione per essere stata calcolata la pena della sentenza n. 1 senza individuare pena base ed aumenti interni per continuazione e senza applicare prima il criterio moderatore di cui all’art. 78 cod. pen. e poi la riduzione finale per il rito, nonchØ per essere stata aggiunta a titolo di continuazione per il reato della sentenza n. 2 una pena del tutto sproporzionata rispetto alle altre facenti parte del cumulo.
Con requisitoria scritta il Procuratore Generale, NOME COGNOME, ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Considerato in diritto
1.Il ricorso Ł fondato nei termini di seguito indicati.
La sentenza n. 1, che ha condannato l’imputato per i capi nn. 2 (art. 74 d.p.r. n. 309 del 1990) e 36 (una estorsione aggravata dal metodo mafioso), con riferimento alla posizione del ricorrente, contiene il seguente calcolo della pena: ‘ritenuta la recidiva contestata, esclude le aggravanti di cui agli artt. 74, comma 5, e 80, d.p.r. n. 309 del 1990, con
l’aumento ex art. 416bis .1 cod. pen., con attenuanti generiche equivalenti, unificati in continuazione i reati tra loro e con quelli giudicati dalle sentenze della Corte di appello di Bari del 20 aprile 2010 (che assorbiva la pena inflitta con le sentenze della Corte di appello di Bari del 15 giugno 2010 e del 19 giugno 2013), Corte di appello di Bari del 16 dicembre 2019, Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari del 21 dicembre 2021, ritenuto piø grave il reato di cui al capo 2 della rubrica di questo procedimento, applicata la diminuente del rito e rideterminata la pena unitaria per tutti i reati ex art. 78, 81 cod. pen. e 671 cod. proc. pen., condanna il predetto alla pena complessiva di 20 anni di reclusione’.
La sentenza n. 2, che ha confermato la condanna dell’imputato per il reato degli artt. 73 e 80 d.p.r. n. 309 del 1990 (il ricorrente, mentre era detenuto in carcere, aveva fatto arrivare in carcere 278 grammi di hascisc e 2,5 di cocaina in carcere, oltre che due telefoni cellulari, tramite un drone che era stato fatto volare da un complice fuori della sua cella), in accoglimento della proposta di concordato in appello, ha determinato la pena nel seguente modo: ‘previo riconoscimento delle attenuanti generiche equivalenti alla recidiva, ridetermina la pena in 4 anni e 2 mesi di reclusione e 20.000 euro di multa’.
Il ricorso deduce che l’ordinanza impugnata ha individuato come pena base la pena finale della sentenza n. 1 senza indicare pena base e aumenti interni per continuazione; la riduzione per il rito avrebbe dovuto essere applicata soltanto all’esito di tali passaggi e dell’applicazione del criterio moderatore di cui all’art. 78 cod. pen.
L’argomento Ł infondato.
In una situazione in cui la pena base Ł stata individuata in forza di un reato piø grave giudicato con la sentenza n. 1, il principio di legalità nella determinazione della pena (Sez.1,n. 45783 del 04/12/2024, COGNOME, n.m.) ed il rispetto del giudicato che limita i poteri del giudice dell’esecuzione nella rideterminazione della pena (Sez. U, n. 45583 del 25/10/2007, P.g. in proc. Volpe e altri, Rv. 237692 – 01) impongono che i passaggi successivi del calcolo siano l’applicazione dell’aumento per la continuazione interna ai reati satellite della sentenza n. 1 in modo conforme a quanto deciso dal giudice della cognizione, cui va poi aggiunto quello per la continuazione esterna con il reato, divenuto satellite, della sentenza n. 2. Ciò Ł quanto ha fatto il giudice dell’esecuzione nel caso in esame, limitandosi ad aggiungere l’aumento per la continuazione esterna con il reato della sentenza n. 2 sulla pena finale della sentenza n. 1.
Inoltre, in disparte la genericità della deduzione contenuta in ricorso, su un piano generale, va ribadito (di recente, v. Sez. U, n. 7029 del 28/09/2023, dep. 2024, Giampa’, Rv. 285865 – 01, in motivazione) che il principio affermato da Sez. U, n. 45583 del 27/10/2007, Volpe, Rv. 237692 – 01 («la riduzione di pena conseguente alla scelta del rito abbreviato si applica dopo che la pena Ł stata determinata in osservanza delle norme sul concorso di reati e di pene stabilite dagli artt. 71 ss. cod. peti., fra le quali vi Ł anche la disposizione limitativa del cumulo materiale, in forza della quale la pena della reclusione non può essere superiore ad anni trenta») riguarda esclusivamente «l’applicazione della continuazione nella fase del giudizio, celebrato col rito abbreviato, e non (anche) il regime del riconoscimento del ridetto vincolo in executivis ».
Al riguardo, le Sezioni Unite hanno ribadito che la «obiettiva discrasia delle regole applicative nei distinti giudizi di cognizione e di esecuzione», con la correlata «disparità dei moduli applicativi nelle sequenze procedurali di determinazione della pena trova solida e razionale base giustificativa oltre che nell’oggettiva diversità delle situazioni processuali soprattutto nell’efficacia preclusiva derivante dal principio di intangibilità del giudicato».
Il ricorso deduce poi che nell’ordinanza impugnata mancherebbe motivazione
sull’aumento di pena per la continuazione con il reato della sentenza n. 2, e che l’aumento inflitto per continuazione sarebbe sproporzionato.
Questo argomento Ł fondato.
La giurisprudenza di legittimità ritiene, infatti, che ‘in tema di reato continuato, il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato piø grave e stabilire la pena base, deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite’ (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269 – 01).
La pronuncia citata aggiunge che ‘il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena Ł correlato all’entità degli stessi e tale da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, che risultino rispettati i limiti previsti dall’art. 81 cod. pen. e che non si sia operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene’.
Nel caso in esame, nell’ordinanza impugnata manca qualsiasi motivazione sui criteri che hanno indirizzato il giudice dell’esecuzione nell’esercizio del suo potere di discrezionale di rideterminazione della pena per il reato della sentenza n. 2, divenuto satellite all’esito del riconoscimento della continuazione.
Ne consegue che sotto questo profilo l’ordinanza impugnata non resiste alle censure che le sono state rivolte e deve essere annullata con rinvio per nuovo esame sul punto.
2. Il giudizio di rinvio si dovrà svolgere in diversa composizione, in conformità con quanto deciso in Corte costituzionale 3 luglio 2013, n. 183, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimi gli artt. 34, comma 1, e 623, comma 1, lettera a), cod. proc. pen., nella parte in cui non prevedono che non possa partecipare al giudizio di rinvio dopo l’annullamento il giudice che ha pronunciato o concorso a pronunciare ordinanza di accoglimento o rigetto della richiesta di applicazione in sede esecutiva della disciplina del reato continuato, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen.
P.Q.M
Annulla l’ordinanza impugnata relativamente alla determinazione della pena con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Bari – ufficio g.i.p. in diversa persona fisica. Così Ł deciso, 05/11/2025
Il AVV_NOTAIO estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME