Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 19717 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 19717 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: RAGIONE_SOCIALE REPUBBLICA PRESSO TRIBUNALE DI LECCE nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME NOME a GALLIPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 08/02/2023 del TRIBUNALE di LECCE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che si è riportato alla requisitoria già depositata per l’udienza del 13 ottobre 2023, con le quali ha chiesto il rigetto del ricorso del Procuratore generale.
RITENUTO IN IFATTO
1.Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Lecce, in Funzione di giudice dell’esecuzione, ha riconosciuto il vincolo della continuazione tra i reati di truff giudicati con ventisei sentenze di condanna, emesse a carico di NOME COGNOME, alcune delle quali (quelle dal n. 1 al 20 del provvedimento impugNOME) relative a fatti già ritenuti avvinti dal vincolo della continuazione, ex art. 671 cod. pro pen., con precedente ordinanza del Tribunale di Lecce, resa in data 13 luglio 2019, tutte relative a reati di truffa on line perpetrati, dal 2009 al 2014, attraverso tre siti intemet, irrogando la complessiva pena di anni tre mesi nove di reclusione ed euro tremila di multa.
2.Avverso detto provvedimento propone tempestivo ricorso il Pubblico ministero presso il Tribunale di Lecce denunciando erronea applicazione di legge penale e vizio di motivazione.
Si deduce che, dall’esame delle sentenze concernenti i fatti reato commessi e giudicati con le sentenze indicate ai numeri da 21 a 26, emerge che si tratta di reati commessi in tutte le regioni dello Stato’ in un arco temporale apprezzabile dalla data del 17 marzo 2008 per il reato consumato in Reggio Calabria oggetto della sentenza indicata al n. 12, alla data del 27 maggio 2014 ; relativamente alla truffa perpetrata in Gallipoli, oggetto della sentenza di cui al n. 24.
Si tratta, secondo il ricorrente, di fatti che depongono per una condotta di vita dedita al crimine, espressione di un’abitualità nella commissione di reati contro il patrimonio facilmente individuabile perché si tratta di condotta diretta a vivere, a tempo indetermiNOME, dei proventi del reato.
Il ricorrente deduce che non risulta indicato, nel provvedimento impugNOME, alcun elemento da cui desumere l’esistenza di un unico impulso criminoso, esistente ab origine, in base al quale possono ritenersi deliberate e volute anche per grandi linee, tutte le condotte oggetto delle sentenze da n. 21 al 26.
Il raffronto delle date di commissione dei reati, dal 2008 al 2014, i diversi luoghi di consumazione degli stessi, offrono argomenti sufficienti per ritenere che questi non potevano essere progettati già all’epoca della commissione del primo reato, a meno di non voler ricondurre ad unità il proposito di commettere, ogni anno, un numero imprecisato di reati a tempo indetermiNOME ai danni di diverse persone offese diverse.
L’elevatissimo numero di reati commesso, in un arco temporale di oltre sei anni, avrebbe dovuto indurre il giudice ad operare un più utile raffronto fornendo
esauriente motivazione rispetto alla sussistenza dell’identità del disegno criminoso.
Infine, si rimarca che, a carico dello stesso soggetto, risultano presso la Procura della Repubblica di Lecce, ulteriori carichi pendenti anche per reati commessi negli anni 2015 e il 2017, come da certificati che si allegano al ricorso.
3.11 Sostituto Procuratore generale di questa Corte, NOME COGNOME, ha chiesto, con requisitoria scritta, il rigetto del ricorso e il Sostituto Procuratore general A. COGNOME, per la presente udienza alla quale il processo è stato rinviato per difetto di notifica, si è riportato alla precedente requisitoria in atti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato nei limiti innanzi indicati.
