Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 12706 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 12706 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a PALERMO il 28/05/1989
avverso la sentenza del 30/05/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sulle conclusioni del Pubblico Ministero
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Palermo il 30 maggio 2024, in parziale riforma della sentenza, appellata dall’imputato, con il quale il G.u.p. del Tribunale di Palermo, all’esito dell’udienza preliminare, ha riconosciuto NOME COGNOME responsabile del reato di cui all’art. 7, comma 15, del d. Igs. 30 aprile 1992, n. 285, perché, essendo stato già sanzionato per la stessa violazione sino all’il. aprile 2019, con provvedimento definitivo, nuovamente esercitava, senza autorizzazione, l’attività di parcheggiatore e di guardiamacchine, in Palermo il 18 gennaio 2020, in conseguenza condannandolo, con la diminuzione per il rito, alla pena di giustizia, in continuazione con altri illeciti già irrevocabilmente giudicati, ha rideterminato la pena per il reato in contestazione, con sanzione finale pari a quella già applicata in primo grado.
Ricorre per la cassazione della sentenza l’imputato, tramite Difensore di fiducia, affidandosi a due motivi con i quali denunzia violazione di legge.
2.1. Con il primo motivo lamenta violazione di legge (artt. 81, 132 e 133 cod. pen. e 125 cod. proc. pen.) nella definizione del trattamento sanzionatorio con riferimento al mutamento del reato individuato come pena-base dal giudice di primo grado, rappresentando quanto segue:
che nei precedenti giudizi (l’imputato al momento del processo aveva già cinque condanne in giudicato per identici reati) si era sempre partiti dalla pena di tre mesi di arresto e di 1.100,00 euro di ammenda inflitta per il reato accertato con la sentenza n. 808/2021 del G.u.p. del Tribunale di Palermo del 10 giugno 2021, irrevocabile il 28 giugno 2021 (punto n. 1 del casellario giudiziale);
che la sentenza di primo grado si è limitata ad affermare di muovere dalla pena-base di un anno e sei mesi di arresto e di 5.000,00 euro di ammenda per il reato in contestazione, ridotta della metà per il rito premiale, con aumento per la continuazione con gli ulteriori cinque reati sino alla sanzione finale di mesi nove di arresto e di 2.500,00 euro di ammenda;
che, quindi, nella decisione di primo grado si è omesso di individuare il reato più grave e di specificare quale sia la porzione di pena inflitta in aumento per il nuovo fatto di reato, con conseguente incertezza – si assume – sulla pena finale complessivamente rideterminata e sui calcoli per giungervi;
che, poi, la Corte di appello ha – erroneamente, ad avviso del ricorrente individuato la pena-base di sette mesi di arresto e di 2.300,00 euro di ammenda applicata per il reato accertato con sentenza del 6 luglio 2022 (punto n. 5 del casellario), non già quella (di cui al punto n. 1 del casellario) di tre mesi di arresto e di 1.100,00 euro di ammenda inflitta per il reato accertato con sentenza n. 808/2021 del G.u.p. del Tribunale di Palermo del 10 giugno 2021,
irrevocabile il 28 giugno 2021, come sempre accaduto in precedenza, con successivo aumento per il fatto per cui è processo di due mesi di arresto e di 200,00 euro di ammenda, quindi con pena finale pari a nove mesi di arresto e 2.500,00 euro di ammenda;
che la Corte di appello non soltanto non avrebbe fornito spiegazione sul punto, violando l’art. 125 cod. proc. pen., ma avrebbe anche violato il principio di intangibilità del giudicato, richiamandosi al riguardo la costante affermazione secondo cui l’individuazione del reato più grave ai fini del computo della pena ai sensi dell’art. 81 cod. pen. deve necessariamente avvenire in concreto e che va individuato in concreto quale reato più grave quello per cui è stata, appunto in concreto, inflitta la sanzione più elevata, mantenendo ferme le pene già definitivamente stabilite, citando giurisprudenza di legittimità stimata pertinente (Sez. 3, n. 43239 del 04/05/2016, G, Rv. 267927: «In tema di reato continuato, qualora il reato già giudicato e quello da giudicare, legati dall’identità del disegno criminoso, non presentino alcuna differenza nel trattamento edittale, il giudice è comunque tenuto a determinare, mediante una valutazione in concreto, quale sia il reato più grave, posto che la continuazione costituisce una “fictio juris” che non fa perdere a ciascuno dei reati sussunti nell’ambito della stessa la propria individualità giuridica, cui è connessa la