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Reato continuato: la motivazione della pena in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso, chiarendo i criteri di motivazione della pena per il reato continuato. Dopo l’assoluzione dall’accusa di associazione a delinquere, l’imputato era stato condannato per sei episodi di spaccio. La Corte ha stabilito che, in caso di reati seriali, non è necessaria una motivazione specifica per ogni singolo aumento di pena, essendo sufficiente una motivazione sulla pena base, purché sia rispettato il limite legale del triplo.

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Pubblicato il 14 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato Continuato e Motivazione della Pena: La Cassazione Fa Chiarezza

L’istituto del reato continuato è uno strumento fondamentale nel diritto penale per garantire una risposta sanzionatoria proporzionata a chi commette più crimini sotto un unico disegno. Ma quali sono gli obblighi del giudice nel motivare la pena finale? Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 32583 del 2024, offre un’importante delucidazione, stabilendo che in presenza di reati seriali e omogenei non è necessaria una motivazione analitica per ogni aumento di pena. Approfondiamo i dettagli di questa decisione.

L’Iter Giudiziario: Dall’Associazione a Delinquere al Reato Continuato

Il caso trae origine da un’indagine che aveva portato alla condanna di diverse persone per associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti e per vari reati fine. Tuttavia, in un precedente giudizio, la stessa Corte di Cassazione aveva annullato la condanna per il reato associativo, ritenendo che gli elementi raccolti non fossero sufficienti a provare l’esistenza di una stabile struttura organizzata, ma delineassero piuttosto una serie di episodi di spaccio in concorso, unificati da un medesimo disegno criminoso.

La causa è stata quindi rinviata alla Corte d’Appello di Salerno, la quale, conformandosi alla decisione della Suprema Corte, ha assolto l’imputato dall’accusa associativa e ha proceduto a rideterminare la pena per i sei reati di spaccio residui, considerandoli appunto legati dal vincolo del reato continuato. La pena finale è stata fissata in cinque anni e cinque mesi di reclusione, oltre a una multa, con il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

La Decisione della Corte d’Appello e il Ricorso in Cassazione

L’imputato ha proposto ricorso per Cassazione contro la sentenza della Corte d’Appello di Salerno, sollevando due questioni principali:

1. Erronea applicazione della legge penale: si contestava l’aumento di pena applicato per ciascun reato satellite, ritenuto eccessivo.
2. Difetto di motivazione: si lamentava la mancanza di motivazione sul diniego delle circostanze attenuanti generiche e sulla quantificazione della pena.

Reato Continuato: L’Obbligo di Motivazione sugli Aumenti di Pena

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, giudicandolo manifestamente infondato in entrambi i suoi motivi. La decisione della Suprema Corte è cruciale per comprendere i limiti dell’obbligo di motivazione del giudice nella determinazione della pena per il reato continuato.

Le motivazioni

La Corte ha smontato le argomentazioni della difesa con un ragionamento lineare e basato su principi consolidati.

In primo luogo, riguardo alla quantificazione della pena, i giudici hanno ribadito un principio fondamentale: in tema di reato continuato, non sussiste un obbligo di specifica motivazione per ogni singolo aumento di pena applicato per i reati ‘satellite’. È sufficiente che il giudice fornisca le ragioni a sostegno della determinazione della pena-base per il reato più grave. Questo è particolarmente vero quando, come nel caso di specie, i reati posti in continuazione sono seriali e omogenei (plurimi episodi di spaccio) e l’aumento complessivo rispetta il limite legale del triplo della pena base, stabilito dall’art. 81 del codice penale.

In secondo luogo, la Corte ha definito il secondo motivo di ricorso come palesemente infondato, evidenziando una palese contraddizione. La difesa lamentava il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, quando invece la sentenza impugnata le aveva esplicitamente concesse. Il ricorso, pertanto, si confrontava con una realtà processuale diversa da quella effettiva, rendendolo di fatto privo di qualsiasi fondamento.

Le conclusioni

La sentenza in esame rafforza un importante principio di economia processuale e di razionalità nella commisurazione della pena. Stabilire che non è necessaria una motivazione ‘parcellizzata’ per ogni aumento nel reato continuato semplifica il lavoro del giudice di merito, concentrando l’attenzione sulla congruità della pena base e sul rispetto dei limiti edittali complessivi. Questa decisione scoraggia ricorsi pretestuosi e formalistici, che non contestano la sostanza della decisione ma si aggrappano a presunti vizi motivazionali inesistenti. Per gli operatori del diritto, ciò significa che le censure sulla determinazione della pena devono essere mirate e fondate su una violazione sostanziale dei criteri legali, non su una pretesa di motivazione analitica per ogni passaggio del calcolo sanzionatorio.

Nel caso di reato continuato, il giudice deve motivare specificamente l’aumento di pena per ogni singolo reato satellite?
No. Secondo la sentenza, non sussiste un obbligo di specifica motivazione per ogni singolo aumento. È sufficiente indicare le ragioni a sostegno della quantificazione della pena-base, specialmente quando i reati sono seriali e omogenei e l’aumento totale rispetta il limite legale del triplo della pena base.

Cosa succede se un ricorso per cassazione si basa su un presupposto di fatto errato?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza. Nel caso specifico, la difesa lamentava il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, che invece la sentenza impugnata aveva concesso, rendendo il motivo di ricorso privo di fondamento.

Qual è la differenza tra associazione per delinquere finalizzata allo spaccio e concorso di persone in più reati di spaccio?
L’associazione per delinquere (art. 74 d.p.r. 309/90) richiede una struttura organizzata stabile, con una ripartizione di ruoli e un programma criminoso a tempo indeterminato. Il concorso di persone in più reati (anche in continuazione) si configura quando più individui commettono insieme una serie di delitti, ma senza quella base operativa stabile e permanente che caratterizza l’associazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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