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Reato continuato: la decisione sul correo non basta

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condannato che chiedeva il riconoscimento del reato continuato tra un delitto associativo e reati di spaccio. La Corte ha stabilito che la concessione del medesimo beneficio a un coimputato, pur costituendo un elemento di novità, non comporta l’estensione automatica della decisione. È necessaria una valutazione individuale che, nel caso di specie, ha escluso l’esistenza di un unico disegno criminoso, data la natura estemporanea e improvvisata del contributo del ricorrente a uno dei reati.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato Continuato: Perché la Sorte del Coimputato Non È Decisiva

Il concetto di reato continuato, disciplinato dall’articolo 81 del codice penale, rappresenta una figura giuridica di grande rilevanza pratica, poiché consente di unificare sotto un’unica pena più reati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Ma cosa succede se un coimputato ottiene questo beneficio e un altro no? Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 47361 del 2024, offre chiarimenti fondamentali su questo punto, sottolineando la natura strettamente personale della valutazione.

I Fatti del Caso

Un soggetto, già condannato con due distinte sentenze per reati di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti e per specifici episodi di spaccio, presentava un’istanza al giudice dell’esecuzione per ottenere l’applicazione della disciplina del reato continuato. La sua richiesta era già stata rigettata in passato. A sostegno della nuova istanza, adduceva un elemento di novità: il riconoscimento del vincolo della continuazione a favore di un suo coimputato per i medesimi reati. Secondo il ricorrente, questo fatto nuovo avrebbe dovuto indurre la Corte di Appello a riconsiderare la sua posizione, estendendo anche a lui il beneficio. Tuttavia, la Corte di Appello di Napoli respingeva nuovamente la richiesta, spingendo il condannato a ricorrere in Cassazione.

La Posizione della Corte di Cassazione sul Reato Continuato

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. I giudici di legittimità hanno ribadito un principio consolidato: sebbene sia possibile riproporre un’istanza già respinta in fase esecutiva in presenza di nuovi elementi di fatto o di diritto, la decisione favorevole ottenuta da un concorrente nel reato non è, di per sé, sufficiente a garantire lo stesso esito per gli altri.

Le Motivazioni della Sentenza

Il cuore della decisione risiede nella natura squisitamente individuale della valutazione del “medesimo disegno criminoso”. La Corte ha spiegato che gli elementi che hanno portato al riconoscimento del reato continuato per il coimputato non possono essere automaticamente estesi al ricorrente.

Le motivazioni della Corte si articolano su più punti:

1. Valutazione Personale: L’esistenza di un unico programma criminoso deve essere accertata con riferimento alla posizione psicologica di ogni singolo concorrente. Non è detto che tutti i membri di un’associazione criminale condividano lo stesso identico piano per ogni reato-fine.
2. Carattere Estemporaneo del Contributo: Nel caso specifico, è emerso che la partecipazione del ricorrente a uno degli episodi di spaccio non era stata programmata sin dall’inizio, ma era avvenuta in modo “estemporaneo” e “improvvisato” per risolvere una contingenza imprevista. Mancava, quindi, quella deliberazione iniziale che unifica i diversi reati.
3. Diversità di Ruoli: La Corte ha dato rilievo anche al diverso ruolo ricoperto dai due soggetti all’interno del sodalizio criminale. Una posizione subalterna, come quella del ricorrente, può implicare un diverso atteggiamento psicologico rispetto a chi ha un ruolo di vertice, rendendo meno plausibile la preordinazione di tutti i reati-scopo sin dal momento dell’adesione all’associazione.

In sostanza, aderire a un programma generico di un’associazione criminale non significa automaticamente aver pianificato ogni singola azione futura. La prova del reato continuato richiede di dimostrare che il reato-scopo fosse già parte della deliberazione originaria che ha spinto il soggetto a commettere il primo reato o ad associarsi.

Le Conclusioni

La sentenza in esame rafforza un principio cardine del diritto penale: la responsabilità è personale. L’applicazione dell’istituto del reato continuato non è un automatismo derivante dalla partecipazione a un medesimo contesto criminale, ma il risultato di un’attenta analisi sulla volontà e sulla programmazione del singolo individuo. Per i professionisti del diritto e per i loro assistiti, ciò significa che l’istanza per il riconoscimento della continuazione deve essere supportata da elementi specifici e personali, che dimostrino come ogni reato sia stato una tessera di un mosaico criminoso ideato sin dall’origine, senza poter fare esclusivo affidamento sulle sorti processuali più fortunate di un coimputato.

Una richiesta di applicazione del reato continuato, già respinta, può essere ripresentata?
Sì, è possibile presentare una nuova istanza al giudice dell’esecuzione, a condizione che si prospettino nuovi elementi di fatto o nuove tematiche giuridiche che non erano stati presi in considerazione nella precedente decisione.

Se un mio coimputato ottiene il riconoscimento del reato continuato, questo vale anche per me?
No, non automaticamente. La decisione favorevole per un coimputato costituisce un “elemento di novità” che permette di chiedere una nuova valutazione, ma il giudice dovrà comunque accertare in modo autonomo e individuale se anche per te sussisteva un medesimo disegno criminoso.

Perché nel caso esaminato dalla sentenza è stato negato il reato continuato?
È stato negato perché la Corte ha ritenuto che la partecipazione del ricorrente a uno dei reati non fosse stata pianificata fin dall’inizio, ma fosse avvenuta in modo improvvisato per far fronte a una situazione imprevista. Mancava quindi la prova di una programmazione unitaria di tutti i reati contestati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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