conoscibilità in sede esecutiva della parte di pena riferibile ai singoli reati. (Fattispecie relativa al reato di cui all’ 609-bis cod. pen., nella quale la SRAGIONE_SOCIALE. ha ritenuto legittima la condanna a pena in continuazione con quella definitivamente irrogata per il reato ex art. 609-quater cod. pen., ritenuto in concreto più grave per la più elevata sanzione inflitta a causa della pluriennale protrazione della condotta)»; Sez. 4, n. 19561 del 28/01/2021, Dedej, Rv. 281172: «In tema di reato continuato, qualora il reato già giudicato e quello da giudicare, legati dall’identità del disegno criminoso, non presentino alcuna differenza nel trattamento edittale, il giudice è comunque tenuto a determinare, mediante una valutazione in concreto, quale sia il reato più grave, posto che la continuazione costituisce una “fictio juris” che non fa perdere a ciascuno dei reati sussunti nell’ambito della stessa la propria individualità giuridica, cui è connessa la conoscibilità in sede esecutiva della parte di pena riferibile ai singoli reati. (Fattispecie relativa al reato di cui all’ 73, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in cui la Corte ha annullato la sentenza impugnata per non avere dato conto delle ragioni per cui aveva ritenuto, in concreto, più grave il reato da giudicare rispetto a quello già giudicato, aventi la medesima cornice edittale)»; Sez. 3, n. 19018 del 22/03/2001, COGNOME, Rv. 219101: «In tema di continuazione, l’obbligo del giudice di determinare il reato più grave fra quelli in continuazione non viene meno nel caso in cui si tratti di reati aventi medesima pena edittale attesoché la continuazione costituisce una Corte di Cassazione – copia non ufficiale
“fictio juris” che non fa perdere a ciascuno dei reati sussunti nell’ambito della stessa la propria individualità giuridica cui è connessa la conoscibilità in sede esecutiva della parte di pena riferibile ai singoli reati»);
che, in conseguenza di quanto esposto, i giudici di appello, avendo individuato in due mesi di arresto e 200,00 euro di ammenda la sanzione da infliggere per il reato sottoposto alla loro cognizione, avrebbero dovuto assumere quale pena-base e violazione più grave sulla quale operare l’aumento in continuazione ancora una volta, così come fatto in precedenza in tutte le altre decisioni irrevocabili, la sanzione di tre mesi di arresto e di 1.100,00 euro di ammenda di cui alla sentenza numero 808/2021 del 10 giugno 2021, irrevocabile il 28 giugno 2021, indicata al punto n. 1 del casellario, lasciando invariati altresì gli aumenti di pena per i reati satellite di cui alle sentenze irrevocabili, uniformandosi in tal modo ai richiamati principi di diritto, oltre che al principio di intangibilità del giudicato; diversamente opinando, infatti, ad avviso del ricorrente, l’imputato, ancora sub iudice per altre ipotesi di reato concernenti esercizio abusivo dell’attività di parcheggiatore, correrebbe il rischio, nel caso di un nuovo riconoscimento della disciplina del reato continuato, di vedersi applicato un aumento in continuazione partendo dalla pena base, notevolmente più grave che in passato (tre mesi di arresto), cioè rispetto a tutte le altre decisioni richiamate, di sette mesi di arresto.
Sotto altro angolo prospettico si censura ulteriormente la sentenza per avere violato gli artt. 132 e 133 cod. pen., avendo applicato all’imputato per il reato per cui è processo un aumento in continuazione più grave (due mesi di arresto e 200,00 euro di ammenda) rispetto a tutti gli altri reati-satellite rientranti nel cumulo giuridico, pur essendosi in presenza di reati sovrapponibili. Si richiama al riguardo giurisprudenza di legittimità a Sezioni Unite (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269) e Sezioni semplici conformi sulla necessità di motivazione non solo quanto alla pena-base individuata per la violazione più grave ma anche in ordine ai singoli incrementi di pena in continuazione.
2.2. Con il secondo motivo NOME COGNOME denuncia ulteriore violazione di legge (artt. 163-164 cod. pen. e 597, comma 3, cod. proc. pen.) in ragione del diniego del beneficio della sospensione condizionale della pena, con la ragione che si rinviene alla p. 2 della sentenza impugnata, essendo, in realtà, il reato continuato assimilabile ad una condanna unica, con la conseguenza che il beneficio della sospensione può essere riconosciuto in relazione a più violazioni, purchè si rispetti il limite di pena previsto dall’art. 163 cod. pen., richiamandosi al riguardo precedenti di legittimità stimati pertinenti.