2.La motivazione del provvedimento impugNOME, in relazione alla ritenuta sussistenza del medesimo disegno criminoso tra i reati oggetto delle sei sentenze definitive dal n. 21 al n. 26 della richiesta, resa dal Giudice dell’esecuzione, è basata sulla non eccessiva distanza temporale fra i reati, omogenei e sulla sussistenza di precedenti provvedimenti esecutivi e di cognizione, che hanno ritenuto già la continuazione tra plurimi reati di truffa, anche se risulta apparente con riferimento alla identificazione del medesimo disegno criminoso (cfr. p.3).
Il ricorso, invece, contiene una specifica censura, scrutinabile nella presente sede di legittimità, fondata limitatamente al reato di truffa giudicato con la sentenza n. 24 della richiesta, relativa al reato di truffa commesso in data 27 maggio 2014.
2.1.Invero, come notato dal Sostituto Procuratore generale nella requisitoria scritta, fatta pervenire a questa Corte, i reati oggetto delle pronunce dalla n. 21 alla n. 26, risultano, a loro volta, commessi tra il 18 febbraio 2010 e i 27 maggio 2014 (cui risale quello giudicato con la sentenza n. 24) e, dunque, la quasi totalità di tali condotte sono ricomprese nell’arco temporale all’interno del quale era stata già riconosciuta la continuazione, con ordinanza del Tribunale di Lecce del 16 luglio 2019 (con eccezione del reato giudicato con la sentenza n. 25 che è indicato come commesso il 27 maggio 2013, comunque prossimo temporalmente a quelli giudicati con la sentenza n. 18, già riuniti in continuazione in sede esecutiva).
Risulta, altresì, che in sede di cognizione, con sentenza del 2015 pronunciata dal Tribunale di Lecce, è stata riconosciuta la continuazione tra 129 episodi di truffa on line, posti in essere tra il 2009 e il 2012.
In questa prospettiva l’ultimo reato in ordine di tempo (27 maggio 2014), di cui alla sentenza n. 24, non appare molto distante dal punto di vista temporale rispetto all’ultimo di quelli risalenti al 2013 (28 gennaio 2013 di cui alla sentenza n. 18) già ritenuto avvinto dalla continuazione, come notato dal Sostituto Procuratore generale, ma esso senz’altro risulta commesso – come dedotto dall’impugnante – dopo un amplissimo intervallo ternporale, rispetto al primo dei reati già ritenuti in continuazione in sede di esecuzione, a sua volta risalente al 17 marzo 2008.
Si osserva, quindi, che la motivazione del giudice dell’esecuzione, nel suo complesso, risulta solo in parte in linea con l’indirizzo della giurisprudenza di questa Corte di legittimità (tra le altre, Sez. 1, n. 54106 del 24/03/2017, Miele, Rv. 271903 – 01) secondo la quale il giudice dell’esecuzione, investito di una richiesta ai sensi dell’art. 671 cod. proc. peri. per il riconoscimento del vincolo della continuazione, pur godendo di piena libertà di giudizio, non può trascurare la valutazione già compiuta (nella fattispeclie in sede cognitoria) ai fini della ritenuta sussistenza di detto vincolo tra reati commessi in un lasso di tempo al cui interno si collocano, in tutto o in parte, quelli oggetto della domanda sottoposta al suo esame.
Di conseguenza, qualora non ritenga di accogliere tale domanda anche solo con riguardo ad alcuni reati, maturati in un contesto di prossimità temporale e di medesimezza spaziale, è tenuto a motivare la decisione di disattendere la valutazione del giudice della cognizione in relazione al complessivo quadro delle risultanze fattuali e giuridiche emergenti dai provvedimenti dedotti nel suo procedimento.
Invece, la sussistenza di un ampio contesto temporale tra i fatti giudicati è, per la costante giurisprudenza di legittimità, indice senz’altro negativo, da valutare necessariamente, ai fini della sussistenza del medesimo disegno criminoso (Sez. 4, n. 34756 del 17/05/2012, IMadonia, Rv. 253664 – 01 secondo la quale, in tema di continuazione, il decorso del tempo costituisce elemento decisivo sul quale fondare la valutazione ai fini del riconoscimento delle condizioni previste dall’art. 81 cod. pen., atteso che, in assenza di altri elementi, quanto più ampio è il lasso di tempo fra le violazioni, tanto più deve ritenersi improbabile l’esistenza di una programmazione unitaria predeterminata almeno nelle linee fondamentali).
