Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 30174 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 30174 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Premi NOME nato a Erba il 31/10/1962
avverso la sentenza del 13/01/2025 della Corte d’appello di Milano udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale A. NOME COGNOME che ha chiesto
il rigetto del ricorso.
Letta la memoria della difesa, avv. NOME COGNOME pervenuta con p.e.c. del 28/5/2025, con la quale ulteriormente argomentando i motivi di ricorso, ha concluso chiedendone l’accoglimento .
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, resa dalla Corte di appello di Milano a seguito di rinvio disposto da questa Corte, con pronuncia n. 26135 -24 del 5 aprile 2024, in parziale riforma della condanna, resa dal Tribunale di Monza, in data 25 ottobre 2022, NOME COGNOME è stato assolto dal reato di cui al capo a) perché il fatto non sussiste e la pena è stata rideterminata, per il residuo capo di imputazione sub c), in quella di mesi nove di reclusione, con riduzione della provvisionale disposta, nella misura di euro diecimila.
La sentenza di primo grado, confermata dalla prima sentenza di appello del 23 ottobre 2023, aveva accertato la responsabilità penale di NOME COGNOME in ordine a due delitti, di illecita influenza sull’assemblea ai sensi dell’art. 2636 cod. civ., commessi in relazione alla RAGIONE_SOCIALE (capo a), e alla RAGIONE_SOCIALE (capo c). In particolare, a NOME, commercialista, veniva contestato di avere agito in tale
qualità, in concorso con NOME COGNOME figlio di NOME COGNOME, originario amministratore unico delle due società, deceduto il 15 settembre 2018. Di NOME COGNOME si precisava che questi aveva avuto due figli, NOME e NOME, da un primo matrimonio e, poi, aveva spostato NOME COGNOME, mentre su Premi si indicava che si trattava di professionista che si occupava, quale consulente fiscale, delle società della famiglia COGNOME.
La condotta contestata sub capo a) ebbe a svolgersi, nella ricostruzione delle conformi sentenze di merito, prima del decesso di COGNOME, intervenuto il 15 settembre 2018, in quanto la registrazione del verbale di assemblea presso la Camera di commercio di Monza, effettuata a cura di Premi, intervenne il 14 settembre 2018.
Premi è stato ritenuto consapevole della falsità del verbale, a fronte di un ‘ assemblea «in realtà mai tenutasi» (così si legge nella contestazione), alla quale non avevano partecipato né l’amministratore unico socio dimissionario, NOME COGNOME -che dal verbale risultava essersi invece dimesso in quella sede, consentendo così l’attribuzione dell’incarico al figlio NOME -né la segretaria dell’assemblea, NOME COGNOME, risultando apposte al medesimo verbale, le rispettive sottoscrizioni ritenute false.
La condotta contestata sub capo c), consisteva nella tenuta di due assemblee della RAGIONE_SOCIALE dopo il decesso di NOME COGNOME in data 16 ottobre 2018, sempre con il concorso di Premi, nella specie nella qualità di segretario dell’assemblea e incaricato della registrazione dei verbali di assemblea, risultando falsamente costituita la maggioranza dei soci all ‘ assemblea ordinaria convocata per il cambio dell’organo amministrativo -da Consiglio di amministrazione a amministratore unico -con attribuzione dell’incarico a NOME COGNOME in forza di una precedente assemblea, tenuta lo stesso giorno, che lo aveva nominato rappresentante comune dei diritti dei comproprietari delle quote di partecipazione al capitale sociale, estromettendo da entrambe le assemblee NOME COGNOME socia perché erede del marito NOMECOGNOME
Tali condotte, per i Giudici di merito, erano state idonee a realizzare il risultato di far apparire conseguita la necessaria maggioranza societaria e, quindi, a “determinare la maggioranza” per il funzionamento dell’assemblea, altrimenti interdetto, procurando l’ingiusto profitto costituito dall’assumere la carica di amministratore da parte di NOME COGNOME precludendo così l’effettiva partecipazione dei soci per quota ereditaria, vale a dire NOME COGNOME, seconda moglie dell’NOME, e la figlia, NOME COGNOME.
La sentenza rescindente ha precisato, quanto al capo a), che non era chiaro se l’assemblea in questione si fosse o meno te nuta e che, anzi, la stessa contestazione precisava che questa non si era tenuta, dato dirimente per la sussistenza del reato, trattandosi di reato di evento.
Si è affermato che non è sufficiente, vertendosi in tema di delitto di evento, la tenuta astratta di una assemblea, dovendo la condotta incidere sulla concreta determinazione della maggioranza che deve avere influenza ‘sulla assemblea’, come recita la rubrica dell’ad. 2636 cod. civ.
Il delitto di evento in esame, infatti, è integrato, secondo la sentenza rescindente, da qualsiasi operazione che artificiosamente consenta di alterare la formazione delle maggioranze assembleari, rendendo così di fatto possibile il conseguimento di risultati vietati dalla legge o non consentiti dallo statuto della società (Sez. 2, n. 20451 del 04/02/2020, COGNOME, Rv. 279432 – 01), risultando tale anche la condotta dell’amministratore unico di una s.rRAGIONE_SOCIALE, che aveva ripetutamente determinato le maggioranze nelle assemblee sociali con atti fraudolenti, rappresentando falsamente la presenza della maggioranza dei soci alle assemblee, in particolare, facendo figurare come presente una socia assente, mediante la falsificazione della relativa firma sul verbale nonché attestando in capo alla socia presente, moglie dello stesso imputato, la titolarità di un numero di quote sufficiente a costituire la maggioranza per niente corrispondenti alla titolarità reale, con il risultato di determinare la maggioranza per il funzionamento della assemblea, altrimenti interdetto (in motivazione, Sez. 5, n. 555 del 14/10/2011, dep. 2012, Riggio, Rv. 252661 – 01; mass. conf.: n. 17854 del 2009, Rv. 243675 – 01).
