Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 25742 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 25742 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 28/01/1979
avverso l’ordinanza del 14/01/2025 della CORTE APPELLO di BRESCIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, dott. NOME COGNOME il quale ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, limitatamente alla determinazione delle pene applicate, per ciascun reato-satellite, a titolo di aumento per la continuazione, ed il rigetto, nel resto, del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 14 gennaio 2025, la Corte di appello di Brescia, quale giudice dell’esecuzione, ha riconosciuto, in accoglimento dell’istanza proposta da NOME COGNOME la continuazione tra i reati da lui commessi ed accertati con due sentenze irrevocabili – emesse, rispettivamente, dalla Corte di appello di Brescia 1’11 gennaio 2024 (definitiva il 7 maggio 2024) e dalla Corte di appello di Trento il 7 luglio 2023 (definitiva il 23 febbraio 2024) – e rideterminato la pena complessiva, previa applicazione della riduzione per la scelta del rito abbreviato, in sedici anni, dieci mesi e venti giorni di reclusione.
NOME COGNOME propone, con l’assistenza dell’avv. NOME COGNOME ricorso per cassazione affidato a due motivi, denunciando, costantemente, violazione della legge sostanziale e processuale e vizio di motivazione.
2.1. Con il primo motivo, lamenta che il giudice dell’esecuzione abbia omesso di prendere atto della violazione del principio del ne bis idem, sancito dagli artt. 649 cod. proc. pen., conseguente alla contestuale esecuzione .di due differenti decisioni irrevocabili relative al medesimo fatto storico, costituito dalla cessione, risalente al 2 dicembre 2019, di 1,6 kg di eroina in favore di NOME COGNOME e tramite il corriere NOME COGNOME.
2.2. Con il secondo motivo, NOME si duole dell’irragionevole determinazione in cinque anni di reclusione (al lordo delle riduzioni per le circostanze attenuanti generiche) della pena irrogatagli a titolo di aumento per la continuazione per il reato contestato al capo 37) nell’ambito del procedimento penale conclusosi con sentenza irrevocabile di condanna della Corte di appello di Trento del 7 luglio 2023, sproporzionata per eccesso rispetto a quelle stabilite, nella misura di tre mesi di reclusione ciascuno, per gli altri reati-satellite, uno dei quali (quello ascrittogli, nel procedimento svoltosi a Trento, al capo 35), per di più, di analoga gravità rispetto a quello punito con sanzione enormemente volte più elevata.
Al riguardo, eccepisce, ulteriormente, l’irrazionalità della decisione impugnata laddove, nel mutuare, quanto ai reati-satellite accertati nel procedimento definito a Brescia, le valutazioni già operate dal giudice della cognizione, che aveva fissato, a seconda dei casi, in uno, due o tre mesi di reclusione gli incrementi apportati per ciascun reato, ha, invece, stabilito nelle misura fissa di tre mesi di reclusione l’aumento relativo a ciascuno dei reatisatellite accertati a Trento – ivi compresi quelli, oggetto di separato, precedente accertamento (sentenza della Corte di appello di Brescia del 17 gennaio 2023, divenuta irrevocabile il 4 marzo 2023) – ed ugualmente ritenuti, dal giudice della cognizione, espressione del medesimo disegno criminoso.
Il Procuratore generale, ha chiesto, con requisitoria scritta, l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato, limitatamente alla determinazione delle pene irrogate, per ciascun reato-satellite, a titolo di continuazione, ed il rigetto, nel resto, del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è infondato e, pertanto passibile di rigetto.
Con l’istanza introduttiva dell’incidente di esecuzione, accessibile al Collegio anche perché ritualmente allegata al ricorso, NOME COGNOME ha chiesto, in via esclusiva – secondo quanto emerge, in termini di assoluta univocità, dall’intestazione dell’atto, dall’esposizione delle ragioni addotte a suo sostegno e dalla formulazione delle richieste finali – il riconoscimento della continuazione tra tutti i reati accertati con le sentenze della Corte di appello di Brescia dell’il gennaio 2024 e della Corte di appello di Trento del .7 luglio 2023 e la conseguente rideterminazione in melius del trattamento sanzionatorio.
