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Reato continuato: la motivazione della pena in Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 11441/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro la determinazione della pena per il reato continuato. La Corte ha chiarito che l’obbligo di motivazione sull’aumento di pena per i reati satellite può considerarsi assolto implicitamente se la Corte d’Appello conferma la dettagliata analisi del giudice di primo grado. Inoltre, ha ribadito che la valutazione comparativa delle circostanze è un giudizio di merito insindacabile in sede di legittimità se non palesemente illogico.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato Continuato: La Cassazione Chiarisce l’Obbligo di Motivazione sulla Pena

L’istituto del reato continuato, disciplinato dall’articolo 81 del codice penale, rappresenta un pilastro del nostro sistema sanzionatorio, consentendo di mitigare la pena per chi commette più violazioni della legge penale in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, la sua applicazione pratica, in particolare per quanto riguarda la motivazione dell’aumento di pena, è spesso oggetto di dibattito nelle aule di giustizia. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 11441/2024) offre importanti chiarimenti su questo tema, delineando i confini dell’obbligo motivazionale del giudice.

I Fatti del Caso e i Motivi del Ricorso

Il caso trae origine dal ricorso di un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello. Il ricorrente lamentava due vizi principali. In primo luogo, denunciava un’omessa motivazione riguardo alla misura dell’aumento di pena applicato per i cosiddetti “reati satellite”, ovvero quelli commessi in continuazione con il reato più grave. In secondo luogo, contestava il giudizio di equivalenza formulato dalla Corte territoriale nella comparazione tra le circostanze aggravanti e quelle attenuanti, ritenendolo ingiusto.

Il Reato Continuato e l’Obbligo di Motivazione del Giudice

La disciplina del reato continuato prevede che il giudice, una volta individuato il reato più grave, stabilisca la relativa pena base e, successivamente, la aumenti per ciascuno degli altri reati. Le Sezioni Unite della Cassazione (sent. n. 47127/2021) hanno stabilito che il giudice deve calcolare e motivare questo aumento in modo distinto per ogni reato satellite. L’obiettivo è garantire la trasparenza e la proporzionalità della pena, evitando un cumulo materiale mascherato. L’obbligo motivazionale è correlato all’entità degli aumenti: maggiore è l’aumento, più dettagliata dovrà essere la giustificazione del giudice.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, respingendo entrambe le censure. Le sue argomentazioni offrono due principi guida di grande rilevanza pratica.

Il primo principio riguarda la sufficienza della cosiddetta “motivazione implicita”. La Cassazione ha osservato che la Corte d’Appello, confermando integralmente la sentenza di primo grado, aveva di fatto fatto propria la motivazione del primo giudice. Poiché il tribunale aveva indicato analiticamente sia la pena base per il reato principale sia il successivo aumento per la continuazione, l’onere argomentativo della Corte d’Appello poteva ritenersi implicitamente assolto. Non è necessario, quindi, che il giudice del gravame ripeta pedissequamente una motivazione già compiutamente espressa e condivisa.

Il secondo principio attiene all’insindacabilità del giudizio di comparazione tra le circostanze. La Corte ha ribadito un orientamento consolidato: la valutazione circa la prevalenza o l’equivalenza delle circostanze attenuanti e aggravanti è una valutazione tipicamente discrezionale del giudice di merito. Tale giudizio non può essere messo in discussione in sede di legittimità, a meno che non sia il risultato di un palese arbitrio o di un ragionamento manifestamente illogico. Nel caso di specie, la scelta di ritenere le circostanze equivalenti per assicurare l’adeguatezza della pena finale è stata considerata una motivazione sufficiente e non censurabile.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame consolida due importanti principi. Da un lato, chiarisce che l’obbligo di motivazione sull’aumento di pena per il reato continuato può essere adempiuto anche per relationem, ovvero mediante il richiamo alla decisione di primo grado, purché questa sia analitica e completa. Ciò snellisce la redazione delle sentenze d’appello conformi. Dall’altro lato, riafferma l’ampia discrezionalità del giudice di merito nel bilanciamento delle circostanze, limitando la possibilità di impugnare tale valutazione in Cassazione ai soli casi di palese irragionevolezza. La decisione, dichiarando inammissibile il ricorso, ha inoltre comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende.

È sempre necessario che la Corte d’Appello motivi autonomamente l’aumento di pena per il reato continuato?
No. Secondo l’ordinanza, se la Corte d’Appello conferma interamente la sentenza di primo grado che ha già analiticamente indicato la pena base e il successivo aumento per la continuazione, l’onere motivazionale si considera implicitamente assolto.

Il giudizio sulla comparazione tra circostanze aggravanti e attenuanti può essere contestato in Cassazione?
Solo in casi limitati. La Cassazione ha ribadito che si tratta di una valutazione discrezionale del giudice di merito. Può essere contestata solo se è frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico, non per una semplice divergenza di valutazione.

Cosa significa quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Significa che il ricorso non viene esaminato nel merito perché presenta vizi che ne impediscono la valutazione. Come conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come avvenuto in questo caso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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