Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 19337 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 19337 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 10/04/2025
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Foggia il 08/05/1984
NOME NOMECOGNOME nato a Foggia il 24/08/1988
avverso la sentenza emessa in data 16/09/2024 dalla Corte di Appello di Bari visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal Presidente COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile
il ricorso del COGNOME e rigettarsi quello del COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa nei loro confronti in data 16/09/2024 dalla Corte d’Appello di Bari, che ha parzialmente riformato (riconoscendo le attenuanti generiche e rideterminando conseguentemente il
trattamento sanzionatorio) la sentenza di condanna in primo grado per i reati loro rispettivamente ascritti (associazione per delinquere finalizzata al contrabbando, sottrazione di prodotti energetici al pagamento delle accise, trasferimento fraudolento di valori);
rilevato in particolare che la sentenza è stata censurata deducendo – quanto al COGNOME – la mancanza di motivazione in ordine all’applicabilità dell’art. 129 cod. proc. pen., e – quanto al COGNOME – l’eccessività della pena inflitta;
ritenuto che la disamina del motivo proposto dal COGNOME sia preclusa dalla intervenuta rinuncia, in appello, dei motivi concernenti l’affermazione di responsabilità (cfr. sul punto Sez. 2, n. 47698 del 18/09/2019, COGNOME, Rv. 278006 – 01, secondo cui «la rinuncia parziale ai motivi d’appello determina il passaggio in giudicato della sentenza gravata limitatamente ai capi oggetto di rinuncia, onde è inammissibile il ricorso per cassazione con il quale si propongono censure attinenti ai motivi d’appello rinunciati e non possono essere rilevate d’ufficio le questioni relative ai medesimi motivi»);
ritenuto invece, quanto al COGNOME, che le doglianze concernenti l’immotivato mantenimento degli aumenti a titolo di continuazione nella stessa misura determinata dal primo giudice debbano essere accolte, alla luce dell’insegnamento di questa Suprema Corte secondo cui «in tema di reato continuato, la possibilità di indicare sinteticamente l’incremento sanzionatorio per ciascun reato satellite non esonera il giudice dalla valutazione degli elementi che, ai sensi dell’art. 133 cod. pen., incidono sulla gravità dei singoli reati unific quoad poenam e dall’indicazione dell’entità e delle ragioni degli aumenti di pena, avuto riguardo alla cornice edittale prevista per le fattispecie contestate e alle relative circostanze aggravanti o attenuanti» (Sez. 2, n. 25273 del 11/04/2024, COGNOME, Rv. 286681 – 01, la quale, in applicazione del principio, ha annullato con rinvio, limitatamente all’aumento per la continuazione, la decisione che, dopo aver riconosciuto, in relazione alla violazione più grave, le attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti, aveva mantenuto inalterato il complessivo aumento per i reati-fine, omettendo di indicare, in relazione ad essi, le ragioni ostative a una mitigazione sanzionatoria ex art. 62-bis cod. pen.). V. anche Sez. 1, n. 20945 del 25/02/2021, Casarano, Rv. 281562 – 01, secondo la quale «in tema di reato continuato, il giudizio circa la sussistenza delle circostanze attenuanti generiche, da effettuarsi secondo i parametri previsti dall’art. 133 cod. pen., ove fondato su elementi di fatto di natura oggettiva, deve essere riferito allo specifico fatto reato, senza estensione del beneficio a tutti i reati avvinti dal vinco della continuazione; diversamente, ove gli elementi circostanziali siano riferibili all’imputato, sulla base di elementi di fatto di natura soggettiva, detto giudizi deve essere riferito indistintamente a tutti i reati uniti dal vincolo de
continuazione» (nella specie, la concessione delle attenuanti generiche al ricorrente era stata motivata con ragioni prettamente soggettive, correlate al buon
comportamento processuale);
ritenuto che le considerazioni fin qui svolte impongano una declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto nell’interesse del GAETA, con conseguente
condanna del predetto imputato al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende;
ritenuto altresì che quanto esposto in relazione al COGNOME imponga l’annullamento della sentenza impugnata, in relazione al predetto imputato,
limitatamente agli aumenti disposti a titolo di continuazione, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di Appello di Bari
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOME che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della
Cassa delle Ammende. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME limitatamente agli aumenti per la continuazione con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Bari.
Così deciso il 10 aprile 2025
Il Consiglie GLYPH stensore
IlPresidente