Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1048 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 1048 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a GELA il 26/04/1971
avverso l’ordinanza del 22/07/2024 del GIP TRIBUNALE di GELA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, dr. NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte, con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
In data 15 novembre 2024 il difensore del ricorrente ha depositato memoria di replica alle conclusioni del Procuratore Generale ed ha insistito nelle ragioni di ricorso.
Ritenuto in fatto
1.COGNOME NOMECOGNOME tramite difensore abilitato, ha proposto ricorso per cassazion avverso l’ordinanza del giudice dell’esecuzione del Tribunale di Caltanissetta che, decidendo in sede di rinvio per effetto di annullamento della Prima sezione della Corte di Cassazione del 28 giugno
2023, ne ha rigettato l’istanza di applicazione della disciplina del reato continuato, ali s dell’art. 671 cod. proc. pen..
1.2.Più precisamente, la Prima sezione di questa Corte aveva annullato l’ordinanza con la quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Gela, in funzione di giu dell’esecuzione, in parziale accoglimento dell’istanza proposta ai sensi dell’art. 67 cod pro pen. dal Trubia, aveva unificato sotto il vincolo della continuazione i reati ocgetto de sentenze di condanna emesse dalla Corte di appello di Caltanissetta il 17 dicem ve 1997 e dalla Corte di Assise di appello di Palermo il 29 luglio 2000 ed aveva, invece, respinto l’istan con riferimento ai delitti di tentato omicidio, detenzione e porto di armi comur i da spa giudicati con la sentenza della Corte di appello di Caltanisetta dell’Il gennaio 2005. La Cor Suprema aveva tuttavia rilevato come il giudice dell’esecuzione avesse omesso di vendere in esame la sentenza emessa dal Tribunale di Gela in data 4 luglio 2018, riformata da quella resa dalla Corte di appello di Caltanisetta il 9 luglio 2019, contenuta nel provvedimento d esecuzione di pene concorrenti emesso dalla Procura della Repubblica presso il l ribunale di Gela del 22 aprile 2022, inclusa nell’istanza di continuazione.
2.Sono stati articolati due motivi di ricorso, di seguito enunciati nei limiti di stretta r ece cui all’art. 173 comma 1 disp. att. cod. proc. pen..
2.1.Con il primo motivo, è stata dedotta la nullità dell’ordinanza impugnata a norma dell’art 606 comma 1 lett. b) cod. proc. pen., emessa dal giudice NOME COGNOME la quale avrebbe già pronunciato – si riporta testualmente – “una ordinanza di rigetto in merito al sentenza emessa dalla Corte di appello di Caltanissetta in data 9 luglio 2019, irre n ocabile ed altre pregresse già riunite in continuazione prima che” la Corte di Cassazione in data 28 giugno 2023 “su ricorso della difesa avesse annullato con rinvio, con sentenza 2439/23, un’altra precedente istanza (emessa da altro Giudice), avente il medesimo oggetto e chE era stata separato oggetto di impugnazione”. Il difensore aveva vanamente invitato all’as:ensione il medesimo Giudice, che non ha ravvisato, però, ragioni di incompatibilità a pronunciarsi sulla richiesta di applicazione del reato continuato. Il provvedimento di diniego all’astensione è sta impugnato dalla difesa del COGNOME e la Corte d’appello di Caltanissetta, con ordinanza del 17 maggio 2024, ha respinto la ricusazione nonostante le pronunce della Consulta n. 7 :lel 2022 e n. 183 del 2013 riguardanti proprio il caso dell’incompatibilità del giudice che si è gi ì espre sulla medesima istanza.