Nell’esporre gli elementi attestanti, nella sua prospettiva, la riconducibilità di tutti gli episodi ascrittigli ad un’unica, preventiva determinazione criminale, COGNOME si è riferito, ai fogli 6-7, alla ripetitività e sistematicità delle condotte illecite, concretatesi nella periodica fornitura ad opera del sodalizio criminoso del quale egli, al tempo, era esponente di rango – di consistenti partite di stupefacente, che egli, trovandosi nella bassa bergamasca, soleva cedere ad NOME COGNOME che, a tal fine, inviava, da Bolzano, i propri emissari.
In questo specifico contesto, NOME ha segnalato l’identità delle contestazioni mosse a suo carico, rispettivamente, al capo 19) della sentenza emessa dalla Corte di appello di Brescia ed al capo 35) di quelle emessa dalla Corte di appello di Trento ed aggiunto che tale circostanza «oltre a valorizzare il vincolo della continuazione tra i fatti-reato dei due procedimenti de quibus, deve essere tenuta a mente ai fini della rideterminazione della pena, con conseguente assorbimento tra le stesse».
Così facendo, l’odierno ricorrente ha introdotto, in via incidentale e nell’ottica del contenimento del trattamento sanzionatorio derivante dal riconoscimento della continuazione, un tema che, però, non per questo può essere ritenuto, sulla scorta del complessivo apprezzamento dell’istanza rivolta al giudice dell’esecuzione, compreso nell’oggetto dell’accertamento,
che deve ragionevolmente (e prudentemente) stimarsi circoscritto alla riconduzione di una pluralità di comportamenti penalmente illeciti ad una unica, originaria deliberazione criminosa.
L’istanza di NOME non può, per contro, reputarsi estesa alla diversa – dal punto di vista sia concettuale che giuridico – questione che afferisce al duplicato accertamento di un unico episodio delittuoso ed all’indebito aggravamento del complessivo carico sanzionatorio e che, peraltro, avrebbe dovuto essere posta mediante l’espressa richiesta, da formularsi ai sensi dell’art. 669, comma 1 cod. proc. pen., di revoca di una delle due condanne relative al medesimo fatto.
Il provvedimento impugnato si palesa dunque, sotto questo aspetto, esente dal vizio denunciato, non essendo tenuto il giudice dell’esecuzione a pronunciarsi su un profilo che la parte ha compiutamente affrontato solo con il ricorso per cassazione attraverso la proposizione di un motivo che, alla luce delle considerazioni sin qui svolte, non può che essere dichiarato inammissibile.
3. Il secondo motivo è, invece, fondato.
La giurisprudenza di legittimità è ferma nel ritenere che, in tema di quantificazione della pena a seguito di applicazione della disciplina del reato continuato in sede esecutiva, il giudice – in quanto titolare di un potere discrezionale esercitabile secondo i parametri fissati dagli artt. 132 e 133 cod. pen. – è tenuto a motivare, non solo in ordine all’individuazione della penabase, ma anche in ordine all’entità dei singoli aumenti per i reati-satellite ex art. 81, secondo comma, cod. pen., in modo da rendere possibile un controllo effettivo del percorso logico e giuridico seguito nella determinazione della pena, non essendo all’uopo sufficiente il semplice rispetto del limite legale del triplo della pena-base (in questo senso cfr., tra le più recenti, Sez. 1, n. 800 del 07/10/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280216 – 01; Sez. 1, n. 17209 del 25/05/2020, COGNOME, Rv. 279316 – 01).
Ed ancora, in tema di motivazione sugli aumenti di pena per la continuazione, le Sezioni Unite della Corte di cassazione (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269) hanno precisato che il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato più grave e stabilire la pena base, è tenuto a calcolare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite, dandone conto nella motivazione ed hanno, ulteriormente, chiarito che il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena è correlato alla loro entità e deve essere tale da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, oltre che i limiti previ
dall’art. 81 cod. pen., e che non si sia operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene.
Laddove, quindi, gli aumenti operati per i reati satellite siano prossimi, per la loro entità, alle pene inflitte in sede di cognizione è necessario che la statuizione del giudice dell’esecuzione sia sorretta da più analitica motivazione delle ragioni di tale scelta, in sé legittima ma necessitante di specifica spiegazione alla luce dei criteri indicati dagli artt. 132 e 133 cod. pen., come richiesto da questa Corte, nella sua espressione più autorevole.
