Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 46629 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 46629 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 26/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MILANO il 20/08/1970
avverso l’ordinanza del 20/05/2024 del TRIBUNALE di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette/sentite le conclusioni del PG
Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del dott. NOME COGNOME Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con atto rivolto al Tribunale di Milano, in funzione di giudice dell’esecuzione, veniva richiesta, nell’interesse di NOME COGNOME l’applicazione della disciplina della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., in ordine ai reati per i quali costui risultava condannato in forza delle sentenze divenute irrevocabili emesse, rispettivamente: dalla Corte di appello di Milano il 29 settembre 2022, per furti commessi fra il 12 febbraio 2016 e 111 dicembre 2016; dal Tribunale di Milano il 15 novembre 2017, per furti commessi fra il 3 e il 7 marzo 2017.
Con ordinanza del 20 maggio 2024, l’adito giudice dell’esecuzione rigettava l’istanza.
La difesa dell’interessato ha proposto ricorso per cassazione, con atto diretto ad ottenere l’annullamento della citata ordinanza. La difesa afferma che il giudice dell’esecuzione non ha applicato in modo corretto la disciplina della continuazione ma, in violazione della legge e dei principi fissati dalla giurisprudenza di legittimità in materia, ha omesso di valutare gli elementi rivelatori della sussistenza di un medesimo disegno criminoso fra i reati indicati nell’istanza.
3.1. Con il primo motivo, la difesa, richiamando l’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., deduce mancanza o manifesta illogicità della motivazione del provvedimento impugnato.
3.2. Con il secondo motivo, la difesa, richiamando l’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., deduce erronea applicazione degli artt. 81 cod. pen. e 671 cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Le censure sono tutte infondate.
1.1. L’esame dell’ordinanza dimostra che sono stati rispettati i consolidati e condivisibili principi di diritto in materia, nel compimento delle valutazioni finalizzate a verificare, in base a taluni indicatori – quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita – se
l’istante si fosse rappresentato e avesse unitariamente deliberato, almeno nelle loro linee essenziali, i reati per i quali è stato condannato con distinte sentenze (Sez. U., n. 28659 del 18/05/2017, Rv. 270074-01; Sez. 1, n. 15955 del 08/01/2016, Rv. 266615-01; Sez. 1, n. 11564 del 13/11/2012, dep. 2013, Rv. 255156-01).
1.2. Nel caso ora in valutazione, il giudice dell’esecuzione non è incorso in alcun errore di diritto e, nel motivare la negazione di un vincolo unitario della continuazione fra i reati considerati, ha reso adeguata motivazione. L’ordinanza, che pure dimostra di aver tenuto conto delle caratteristiche dei reati commessi e delle qualità soggettive dell’istante, mette in evidenza, in modo adeguato e non illogico, gli elementi in base ai quali ha ritenuto che non sussistano elementi per affermare che le condotte siano state commesse in esecuzione di un medesimo disegno criminoso unificante tutti i reati, con particolare riferimento alla distanza temporale fra quelli giudicati con la prima delle citate sentenze e quelli giudicati con l’altra.
1.3. Il giudice dell’esecuzione, quindi, ha posto in luce nell’ordinanza le ragioni che l’hanno condotto al rigetto dell’istanza. Il provvedimento supera il vaglio di legittimità demandato a questa Corte, il cui sindacato deve arrestarsi alla verifica del rispetto delle norme di diritto, delle regole della logica e della conformità ai canoni legali che presiedono all’apprezzamento delle circostanze fattuali.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, 26 settembre 2024.