2.2. Il secondo motivo, suddiviso in due paragrafi, ha denunciato il vizio di violazione di leg in relazione agli artt. 627 e 125 comma 3 cod. proc. pen.. Il giudice a quo avrebbe fatto cattivo governo degli enunciati della motivazione della sentenza della Corte d’appello di Caltanissetta del 9 luglio 2019, e, in particolare, non avrebbe tenuto conto di quanto statuito dal a Corte Cassazione, sezione prima, con sentenza del 4 giugno 2021 sui ricorsi promossi a n dverso tale ultima decisione, che ha osservato – condividendo in tal senso il giudizio della Corte l’appello
come “NOME COGNOME avrebbe L.] operato avvalendosi dei suoi legami criminali e dell’accreditamento di cui godeva anche con esponenti di cosa nostra di altri teri itori, senz quindi entrare in tensione con l’organizzazione criminale già radicata in Gela E senza per converso esserne osteggiato o contrastato”. Cioè a dire, secondo le sentenze richi 3mate dalla difesa del ricorrente, COGNOME non si sarebbe mai dissociato da Cosa Nostra gelese n )nostante il lungo periodo di detenzione e nonostante il suo personale collegamento con ‘altra neoformazione associativa mafiosa che avrebbe operato, con caratteristiche tipich a dell’agire mafioso, proprio in virtù della sua appartenenza al clan storico dei COGNOME, facente capo a gruppo COGNOME di Gela. L’ordinanza impugnata avrebbe valorizzato solo alcuni pa!saggi delle due sentenze appena citate e, in particolare, avrebbe omesso di considerare che la Corte di Cassazione, a pag. 22, ha sottolineato che grazie a COGNOME, già militante di Cosa Nostra e ad essa costantemente associato, la nuova organizzazione mafiosa avrebbe acquisito capacità di intimidazione e di produzione di assoggettamento omertoso. Nemmeno si sarebb n tenuto in conto che la nuova associazione mafiosa non si è cimentata solo nel settore della ra:colta della plastica ma, come da motivazione, si è dedicata ai delitti tipici di Cosa Nostra d Gela, pe esempio a riguardo del commercio di droga e delle estorsioni. Il giudice del rinvio n )n avrebbe rispettato il principio giurisprudenziale che esclude l’incompatibilità del vir colo continuazione con la commissione di reati permanenti la cui consumazione sia frammentata da periodi di detenzione carceraria o da condanne. In conclusione, con l’adesione a Co:.a Nostra il COGNOME non poteva non prevedere che la carica intinnidatrice da essa derivante potesse, in qualunque momento, rimediare a periodi di fibrillazione o di difficoltà e, di consegueiza, anch servire a formare un nuovo gruppo mafioso, che operasse “in franchising” rispetto alla mafia storica. Il vincolo della continuazione, si aggiunge, non è nemmeno incompatibile con la commissione di reati connessi.
Il secondo paragrafo del secondo motivo si è infine appuntato sull’omessa cd erronea valutazione, da parte del giudice dell’esecuzione, delle altre sentenze definitive in relazione a quali è già stata ritenuta la continuazione in sede esecutiva; sul punto, la difesa ha richiama giurisprudenza, in virtù della quale il giudice dell’esecuzione, chiamato al giudizio ai se dell’art. 671 cod. proc. pen., non può ignorare la valutazione già compiuta nel processo di cognizione in relazione al complesso quadro delle risultanze fattuali e giuridiche dEscritte da provvedimenti dedotti nel procedimento esecutivo.
Considerato in diritto
Il ricorso è nel complesso infondato.
1.11 primo motivo è generico e manifestamente infondato, sotto plurimi profili.
In primo luogo, il vizio afferente alla legittimazione del giudice a pronunciare il verd oggetto dell’impugnazione attiene alla previsione di cui alla lett. c) dell’art. 606 coinma 1 c proc. pen., e non di cui alla lett.b), che riguarda la violazione della legge penale scctanziale verserebbe in un caso di nullità della sentenza per inosservanza delle disposizioni concernenti le condizioni di capacità del giudice, di ordine assoluto, rilevabile anche di ufficio in ogni s grado del procedimento (artt. 178 lett. a) e 179 cod. proc. pen.);
in secondo luogo, il ricorrente afferma di aver formalizzato la dichiarazione di ricusélzione dop il diniego del primo giudice all’invito all’astensione e riconosce che la Corte d appello pronunciato ordinanza di reiezione della ricusazione, fatto processuale che legittima e facoltizza, evidentemente, il giudice ricusato a proseguire la celebrazione del pncedimento penale a lui assegnato e ad emettere il relativo provvedimento decisorio, ai sensi dell’art. comma 2 cod. proc. pen.; in questa fase, deve valere il radicato principio di diritto, secondo quale l’inosservanza delle disposizioni di cui all’art. 34 cod. proc. pen. non è deduibile co motivo di nullità della decisione in sede di gravame, potendo costituire motivo di -icusazione del giudice, ai sensi dell’art. 37, comma 1, lett. a), cod. proc. pen., percorso già praticat esaurito (tra le tante, sez. 1, n. 35216 n. 19/04/2018, Iliano, Rv. 273852);
