Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 45303 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 45303 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a SAN GIORGIO IONICO il 09/06/1964
avverso l’ordinanza del 18/06/2024 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di TARANTO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore
generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.,
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Lecce – Sez. dist. di Taranto rigettava l’istanza tendente ad ottenere l’applicazione, ex art. 671 cod. proc. pen., della disciplina del reato continuato in ordine alle pene irrogate a NOME COGNOME per i reati di minaccia, detenzione e porto illegale di arma comune da sparo, giudicati con sentenza irrevocabile il 15 ottobre 2013, e per quello di trasferimento fraudolento di valori, giudicato con sentenza irrevocabile il 20 dicembre 2019.
Avverso l’ordinanza propone ricorso per cassazione NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, denunziando esclusivamente violazione di legge.
Deduce che la Corte di appello, disattendendo il disposto di cui all’art. 81, cod. pen., ha inteso svalutare il dato dell’unicità del movente alla base dei reati separatamente giudicati, pur rientrando esso fra gli indicatori del medesimo disegno criminoso, secondo quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità.
La motivazione non ha considerato gli altri indicatori tutti in concreto, nel senso che i fatti commessi in danno di NOME COGNOME giudicati con sentenza irrevocabile il 15 ottobre 2013, era stati deliberati, pur nelle loro linee essenziali al momento dell’interposizione fittizia giudicata con sentenza irrevocabile il 20 dicembre 2019.
Invero, “prima del marzo 2011”, quando tale condotta delittuosa giungeva ormai verso la sua consumazione con riguardo all’affidamento della concessione per svolgere l’attività di ristorazione tramite intestazione fittizia, il ricorrente ave avuto contatti con NOME COGNOME, suo concorrente, per i problemi connessi alla stessa attività di cui sopra, da cui sarebbe derivata l’esecuzione degli altri reati, secondo il disegno rivolto a tutelare l’investimento di cui all’illecita intestazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve ritenersi infondato per le ragioni di seguito illustrate.
Il reato di trasferimento fraudolento di valori – che ha natura istantanea risulta ideato, seguendo l’intera descrizione motivazionale, non dopo il 6.9.2010, data dell’aggiudicazione provvisoria della concessione a nome della moglie del ricorrente comportante già la fittizia intestazione; mentre gli altri reati vengono indicati come commessi solamente il 16.3.2011. Il provvedimento correttamente rileva che questi ultimi, ai fini della continuazione, dovrebbero ricondursi a una deliberazione unitaria risalente a prima dell’inizio dell’esecuzione dell’altro reato,
cioè oltre cinque mesi prima la data della loro consumazione. Spiega altresì ragionevolmente che le circostanze concrete consentivano di escludere tale ricostruzione, tanto più che la decisione del ricorrente di passare alle vie di fatto nei confronti di chi risultava abilitato a concorrere nella stessa attività, manifestava solo il giorno prima del 16.3.2011, scaturendo dalla sopravvenienza relativa all’intenzione della vittima di dare corso alla sua iniziativa nel settore.
I restanti ragionamenti di merito danno appropriatamente conto della valutazione complessiva in materia richiesta dalla giurisprudenza di legittimità (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074 – 01), ben comprendendosi, alla stregua della lettura dell’intera motivazione, le ragioni della svalutazione della comune causale, così come appare chiaramente rappresentato che il riferimento all’occasionalità della condotta ribadisce solo la considerazione secondo cui le finalità lucrative, già perseguite con il primo reato nel 2010, costituivano unicamente il movente degli altri reati in seguito deliberati. Né si comprende che rilevanza possano assumere, al fine di smentire la suddetta ricostruzione di merito, i riferimenti difensivi alla semplice conoscenza e all’esistenza di mere discussioni fra il ricorrente e la vittima, prima del marzo 2011.
La decisione, pertanto, non incorre nella violazione di legge denunziata, né del resto presenta vizi motivazionali che possano determinarne l’annullamento.
Il ricorso va dunque rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 07/11/2024.