L’ordinanza impugnata non ha fatto corretta applicazione dei criteri sopra richiamati.
5.1. Il giudice dell’esecuzione, dopo avere correttamente individuato il reato più grave in quello previsto e punito dall’art. 74 d.P.R., accertato con la sentenza della Corte di appello di Brescia dell’Il gennaio 2024, ha mutuato gli aumenti di pena già stabiliti dal giudice della cognizione – in misura compresa, per ciascuna fattispecie, tra uno e tre mesi di reclusione – per i reati ex art. 73 del medesimo testo normativo, nonché quelli che la stessa Corte di appello ha applicato a seguito del riconoscimento della continuazione, c.d. «esterna», per i reati già accertati con precedente sentenza della Corte di appello di Brescia del 24 febbraio 2021, divenuta irrevocabile il 24 novembre 2021.
Per quanto concerne, invece, i delitti accertati dalla Corte di appello di Trento con la sentenza del 7 luglio 2023 – all’esito di un procedimento nel quale, pure, è stata riconosciuta la continuazione c.d. «esterna» in relazione, stavolta, ai reati già accertati con precedente sentenza della Corte di appello di Brescia del 17 gennaio 2023 – la Corte bresciana ha differenziato l’aumento applicato per quello contestato al capo 37), fissato, al netto delle circostanze attenuanti generiche, in tre anni e quattro mesi di reclusione e quelli relativi agli otto reati residui.
Per questi ultimi, ha, invero, stabilito la pena di tre mesi di reclusione ciascuno, quanto ai reati di cui ai capi 35), 41), 42) e 56) del procedimento concluso con la sentenza della Córte di appello di Trento del 7 luglio 2023, e quella, unitariamente determinata, di un anno di reclusione per i reati di cui ai capi 4), 5), 7) e 9) del procedimento concluso con la sentenza della Corte di appello di Brescia del 17 gennaio 2023.
5.2. Il provvedimento impugnato si rileva, al riguardo, gravemente carente perché, in primis, pur spiegando che la misura della pena stabilita a titolo di continuazione per il reato-satellite sub 37) è stata determinata «in considerazione della elevata quantità di sostanza stupefacente detenuta,
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della pluralità di tipologia di sostanza e del radicato inserimento dell’imputato nel traffico di sostanze stupefacenti», non offre congrua giustificazione del divario
esistente tra la sanzione di tre anni e quattro mesi di reclusione, fissata a tale titolo, e quelle, inferiore di oltre tredici volte, irrogata per tutte le resid
violazioni, peraltro accomunate a quella ascritta ad NOME al capo 37) quantomeno dal «radicato inserimento dell’imputato nel traffico di sostanze stupefacenti».
Se a ciò si aggiunge che alla costante applicazione – in maniera espressa, per i primi quattro reati, ed implicita, perché ricavabile dalla misura della pena
globalmente stabilita in un anno di reclusione, per gli altri quattro – della pena di tre mesi di reclusione per tutti i reati-satellite contemplati dalla sentenza della
Corte di appello di Trento del 7 luglio 2023 fa pendant
una più analitica e dettagliata distribuzione del carico sanzionatorio fissato per i reati-satellite
contemplati dalla sentenza della Corte di appello di Brescia dell’il. gennaio 2024, risultano ancora più evidenti sia la difficoltà di comprendere, in assenza di
indicazioni sufficientemente precise, ancorché sintetiche, quali siano stati gli snodi fondamentali del percorso argonnentativo che ha indotto il giudice
dell’esecuzione a calibrare là sanzione in funzione di ciascun reato sia la sostanziale, conseguente impossibilità di decifrare, attraverso la valvola della motivazione, l’architettura del provvedimento ex art. 671 cod. proc. pen..
Le precedenti considerazioni impongono, in conclusione, l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio alla Corte di appello di Brescia – in diversa composizione, in ossequio a quanto statuito dalla Corte costituzionale con sentenza n. 183 del 2013 – cui spetterà il compito di provvedere ad una nuova determinazione, nel rispetto dei principi sopra indicati, del trattamento sanzionatorio derivante dal riconoscimento della continuazione tra i reati de quibus agitur.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla determinazione del trattamento sanzionatorio con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Brescia.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso. Così deciso in Roma, il 3 giugno 2025.