Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 9665 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 9665 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a LAMEZIA TERME il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 21/12/2022 della CORTE APPELLO di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in preambolo la Corte d’Appello di Catanzaro, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza di NOME COGNOME, intesa riconoscimento della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., i relazione a reati separatamente giudicati in sede di cognizione e, segnatamente, quelli oggetto delle sentenze di cui ai n. 3), 4), 5), 7) e 8) del provvedimento esecuzione di pene concorrenti allegato all’istanza stessa.
La Corte territoriale – rilevato che con precedente provvedimento il giudice dell’esecuzione aveva già ritenuto unificate ai sensi dell’art. 81 cod. pen. sentenze di cui ai n. 1), 2) e 6) del provvedimento di esecuzione di pene concorrenti, l’ha dichiarata inammissibile, limitatamente alle sentenze indicate ai n. 3) e 4) del menzionato cumulo, in quanto già oggetto di rigetto; ha, poi, escluso l’unitaria e anticipata ideazione tra i fatti di cui alle sentenze indica n. 5), 7) e 8) del medesimo provvedimento.
In particolare, ha ritenuto le associazioni giudicate con le sentenze sub. 5) 8) disomogenee rispetto a quella per la quale COGNOME era stato condannato con la sentenza sub 2), affermando che ci si trovasse in presenza di «un percorso associativo del tutto discontinuo e altalenante, caratterizzato da un continu rinnovarsi ed aggiustarsi di quell’originario pactum sceleris originariamente sposato, secondo un percorso che non può dirsi affatto fisiologico ed originariamente previsto e prevedibile». A riprova di tanto ha posto il mutevole ruolo di COGNOME «all’interno del sodalizio malavitoso facente capo sempre alla sua famiglia», dapprima di vertice, quindi di mero partecipe, infine nuovamente con poteri di primazia.
Giusta la tesi del giudice dell’esecuzione, il percorso dell’associazione era stato «negli anni segnato da una serie di eventi traumatici, alleanze, omicidi, pentimenti, che hanno portato una discontinuità nella vita del gruppo e la necessità di continui cambi di rotta nel programma associativo».
Su tale giudizio inciderebbero altresì le cesure temporali tra le diverse condanne, peraltro intervallate da periodi di detenzione.
Per ciò che riguarda la condanna sub 7), inerente al delitto di cui all’art. d. P.R. n. 309 del 1990 aggravato dall’agevolazione mafiosa, il Giudice dell’esecuzione ha ritenuto che COGNOME fosse impegnato nel settore degli stupefacenti in maniera autonoma rispetto al contesto associativo dedito al narcotraffico per cui era stato condannato con gli altri provvedimenti e – anche sulla scorta del precedente rigetto dell’applicazione della disciplina del continuazione con altra ipotesi temporalmente contigua a quella oggetto dell’istanza – l’ha respinta.
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Ricorre COGNOME per cassazione, tramite il difensore di fiducia e deduce, con un unico articolato motivo, la violazione dell’art. 81 cod. pen.
2.1. La Corte territoriale avrebbe trascurato di valorizzare chiari indici dell sussistenza dell’unicità ideativa, consistiti nell’identità del titolo di nell’identità della condotta (trattandosi della partecipazione a sodalizio mafios che lo stesso provvedimento reputa sia il medesimo) e nella consecutività dei diversi intervalli temporali con riferimento ai quali il ricorrente ha riport condanna nei separati procedimenti penali, intervallati esclusivamente da arresti ovvero detenzioni. A tal proposito evidenziava come la lettura delle sentenze di merito desse contezza del fatto che COGNOME avesse continuato a impartire direttive nonostante lo stato detentivo.
In tale cornice, l’affermazione contenuta nell’ordinanza impugnata secondo cui vi fosse stata una «evidente discontinuità nella vita del gruppo» sarebbe un’affermazione apodittica e, di più, contraria alle risultanze delle sentenze merito.
Per le medesime considerazioni, rimarcato che il sodalizio mafioso per cui il ricorrente era stato più volte condannato era dedito anche alla commissione di reati in materia di stupefacenti e sottolineato l’avvenuto riconoscimento della continuazione tra i delitti di cui all’art. 416-bis cod. pen., 74 e 73 d.P.R. n. del 1990 di cui alla sentenza sub 1) del provvedimento di esecuzione di pene concorrenti, ribadiva l’erroneità del provvedimento di rigetto, anche con riferimento alla sentenza sub n. 7).
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, intervenuto con requisitoria scritta, ha prospettato il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Il riconoscimento della continuazione necessita di un’approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e d bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità dell condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi re
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risultino comunque frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074).
Con peculiare riguardo alla configurabilità del vincolo della continuazionetra più condanne per il reato diassociazione per delinquere di stampo mafioso – si è chiarito – non è sufficiente il riferimento alla tipologia del reato e all’omogene delle condotte, ma occorre una specifica indagine sulla natura dei vari sodalizi, sulla loro concreta operatività e sulla loro continuità nel tempo, al fine accertare l’unicità del momento deliberativo e la sua successiva attuazione attraverso la progressiva appartenenza del soggetto a una pluralità di organizzazioni ovvero ad una medesima organizzazione (ex multis, Sez. 6, n. 51906 del 15/09/2017, COGNOME, Rv. 271569).