in terzo luogo, la deduzione difetta di specificità, perché non sono state esaurientemente illustrate le circostanze che avrebbero dovuto indurre il giudice a quo a registrare la propria incompatibilità e suggerire alla Corte d’appello di accoglierne la ricusazione, ncn potend ritenersi appagante la generica e poco comprensibile citazione di una “ordinanza di rigetto in merito alla sentenza emessa dalla Corte d’appello di Caltanissetta in data 9 luglio 2019, irrevocabile ed altre pregresse già riunite in continuazione” che il medesimo giudice dell’esecuzione avrebbe redatto nell’ambito di altra, differente procedura esecutiva. E per i vero, l’ordinanza della Corte d’appello di Caltanissetta del 17 maggio 2024, allegatéi al ricors per cassazione, risulta di tutt’altro tenore, perché ha respinto l’istanza di ricusazionE sul ri secondo cui la dr.ssa COGNOME con l’ordinanza del 12 maggio 2023 resa nell’ambit) del proc. n. 6/23 reg. es ., si sarebbe occupata esclusivamente di un’opposizione ex art. 663 cod. proc. pen. ad un provvedimento di esecuzione di pene concorrenti emesso dalla Prccura della Repubblica, neppure riferito a quella comminata nella decisione della Corte d’appello di Caltanissetta del 9 luglio 2019. Del resto, le sentenze della Consulta n. 183 del 2013 e 7 de 2022 riguardano l’individuazione del giudice dell’esecuzione chiamato a decidere sulla richiesta di applicazione in sede esecutiva della disciplina del reato continuato o di rideterminazione della pena a seguito di annullamento con rinvio da parte della Corte di Cassazione, nell’ambito, dunque, del medesimo procedimento penale. Il giudice che ha pronunciato l’ordinanza impugnata è infatti diverso da quello che aveva deliberato una prima volta e la cui c ecisione è stata annullata con rinvio, ex art. 623 lett. a) cod. proc. pen., dalla prima sezione clella C di Cassazione.
Il secondo motivo è invece da ritenersi infondato.
2.1.Ritiene il collegio che il giudice dell’esecuzione, con l’ordinanza pronunciata in esit rinvio, si sia uniformato al dictum della sentenza di annullamento della Corte di Ca;sazione ed abbia colmato le lacune motivazionali da essa registrate con un tessuto espositivo sufficientemente razionale, appagante e non illogico, sottratto alle censure di stret pertinenza del sindacato di legittimità, perché, come è doveroso rimarcare, l’accertamento del requisito dell’unicità del disegno criminoso rappresenta giudizio di fatto, di competenza de giudice di merito o del giudice dell’esecuzione (sez. 1, n. 12936 del 03/12/2018, COGNOME, Rv. 275222; sez. 6, n. 49969 del 21/09/2012, COGNOME, Rv. 254006).
2.2. Mette conto rammentare che, sul tema dell’applicazione della disciplina del reato continuato nella fase esecutiva (art. 671 cod. proc. pen.), le Sezioni Unite di questa Corte sono intervenute ribadendo un principio già consolidato nella giurisprudenza di legittimità secondo i quale il riconoscimento della continuazione in executivis (non diversamente che nel rocesso di cognizione), deve necessariamente passare attraverso la rigorosa, approfondita VE rifica della sussistenza di concreti indicatori – quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sisterr aticità abitudini programmate di vita – del fatto che, al momento della commissione del p rimo reato della serie, i successivi fossero stati realmente già programmati almeno nelle loro line essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indic cui sopra se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemp oranea, di situazioni occasionali, di complicità imprevedibili, ovvero di bisogni e necessità di ord contingente, o ancora della tendenza a porre in essere reati della stessa specie o inciple in vir di una scelta delinquenziale compatibile con plurime deliberazioni (sez. U n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074).
2.3.L’unicità del programma criminoso, di contro, non può mai essere assimilata a una concezione esistenziale fondata sulla serialità delle attività illecite del condannato, perché in caso «la reiterazione della condotta criminosa è espressione di un programma di vita improntato al crimine e che dal crimine intende trarre sostentamento e, pertanto, penalizzata da istituti quali la recidiva, l’abitualità, la professionalità nel reato e la tendenza a c el secondo un diverso ed opposto parametro rispetto a quello sotteso all’isti:uto della continuazione, preordinato al favor rei» (ex multis, sez. 5, n. 10917 del 12/01/201, COGNOME, Rv. 252950).
