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Reato continuato: la pena per i reati satelliti

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso riguardante la determinazione della pena in un caso di reato continuato. La Corte ha stabilito che, per aumenti di pena di lieve entità relativi ai reati ‘satelliti’, il giudice di merito non è tenuto a fornire una motivazione specifica e dettagliata, poiché si esclude in radice un abuso del potere discrezionale. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma alla cassa delle ammende.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato Continuato e Pene: La Cassazione Chiarisce i Limiti della Motivazione

Il concetto di reato continuato, disciplinato dall’articolo 81 del Codice Penale, rappresenta uno strumento fondamentale per la determinazione della pena quando un individuo commette più reati in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Invece di sommare aritmeticamente le pene, il giudice applica la sanzione prevista per il reato più grave e la aumenta. Ma fino a che punto deve essere dettagliata la motivazione di tale aumento? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questo aspetto, delineando i confini del potere discrezionale del giudice.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso di un imputato condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello di Venezia per i reati di resistenza a pubblico ufficiale e danneggiamento aggravato. L’imputato non contestava la sua colpevolezza, ma si opponeva alla quantificazione della pena operata dai giudici di merito. Nello specifico, la critica era rivolta all’aumento di pena stabilito per i cosiddetti ‘reati satelliti’ (i due episodi di danneggiamento) nell’ambito del reato continuato, ritenuto ingiustificato e privo di adeguata motivazione.

La Decisione della Corte di Cassazione sul reato continuato

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici di legittimità hanno ritenuto che le lamentele del ricorrente non costituissero validi motivi di diritto, ma semplici ‘doglianze in punto di fatto’, ossia un tentativo di ottenere una nuova valutazione del merito della vicenda, attività preclusa in sede di Cassazione.

Secondo la Corte, la decisione impugnata era completa e logicamente ineccepibile. La Corte d’Appello aveva correttamente giustificato l’aumento di pena di venti giorni di reclusione per ciascun reato satellite, considerandolo congruo alla luce di specifici elementi: la personalità dell’imputato, l’incidenza della sua condotta su beni pubblici e il fatto che i reati fossero stati commessi in un arco temporale molto ristretto.

Le Motivazioni: Il Principio di Diritto sulla Pena nel Reato Continuato

Il cuore della decisione risiede nell’affermazione di un importante principio di diritto. La Cassazione ha ribadito che, in tema di reato continuato, il giudice di merito non è obbligato a fornire una motivazione specifica e dettagliata per giustificare l’aumento di pena per ciascun reato satellite, specialmente quando tali aumenti sono di ‘esigua entità’.

La logica sottostante è che un incremento sanzionatorio minimo, come quello di venti giorni applicato nel caso di specie, esclude di per sé un possibile abuso del potere discrezionale conferito al giudice dall’articolo 132 del Codice Penale. In altre parole, quando l’aumento è lieve, si presume che il giudice abbia esercitato la sua discrezionalità in modo corretto, senza necessità di fornire una spiegazione analitica per ogni frazione di pena aggiunta. La motivazione diventa, quindi, ‘insindacabile’ in sede di legittimità.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale volto a razionalizzare l’obbligo di motivazione nelle sentenze penali. Stabilisce un chiaro spartiacque: per aumenti di pena significativi nell’ambito del reato continuato, il giudice dovrà fornire una giustificazione robusta e puntuale; per aumenti di lieve entità, invece, una motivazione più sintetica, basata su criteri generali come la gravità del fatto e la personalità del reo, è da considerarsi sufficiente.

Di conseguenza, le possibilità di impugnare con successo una sentenza per vizi di motivazione sulla quantificazione della pena in casi di continuazione si riducono, a meno che non si possa dimostrare una palese irragionevolezza o un aumento sproporzionato. Per il ricorrente, la dichiarazione di inammissibilità ha comportato la condanna definitiva al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro a favore della cassa delle ammende.

In caso di reato continuato, il giudice deve sempre motivare in modo dettagliato l’aumento di pena per ogni singolo reato satellite?
No. Secondo la Corte, il giudice non è tenuto a fornire una motivazione specifica e dettagliata qualora gli aumenti di pena individuati siano di esigua entità, poiché in tale ipotesi si esclude in radice ogni abuso del potere discrezionale.

Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché i motivi proposti erano costituiti da mere doglianze di fatto e denunciavano un vizio di omessa motivazione che, in realtà, non sussisteva, essendo il provvedimento impugnato completo e logicamente ineccepibile.

Quali sono le conseguenze per il ricorrente quando un ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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