Con specifico riferimento alla rilevanza della carcerazione come evento interruttivo dell’unicità del disegno criminoso è stato, dunque, affermato che «nella fase esecutiva, la detenzione in carcere o altra misura limitativa dell libertà personale, subita dal condannato tra i reati separatamente giudicati, no è di per sé idonea a escludere l’identità del disegno criminoso e non esime, pertanto, il giudice dalla verifica in concreto di quegli elementi in grado rivelare la preordinazione di fondo che unisce le singole violazioni» (Sez. 1, n 37832 del 05/04/2019, COGNOME Samuel, Rv. 276842). Nella peculiare materia dell’associazione di tipo mafioso, inoltre, «il principio secondo cui l’identità disegno criminoso del reato continuato viene meno per fatti imprevedibili, quali
Nell’ambito di tale valutazione possono assumere rilievo anche i periodi di detenzione subiti, considerato che la pena detentiva, nel nostro sistema ordinamentale, è funzionale alla rieducazione ed al reinserimento del condannato nel tessuto sociale, che dovrebbe implicare la rescissione dei legami del condannato con ogni ambiente criminale. E, tuttavia, in materia di criminalità organizzata è stato più volte accertato che la detenzione non riesce ad interrompe la condotta partecipativa (Sez. 6, n. 1162 del 14/10/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282661), sicché si è condivisibilmente affermato che il sopravvenuto stato detentivo non determina la necessaria e automatica cessazione della partecipazione al sodalizio, atteso che la relativa struttur caratterizzata da complessità, forti legami tra gli aderenti e notevole spessor dei progetti delinquenziali a lungo termine – accetta il “rischio” di periodi detenzione degli aderenti, soprattutto in ruoli apicali, alla stregua di eventuali che, da un lato, attraverso contatti possibili anche in pendenza di detenzione non ne impediscono la partecipazione alle vicende del gruppo ed alla programmazione delle sue attività e, dall’altro, non ne fanno venir meno la disponibilità a riassumere un ruolo attivo alla cessazione del forzato impedimento (Sez. 2, n. 8461 del 24/01/2017, De Notaris, Rv. 269121). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
la detenzione o la condanna, non trova applicazione automatica, sicché, in tal caso, il vincolo della continuazione può essere egualmente riconosciuto se vi è prova che il segmento della condotta associativa successiva a un evento interruttivo, costituito da fasi di detenzione o da condanne, trovi la sua spin psicologica nel pregresso accordo in favore del sodalizio criminoso» (sez. 2, n. 16560 del 23/02/2023, Monti, Rv. 284525).
A tali principi non si è attenuta la Corte di appello che, pur dandone formalmente atto, ha in primo luogo trascurato il già avvenuto riconoscimento della continuazione tra le sentenze di cui ai n. 1), 2) e 6) del cumulo, c conseguente affermazione della sussistenza di un’unitaria e antecedente deliberazione tra fatti di 416-bis cod. pen. 74 e 73 d.P.R. n. 309 del 1990, rea di estorsione, un duplice omicidio, infine più reati in materia di armi, compresi i un arco temporale che va dal 2000 al 2003.
Con l’ordinanza impugnata si è negata la continuazione con riferimento a condotte di partecipazione a un sodalizio, ivi definito “familiare”, contestate da 2005 al 2008 (sentenza n. 5) e dal 2009 (sentenza n. 8), sulla scorta d affermazioni generiche e assertive (laddove si evidenzia che vi sarebbe stata una non meglio individuata discontinuità della vita del gruppo a causa di «alleanze, omicidi, pentimenti»), oltre che errate (nella parte in cui si eleva a ind dell’insussistenza della continuazione il ruolo altalenante rivestito dall’ista nell’ambito del sodalizio).
Ricordato il principio secondo cui «In tema di associazione di tipo mafioso, non comportano soluzione di continuità nella vita dell’organizzazione né i fisiologici avvicendamenti strutturali interni, né l’estensione dell’attività crimin alla commissione di reati di altra specie, né l’ampliamento o la riduzione dell’ambito territoriale di operatività, sicché, per affermare che a un’associazion ne segua una diversa, richiedente l’accertamento ex novo degli elementi costitutivi del reato, occorre la prova che la seconda organizzazione sia scaturita da un diverso patto criminale, oppure che quella originaria abbia definitivamente cessato di esistere a causa di un preciso evento traumatico, generatore di discontinuità nel programma associativo», ciò che è mancato nel caso che ci occupa è un’adeguata analisi su tali profili, avendo il giudice dell’esecuzion escluso il vincolo della continuazione tra reati associativi relativi alla medesim organizzazione criminale sulla base di un asserito mutamento nel tempo del ruolo rivestito dall’istante e di asseriti ma non indicati eventi traumatici, se accertare l’eventuale avvenuta adesione a un nuovo pactum sceleris ovvero senza indicare una discontinuità nel programma criminoso.
Né – diversamente da quanto si legge nell’ordinanza – tale discontinuità può dirsi attestata dalle cesure temporali tra i periodi per i quali è condanna e d periodi di detenzione intermedia, poiché – come già rimarcato – il vincolo della continuazione non è incompatibile con la commissione di reati permanenti la cui consumazione sia frammentata da eventi interruttivi costituiti da fasi di detenzione o da condanne, qualora il segmento della condotta associativa successiva all’evento interruttivo trovi la sua spinta psicologica nel pregress accordo per il sodalizio.
Il provvedimento impugnato dev’essere, pertanto, annullato con rinvio per nuovo esame alla luce dei superiori principi al fine di verificare sia l’eventua sussistenza della continuazione tra le condanne per i reati associativi, sia co riferimento al reato di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, aggravato d metodo mafioso, di cui alla sentenza n. 7).
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di appello di Catanzaro.
Così deciso, il 5 ottobre 2023
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