2.4. D’altro canto, l’onere della allegazione dell’esistenza del “medesimo disegno criminoso”, in conformità alle regole generali, grava su chi la afferma, e quindi, in definit sull’interessato, quando questi è l’istante che ha determinato l’apertura dell’in idente esecuzione (cfr. sez. 1, n. 35806 del 20/04/2016, COGNOME: Rv. 267580: in terna di esecuzione, grava sul condannato che invochi l’applicazione della disciplina del reato continuato l’onere di allegare elementi specifici e concreti a sostegno, non essendo si fficiente mero riferimento alla contiguità cronologica degli addebiti ovvero all’identità dei tito i di in quanto indici sintomatici non di attuazione di un progetto criminoso unitario quanto d
un’abitualità criminosa e di scelte di vita ispirate alla sistematica e contingente consumazion degli illeciti; e ancora, sez. 7, ord. n. 5305 del 16/12/2008, COGNOME, Rv. 242476; sez. 5, 21326 del 06/05/2010, COGNOME, Rv. 247356; sez.3, n. 17738 del 14/12/2018, Benc venga, Rv. 275451).
2.5.Secondo le linee interpretative tracciate nella presente sede di legittimità – pEr quanto d più specifico interesse per il presente scrutinio – laddove risulti riconosciuta l’appa -tenenza di un soggetto a più sodalizi criminosi, può essere ritenuto il vincolo della continuaz one, fra varie ipotesi associative, ma esclusivamente a seguito di una specifica indagine in ordine alla natura delle diverse associazioni, alla loro concreta operatività e alla loro continuità nel temp avendo sempre riguardo ai profili della contiguità temporale, dei programmi operativi avuti di mira e della tipologia di compagine che concorra alla loro formazione. Non è infatti sufficiente in proposito, il compimento di una semplice delibazione circa la natura permanent a del reato associativo o relativa all’omogeneità del titolo di reato e delle condotte criminose. Jonostan la contiguità geografica e cronologica delle diverse condotte associative, le modalità concrete di consumazione dei vari delitti possono risultare, infatti, sintomatiche di sce te di orientate alla sistematica consumazione di illeciti, piuttosto che all’attuazione di un preventi originario progetto delinquenziale unitario (fra le tante, sez. 4, n. 3337 del 22/12/2016, de 2017, Napolitano, Rv. 268786 e sez. 6, n. 3851 del 09/02/2016, COGNOME, Rv. 266106). Non è sufficiente, dunque, il riferimento alla tipologia del reato ed all’omogeneità delle condotte, occorre una specifica indagine sulla natura dei vari sodalizi, sulla loro concreta or erativi sulla continuità dei medesimi nel tempo, al fine di accertare l’unicità del momento celiberativ e la sua successiva attuazione, attraverso la progressiva appartenenza del soggetto ad una pluralità di organizzazioni, ovvero alla medesima organizzazione (sez. 6, n. 51906 del 15/09/2017, RAGIONE_SOCIALE, rv.271569).
3.0rbene, la doglianza difensiva trae spunto da un assioma non condivisibile, ovvero che lo iato temporale tra i fatti oggetto delle sentenze di condanna per le quali è stata hvocata continuazione, non sia decisivo nè influente perché il ricorrente, che non avrebbe mai rescisso il proprio legame da Cosa Nostra, avrebbe nella sostanza proseguito l’attività criminale pregressa senza soluzione di continuità e persino a prescindere dal lungo periodo di detenzione.
3.1.Di converso, merita di essere ricordato che il reato associativo si perfezicna, per singolo, al momento della costituzione del sodalizio, o dell’affiliazione al sodalizio pe – colui che vi acceda successivamente, non influendo invece la protrazione nel tempo dellE condotta antigiuridica, tipica della sua permanenza; ciò che deve essere pertanto focalizzato, ai fini d riconoscimento della continuazione, è l’atteggiamento psicologico dell’agente, che deve abbracciare quel reato al momento della sua commissione ed i reati successivi nell’ambito di un programma delittuoso specifico, sia pur definito a grandi linee, in cui devono trovare posto i singoli episodi che lo compongono (sez. 5, n. 1766 del 06/07/2015, COGNOME, Rv. 266413; sez.