Sicché questa Corte ha annullato con rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla responsabilità del ricorrente quanto al capo a), con rigetto delle ulteriori deduzioni del ricorrente con riferimento al capo c).
La sentenza di appello, impugnata nella presente sede, ha assolto l’ imputato dal delitto di cui al capo a) e ha rideterminato il trattamento sanzionatorio nel senso sopra illustrato.
Propone tempestivo ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del difensore, denunciando, con un unico motivo, vizio di motivazione quanto alla determinazione dell ‘ entità della pena definitivamente irrogata.
Il reato di cui al capo c), unico per il quale è residuata la condanna, era stato considerato reato satellite nella sentenza di appello annullata con rinvio, in quanto posto in continuazione come reato meno grave rispetto a quello sub capo a), fatto per il quale è stata pronunciata assoluzione in sede di rinvio.
Si sostiene che la pena precedentemente irrogata dal Tribunale di Monza, confermata dalla prima sentenza di appello, aveva stabilito che il discostamento dal minimo edittale per il delitto di cui al capo a) era giustificato dalle condotte ingannatorie, perpetrate dall’imputato, denotanti una non trascurabile intensità del dolo nell ‘ influire sull’assemblea societaria, così aumentando la pena di mesi tre di reclusione per la continuazione con il reato di cui al capo c).
Si ritiene, da parte del Giudice del rinvio, esclusa la responsabilità per il capo a), di rideterminare la pena in quella di mesi 9 di reclusione partendo dalla pena base di mesi 8, aumentata fino alla irrogata pena per la circostanza aggravante di cui all’art. 61 n. 11 cod. pen., senza fare alcun accenno ai criteri adottati ex art. 133 cod. pen. ai fini di commisurare la pena ai limiti edittali rispetto all’unico reato residuato all’esito del giudizio di rinvio.
Si richiama giurisprudenza di legittimità che pretende espressa motivazione in ordine ai criteri applicati di cui all’art. 133 cod. pen. anche laddove il discostamento dal minimo edittale sia contenuto e si rimarca che il Giudice di appello ha applicato la stessa pena in precedenza irrogata per il reato più grave e quindi ha ritenuto di pari gravità il reato che, per effetto della prima pronuncia, era soltanto un reato satellite, quindi considerato meno grave della condotta sub a), senza, peraltro, considerare i motivi devoluti con il gravame quanto alla dosimetria della pena e circa la concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha concluso con requisitoria scritta chiedendo il rigetto del ricorso.
La difesa, avv. NOME COGNOME ha fatto pervenire con p.e.c. del 28 maggio 2025, memoria di replica con la quale ha ulteriormente argomentato i motivi di ricorso e ne ha chiesto l’accoglimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso è infondato.
1.1. Invero, il Giudice del rinvio ha fatto corretta applicazione del principio di diritto, sancito da questa Corte nella sua massima composizione (Sez. U, n. 16208 del 27/03/2014, C., Rv. 258653 -01), secondo il quale non viola il divieto di reformatio in peius previsto dall’art. 597 cod. proc. pen. il giudice dell’impugnazione che, quando muta la struttura del reato continuato (come avviene se la regiudicanda satellite diventa quella più grave o cambia la qualificazione giuridica di quest’ultima), apporta per uno dei fatti unificati dall’identità del disegno criminoso un aumento maggiore rispetto a quello ritenuto dal primo giudice, pur non irrogando una pena complessivamente maggiore.
Peraltro, si è sostenuto in giurisprudenza (cfr. Sez. 3, n. 41719 del 4/07/2024, Daniele, Rv. 287109 -01) il condivisibile orientamento secondo il quale il citato divieto non è violato nel caso in cui il giudice dell’impugnazione, a fronte del mutamento di struttura del delitto continuato (nel caso esaminato, per la sopravvenuta estinzione), in grado di appello, del delitto inizialmente giudicato più grave, irroghi, per il delitto satellite successivamente divenuto più grave, la medesima pena inflitta dal primo giudice in relazione a quello estinto.
1.2. Orbene, si rileva che nel caso in esame, nella sentenza impugnata la motivazione sull’entità della pena -con discostamento comunque non significativo dal minimo edittale – può ricavarsi dalla lettura congiunta della medesima con quella di primo grado nella quale (v. p. 6 e ss. della sentenza del Tribunale Monza) vi è espresso riferimento anche alla particolare intensità del dolo, ricavata dal giudice di merito dalle ripetute condotte ingannatorie, reputate idonee a influire sulle assemblee societarie.
Infatti, tale condotta riguarda anche la fattispecie di reato di cui al capo c), ove si fa riferimento, anzi, a due assemblee societarie.
Peraltro, la pena base adottata dal Giudice del rinvio è la medesima che era stata irrogata dal primo giudice in relazione al reato considerato, in quella sede, più grave.
Va, poi, rilevato, quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche, che non vi era alcuna questione devoluta con il primo ricorso per cassazione su tale punto della decisione. Sicché, il relativo motivo, prospettato nella presente sede, non può essere esaminato in quanto inammissibile, anche se eventualmente proposto con il gravame. Né risulta, dalla lettura della sentenza rescindente, l ‘ assorbimento di motivi di ricorso inerenti al trattamento sanzionatorio.
Segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali , ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen .
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 4 giugno 2025