Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 47361 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 47361 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a NAPOLI il 02/01/1969
avverso l’ordinanza del 10/04/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata nel preambolo, la Corte di appello di Napoli ha rigettato l’istanza con cui NOME COGNOME aveva chiesto applicarsi la disciplina della continuazione in relazione ai reati giudicati dalle sentenze emesse:
1) dalla Corte di appello di Roma in data 12 febbraio 2018 (condanna per il reato di cui all’art. 73, commi 1, 4 e 6, d.P.R. n. 309 del 1990, commesso dal 7 al 9 luglio 2013 in concorso con NOME COGNOME NOME e NOME COGNOME):
2) dalla Corte di appello di Napoli, in data 27 maggio 2020 (condanna per il reato associativo di cui all’art. 74, comma 2, nonché per il reato di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. 309 del 1990, accertati nell’anno 2010, nell’aprile 2014 e
permanenti nell’atto del giudizio, commessi in concorso con NOME COGNOME NOME e NOME COGNOME).
A ragione della decisione la Corte partenopea osserva che l’elemento di novità dedotto, rappresentato principalmente dall’ordinanza, in data 31 ottobre 2022, con cui era stata accolta la richiesta avanzata ex art. 671 cod. proc. pen. per i medesimi reati dal concorrente NOME COGNOME non consente di rivisitare in termini favorevoli al condannato la pregressa decisione negativa adottata dalla medesima autorità giudiziaria su identica questione, con ordinanza del 17 luglio 2023.
2. Ricorre COGNOME, per il tramite del suo difensore di fiducia, sviluppando un unico motivo con cui deduce violazione di legge in relazione agli artt. 81 cod. pen. e 125 cod. proc. pen. nonché vizio di motivazione, con particolare riferimento all’omessa valutazione critica dell’ordinanza che ha accolto la richiesta di riconoscimento della continuazione avanzata da NOME COGNOME coimputato (li cte-ik COGNOME nelle violazioni oggettoc›-I-e sentenze sub 1) e 2).
Sostiene il ricorrente che la Corte distrettuale, nel rigettare la domanda, non ha correttamente applicato i principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità, in tema di continuazione pur correttamente richiamati, ed è, comunque, incorsa in plurimi errori di natura logica.
Non ha adeguatamente valutato l’ordinanza allegata come elemento di novità assertivamente tacciando di genericità il suo impianto motivazionale.
Ha ritenuto decisivo il diverso ruolo svolto da COGNOME e da COGNOME all’interno della medesima compagine associativa, senza spiegare le ragioni per le quali la subalternità di COGNOME a COGNOME ed COGNOME implichi automaticamente un diverso atteggiamento psicologico rispetto alla consumazione del reato oggetto della sentenza sub 1) nonostante COGNOME, al pari dei due correi, nella qualità di partecipe del reato associativo era comunque in grado di ideare, programmare ed eseguire tutti i reati fine.
Ha enfatizzato, in stridente contrasto con le argomentazioni espresse nell’ordinanza che ha riconosciuto la continuazione tra le violazioni ascritte a COGNOME, il carattere estemporaneo del contributo formato da COGNOME alla consumazione del reato giudicato dalla sentenza sub 1), trascurando che anche COGNOME era stato coinvolto nell’attività delittuosa con le medesime modalità, a seguito di un evento imprevisto.
Ha illogicamente sostenuto che in virtù del ruolo subalterno, l’adesione al programma illecito dell’associazione da parte di NOME non poteva includere l’adesione anche ai traffici compiuti in territorio romano.
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CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non supera il vaglio di ammissibilità proponendo o censure ch denunciano solo formalmente il vizio di violazione di legge, risolvendosi, ne sostanza, nella sollecitazione di apprezzamenti in fatto, estranei al giudi legittimità, oppure vizi motivazionali manifestamente infondati.
