Reato Continuato: Come Unificare le Pene in Fase Esecutiva
L’istituto del reato continuato rappresenta un principio di equità e proporzionalità nel diritto penale, volto a mitigare il trattamento sanzionatorio per chi commette più reati sotto l’impulso di un unico disegno criminoso. Una recente pronuncia della Corte di Cassazione (Sentenza n. 26868/2025) offre lo spunto per analizzare come questo principio possa essere applicato anche dopo che le condanne sono diventate definitive, in fase esecutiva.
I Fatti di Causa
Il caso sottoposto all’esame della Suprema Corte riguarda una persona condannata con due sentenze separate e divenute irrevocabili.
La prima condanna, risalente al 2021, riguardava il reato di furto in abitazione (art. 624-bis c.p.) e prevedeva una pena di due anni e otto mesi di reclusione, oltre a una multa.
La seconda condanna, divenuta definitiva nel 2024, era per il reato di danneggiamento (art. 635 c.p.) e comportava una pena di dieci mesi di reclusione.
Successivamente, la difesa del condannato si è rivolta alla Corte d’Appello di Salerno, in funzione di giudice dell’esecuzione, chiedendo il riconoscimento del vincolo della continuazione tra i due reati. L’obiettivo era ottenere una rideterminazione della pena complessiva, applicando il più favorevole regime del cumulo giuridico anziché quello del cumulo materiale delle pene.
La Decisione della Corte d’Appello e la Disciplina del Reato Continuato
La Corte d’Appello ha accolto la richiesta, riconoscendo che i due reati erano stati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Di conseguenza, ha proceduto a unificare le pene, applicando l’aumento per la continuazione alla pena per il reato più grave, come previsto dalla legge.
Questa decisione si fonda sull’articolo 671 del codice di procedura penale. Tale norma consente al condannato, che ha riportato più sentenze di condanna per reati diversi, di chiedere al giudice dell’esecuzione l’applicazione della disciplina del reato continuato, qualora questa non sia stata riconosciuta nel processo di cognizione. Si tratta di un’importante valvola di sicurezza del sistema, che permette di correggere e adeguare la sanzione penale anche dopo il passaggio in giudicato delle sentenze.
I Presupposti per l’Applicazione in Fase Esecutiva
Perché il giudice dell’esecuzione possa riconoscere il vincolo della continuazione, è necessario dimostrare l’esistenza di un “medesimo disegno criminoso”. Questo concetto implica che i diversi reati non siano frutto di decisioni estemporanee e occasionali, ma che siano stati concepiti e programmati sin dall’inizio come parte di un unico piano. Gli elementi che il giudice valuta per accertare tale presupposto includono:
* La distanza temporale tra i fatti.
* L’omogeneità delle modalità esecutive.
* La natura dei reati e i beni giuridici lesi.
* Il contesto in cui le azioni sono state realizzate.
Le Motivazioni della Corte
Le motivazioni che guidano la Corte di Cassazione in casi come questo si incentrano sulla verifica della corretta applicazione dei principi che regolano il reato continuato. La Corte è chiamata a valutare se il giudice dell’esecuzione abbia fornito una motivazione logica e congrua circa la sussistenza del medesimo disegno criminoso. Non si tratta di riesaminare i fatti nel merito, ma di controllare la legittimità del ragionamento seguito dalla corte territoriale.
Il fulcro dell’analisi risiede nella distinzione tra una mera successione di reati e un’unica programmazione criminosa. L’unicità del disegno criminoso richiede una deliberazione iniziale che abbracci, almeno nelle linee generali, la commissione di una serie di violazioni. La Corte verifica quindi se la decisione impugnata abbia adeguatamente ponderato gli indici sintomatici di tale programmazione, evitando automatismi e basando la propria valutazione su elementi concreti emersi dagli atti processuali.
Le Conclusioni
La possibilità di far valere il vincolo della continuazione in fase esecutiva rappresenta una garanzia fondamentale per il condannato. Essa assicura che la pena complessiva sia proporzionata non solo alla gravità dei singoli reati, ma anche all’unicità dell’impulso criminale che li ha generati. Questo istituto permette di evitare che la frammentazione dei procedimenti penali si traduca in un trattamento sanzionatorio eccessivamente severo e sproporzionato.
In conclusione, la pronuncia in esame ribadisce l’importanza del ruolo del giudice dell’esecuzione come custode della legalità della pena nel suo complesso. La decisione di riconoscere il reato continuato anche a distanza di tempo dalle condanne definitive conferma che il sistema giuridico offre strumenti per rimediare a eventuali mancate valutazioni durante il processo, garantendo che la sanzione finale rispecchi fedelmente il disvalore complessivo del fatto, in linea con i principi costituzionali di rieducazione e proporzionalità della pena.
Che cosa è il vincolo della continuazione?
È un istituto giuridico che consente di unificare più reati, commessi in esecuzione di un unico piano criminoso, considerandoli come un unico reato più grave aumentato di una quota per i reati ‘satellite’. Questo porta a una pena complessiva inferiore rispetto alla somma aritmetica delle pene per ogni singolo reato.
È possibile chiedere l’applicazione del reato continuato dopo la condanna definitiva?
Sì, l’articolo 671 del codice di procedura penale permette di presentare un’istanza al giudice dell’esecuzione per ottenere il riconoscimento del vincolo della continuazione anche dopo che le sentenze di condanna sono diventate irrevocabili.
Quali reati erano oggetto della richiesta di unificazione nel caso di specie?
I reati per cui è stato richiesto e ottenuto il riconoscimento del vincolo della continuazione erano un furto in abitazione, previsto dall’art. 624-bis del codice penale, e un danneggiamento, previsto dall’art. 635 del codice penale.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 26868 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 26868 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/05/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente sul ricorso proposto da:
avverso l’ordinanza del 25/02/2025 della Corte d’appello di Salerno udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME
Con l’ordinanza in preambolo, la Corte di appello di Salerno, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha accolto la richiesta formulata nell’interesse di NOME COGNOME tesa al riconoscimento del vincolo della continuazione ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., in relazione a reati separatamente giudicati in sede di cognizione e, segnatamente, con la sentenza della Corte di appello di Salerno in data 12 novembre 2020, irrevocabile il 7 ottobre 2021 di condanna alla pena di due anni e otto mesi di reclusione ed euro 800,00 di multa, per il reato di cui all’art. 624bis cod. pen. ela sentenza della Corte di appello di Salerno in data 11 aprile 2023, irrevocabile il 12 luglio 2024, di condanna alla pena di dieci mesi di reclusione, per il reato di cui all’art. 635 cod. pen.
– Relatore –
Sent. n. sez. 1565/2025
CC – 06/05/2025
R.G.N. 9224/2025