2.2. Ciò premesso, si osserva che i fatti di cui alle sentenze dal n. 21 al n. 26 sono indicati come commessi in un amplissimo contesto temporale (dal 18 febbraio 2010 al 27 maggio 2014), con diverse modalità operative (iva notato che, secondo quanto emerge dalla motivazione dei provvedimenti di merito richiamati anche nel provvedimento censurato, si usano siti diversi per perpetrare le truffe, oltre che diverse risultano le persone offese dai reati), al d
là della diversità dei luoghi di consumazione dei reati individuati (trattandosi di truffe on line) che, secondo quanto dedotto in modo ineccepibile dall’impugnante, possono essere espressione di abitualità che il ricorrente documenta, anche in base a certificazione attenente ai carichi pendenti (risultando la deduzione autosufficiente, nel senso di attestare ulteriori procedimenti a carico dell’istante, per il medesimo titolo di reato, commessi negli anni 2015 e 2017).
2.3. Sicché, a fronte delle specifiche deduzioni dell’istante, esclusa la rilevata sostanziale preclusione derivante dall’avvenuto riconoscimento della continuazione tra reati in sede esecutiva e di cognizione, rispetto ai fatti giudicati con la n. 24 dell’istanza, si nota che questi non sono compresi né prossimi a quelli commessi nell’arco temporale già considerato positivamente, ai fini della continuazione, dal giudice della cognizione (dal 2009 al 2012), nonché da quello dell’esecuzione (dal 17 marzo 2018 al 28 gennaio 2013).
Dunque, l’ordinanza va annullata limitatamente al riconosciuto vincolo della continuazione rispetto al reato giudicato con tale pronuncia, per assenza assoluta di motivazione quanto alla ritenuta sussistenza del disegno criminoso tra detta condotta e la prima di quelle omogenee, commesse in data 17 marzo 2008. Su tale punto, infatti, il Giudice dell’esecuzione rende motivazione meramente assertiva (cfr. p. 3) e non tiene conto neppure della nota giurisprudenza di legittimità secondo la quale diversa è l’abitualità a commettere reati rispetto alla sussistenza di un identico disegno criminoso.
Invero, questa Corte ha affermato con indirizzo costante, richiamato dall’impugnante, che grava sul condanNOME che invochi l’applicazione della disciplina del reato continuato, l’onere di allegare elementi specifici e concreti a sostegno, non essendo sufficiente il mero riferimento alla cortiguità cronologica degli addebiti e all’identità dei titoli di reato, in quanto indici sintomatici no attuazione di un progetto criminoso unitario, quanto di un’abitualità criminosa e di scelte di vita ispirate alla sistematica e contingente consumazione degli illeciti (tra le altre, Sez. 1, n. 35806 del 20/04/2016, COGNOME, Rv. 267580).
3.Si impone pertanto, limitatamente alla pronuncia n. 24 l’annullamento dell’impugnata ordinanza per vizio di motivazione con riferimento al riconoscimento del vincolo della continuazione in relazione alla truffa commessa in data 27 maggio 2014, con rinvio per nuovo esame, limitatamente a tale punto, al Giudice dell’esecuzione competente in diversa persona fisica (Corte Cost. n. 183 del 2013), con conseguente necessità di rideterminare il trattamento sanzioNOMErio, in caso di eventuale accoglimento della richiesta, all’esito del nuovo esame. Con rigetto, nel resto, del ricorso.
Annulla la ordinanza impugnata limitatamente alla sentenza n. 24, irrevocabile in data 16/12/2019 con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Lecce. Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso il 23 febbraio 2024
Il Consigliere estensore
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Il Presidente