In premessa, va ricordato che tutti i provvedimenti del giudic dell’esecuzione, compresi quelli in materia di continuazione, una volta diven formalmente irrevocabili, perché non impugnati o per il rigetto dell’impugnazion proposta, impediscono una nuova pronuncia sul medesimo “petitum”, non in termini assoluti e definitivi, ma soltanto allo stato delle questioni trat carattere relativo di tale preclusione si desume agevolmente dall’art. 666, com 2, cod. proc. pen. che commina l’inammissibilità della domanda se mera riproposizione di una richiesta “basata sui medesimi elementi”.
E’, dunque, consentito investire il giudice dell’esecuzione di istanze av identico “petitum” a condizione che si rappresentino nuove tematiche giuridiche nuovi dati di fatto, sia sopravvenuti, sia preesistenti, ma non esposti e non in considerazione nella decisione antecedente (Sez. U, n. 40151 del 19/04/2018 Avignone, in motivazione; Sez. 1, n. 9780 del 11/01/2017, COGNOME, Rv. 269421; Sez. 1, n. 19358 del 05/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269841; Sez. 3, n. 6051 del 27/09/2016, dep. 2017, Barone, Rv. 268834; Sez. 3, n. 5000 del 01/07/2014, COGNOME e altro, Rv. 261394;).
Muovendo da questa corretta premessa in diritto, la Corte di appello ha approfonditamente esaminato l’elemento di novità dedotto dal condannato, pervenendo, attraverso un percorso motivazionale scevro da vizi logici e incongruenze, alla conclusione che esso non consente di rivisitare la preceden decisione con cui è stata rigettata l’istanza di riconoscimento del vincolo continuazione.
Al riguardo ha osservato che gli elementi fattuali e gli argomenti di nat logica valorizzati nell’ordinanza, in data 31 ottobre 2022, con cui il Giu dell’esecuzione, adito dal coimputato NOME COGNOME aveva riconosciuto ex art. 671 cod. proc. pen. il vincolo della continuazione tra i reati oggetto delle sentenze sub 1) e 2), non possono automaticamente essere estesi all’odiern ricorrente al fine di dimostrare che anche lui ha commesso gli stessi reat esecuzione del medesimo disegno criminoso.
1 /7 Dlingono in senso contrario, quindi nel senso dell’autonomia e diversità de deliberazioni relative a ciascun reato, il carattere estemporaneo d
partecipazione di Onorato all’acquisto della partita di hashish oggetto della sentenza sub 1) e l’assenza di elementi che possano in qualche modo far risalire il concepimento del contributo concorsuale reso da quest’ultimo in una vicenda temporalmente collocabile nel luglio dell’anno 2013 quanto meno al momento della sua adesione al sodalizio, che aveva iniziato ad operare sin dall’anno 2010 .
COGNOME, infatti, non aveva partecipato alle fasi, di ideazione, organizzagone e preparazione del reato di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, ma era stato chiamato in causa estemporaneamente per risolvere un problema pratico insorto a causa di uan sopràv ‘enuta contingenza. Per di più, aggiunge l’ordinanza 11. 4″ 0 4 i ) GLYPH impugagita, NOME e NOME COGNOME rivestivano all’interno dell’associazione dedita al narcotraffico un ruolo diverso.
In tale contesto, mentre può affermarsi che NOME, all’epoca di consumazione del reato di cui alla sentenza sub 1), condivideva il generico programma delinquenziale dell’associazione dedita al narcotraffico, deve invece, escludersi che egli abbia commesso tale reato -scopo, così come richiesto dall’ari:. 81, secondo comma, cod. pen., in esecuzione della medesima deliberazione che lo aveva spinto a commettere il reato associativo; difetta, infatti, la prova che la sua partecipazione, improvvisata ed imprevista, all’acquisto di hashish nel luglio 2013 sia stata previamente programmata, sia pure nelle linee essenziali insieme, insieme con l’adesione all’associazione oggetto della sentenza sub 2).
A tale ragionamento il ricorrente ne oppone un altro, prospettato come più plausibile, fondato sulle medesime emergenze fattuali di cui, tuttavia, si offre una lettura alternativa in termini non consentiti nel giudizio di legittimità.
In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen.; alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle pese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle E- 0 7hmmende.
Così deciso, in Roma 7 novembre 2024.