Ad avviso del ricorrente, peraltro, si sarebbe violato il divieto di reformatio in peius di cui all’art. 597, comma 3, cod. proc. pen., in quanto non riconoscere
la sospensione condizionale in relazione ad uno solo tra i reati-satelliti equivale, ad avviso del ricorrente, a revocare contra legem un beneficio già concesso, pur in assenza di richiesta in tal senso formulata da parte dell’Organo dell’accusa.
Si chiede, dunque, l’annullamento della sentenza impugnata.
Il P.G. l nella requisitoria scritta dell’8 novembre 2024 ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
Il 2 dicembre 2024 è pervenuta memoria di replica della Difesa, che insiste nelle conclusioni già rassegnate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato e deve essere rigettato, per i seguenti motivi.
Quanto al primo motivo, in tema di determinazione del trattamento sanzionatorio, occorre premettere che non solo non è stata superata la pena complessivamente inflitta con la sentenza di primo grado ma anche che per il reato per cui è processo è stata applicata in appello una pena inferiore a quella cui l’imputato è stato condannato dal Tribunale.
Ciò posto, osserva il Collegio come la Corte di appello abbia fatto corretta applicazione del principio di diritto fissato da Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269, secondo cui «In tema di reato continuato, il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato più grave e stabilire la pena base, deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite. (La Corte ha precisato che il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena è correlato all’entità degli stessi e tale da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, che risultino rispettati i limiti previsti dall’art. 81 cod. pen. non si sia operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene).(Conf. Sez. U, n.7930/95, Rv.201549-01)»), individuando, come è consentito dall’art. 671 cod. proc. pen. (cfr. Sez. 1, n. 17948 del 31/01/2024, S, Rv. 286261; Sez. 1, n. 21424 del 19/03/2019, COGNOME, Rv. 275845), quale reato più grave non già quello di cui alla sentenza del 10 giugno 2021, irrevocabile il 28 giugno 2021 (punto n. 1 del casellario), ma quello accertato con la sentenza del 6 luglio 2022, irrevocabile il 23 luglio 2022 (punto n. 5 del casellario), ed affermando che la pena determinata nella misura di sette mesi di arresto e di 2.300,00 euro di ammenda è assorbente anche delle sanzioni relative alle altre quattro sentenze già in giudicato (p. 2), tutte relative alla contravvenzione di esercizio dell’attivit
di parcheggiatore abusivo, con passaggio, peraltro, che non è adeguatamente aggredito nella sentenza impugnata.
Quanto agli aumenti di pena in continuazione, si è puntualizzato, in linea con la richiamata pronunzia delle Sezioni unite, che «In tema di reato continuato, il giudice di merito, nel calcolare l’incremento sanzionatorio in modo distinto per ciascuno dei reati satellite, non è tenuto a rendere una motivazione specifica e dettagliata qualora individui aumenti di esigua entità, essendo in tal caso escluso in radice ogni abuso del potere discrezionale conferito dall’art. 132 cod. pen.» (Sez. 6, n. 44428 del 05/10/2022, COGNOME, Rv. 284005; nello stesso senso v. Sez. 4, n. 32654 del 06/04/2023, NOME COGNOME, non mass., sub n. 4 del “considerato in diritto”, p. 4).
In relazione al secondo motivo, con cui si censura il diniego della sospensione condizionale della pena, si osserva come il beneficio nel caso in esame sia stato negato sia in primo che in secondo grado con motivazioni non del tutto coincidenti: il Tribunale (all’ultima pagina) valorizzando i re terati precedenti penali e la pregressa e plurima concessione del beneficio; la Corte territoriale (alla penultima pagina) affermando che è stata concessa un numero di volte superiore a quello previsto dalla legge.
A ben vedere, il riferimento operato nella sentenza di primo grado ai reiterati precedenti penali dell’imputato appare motivazione sufficiente, non illogica e non incongrua per giustificare la mancata concessione della pena sospesa, senza potersi ipotizzare violazione del divieto di reformatio in peius, essendo l’affermazione della Corte di appello meramente ad adiuvandum rispetto alla riferita ragione della decisione adottata sul punto.
Consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente, per legge (art. 616 cod. proc. pen.), al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 10/12/2024.