1, n. 11564 del 13/11/2012, Daniele, Rv. 255156; sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, COGNOME, Rv. 242098; sez.2, n. 17334 del 22/05/1989, COGNOME, Rv.182834); E – nel caso in esame – non si è in presenza della medesi mezza del contesto associativo e della i eiterazione della permanenza che ne costituisce elemento essenziale, ma di un (secondc) sodalizio delinquenziale del tutto diverso ed autonomo rispetto alla mafia storica di Gela e zone limitrofe. La sentenza della Corte d’appello di Caltanissetta del 9 luglio 2019, avente a oggetto i reati per i quali è stato richiesto il riconoscimento della continuazione, ha in escluso che l’organizzazione di nuova formazione costituisse “un’articolazione di un 3 delle due cosche mafiose tradizionalmente insediatesi a Gela” ed ha ritenuto si identific3sse in un gruppo autonomo, composto da soggetti per la gran parte non aderenti alle associazioni mafiose note, “con finalità specifiche nel settore del controllo della raccolta dei rWuti e n prestazione di servizi di guardiania agli agricoltori di alcune contrade di Gela”; l’ordina impugnata ha riprodotto il passo eloquente di pag. 23 della decisione, ove se ne a pprezza la creazione “ex novo, non sulle ceneri di altro precedente analogo gruppo criminzile, ma su ambito nel quale si è determinato un vuoto perché venuto meno l’interesse a condi da parte delle organizzazioni tradizionali”.
In ragione di ciò, ne viene che avrebbe dovuto assolversi all’onere di allegazione di L n principio di prova, verificabile, che sin dall’ingresso del COGNOME nell’associazione mafiosa di RAGIONE_SOCIALE ovvero nell’aprile del 1990, fosse già stata preordinata, “in nuce” e nelle linee cenerali, la formazione di un nuovo gruppo criminale di analoga caratura nel 2014, c edito alla commissione di reati-fine tra i quali, oltre a quelli tradizionali, quelli volti a cons un’illecita egemonia nel settore del recupero dei rifiuti speciali.
3.2.In questo scenario, la “forza di intimidazione” acquisita dopo un lungo eriodo di militanza in Cosa Nostra non può assurgere, di per sé, ad elemento qual ficante la prefigurazione, sin dalla stipulazione del patto illecito stipulato al momento dell’introduzi negli organici di Cosa Nostra, della costituzione o realizzazione di un secondc sodalizio criminale di conforme ispirazione mafiosa, ma incontestabilmente diverso ed indipe ‘dente dal primo; in altri termini, la “riserva” di capacità intimidatrice accumulata con la durat affiliazione in Cosa Nostra è un fattore oggettivo, espressivo di significativo mtrimon personale e, per così dire, di “distorta” competenza ed autorevolezza in ambito criminale, utilizzato per fondare e rendere operativa la nuova consorteria, che, tuttavia, non pie) da sol rappresentare ragionevole dimostrazione della sussistenza dell’elemento volitivo Anificante, che valga a connotare la riconducibilità della partecipazione ad entrambe le congreghe ad un solo ed originario disegno criminoso.
E’ stato del resto affermato che può essere legittimamente ravvisata l’apparter enza, nel tempo, di un soggetto ad associazioni diverse del medesimo stampo e negato il vincolo di continuazione tra le successive adesioni, pur ritenendosi attribuibile al soggetto, senza soluzione di continuità, la qualifica propria degli appartenenti al quel genere di asociazi criminose, poiché non è sufficiente a radicare il vincolo della continuazione un generico piano di
attività delinquenziale che si manifesti nel proposito di adesione a sodalizi di futura costituzi (sez. 5, n. 10930 del 21/10/1996, COGNOME, Rv.206539; conf. sez. 2, n. 9172 del 04/11/2002, Genova, Rv. 223704).
E ciò tanto più nel caso condotto all’attenzione del collegio, laddove l’appart anenza de ricorrente alla mafia “storica” di Cosa Nostra è stata cristallizzata dall’accertament) giudizi della sentenza di condanna della Corte d’appello di Caltanissetta del 17 dicembre 1997, irrevocabile il 11 giugno 1998, entro i rigidi confini della contestazione “chiusa”, chE impone arrestare al maggio 1992 la data di protrazione della permanenza e, dunque, della commissione del fatto (cfr. sul tema, in motivazione, sez.5, n. 20900 del 26/04/202 L, COGNOME; sez.2, n. 680 del 19/11/2019, COGNOME, Rv.277788, secondo cui “l’accertamento contenuto nella sentenza di condanna delimita la protrazione temporale della permanenza del reato con riferimento alla data finale cui si riferisce l’imputazione” ); mentre – a seguito prolungato periodo di detenzione carceraria – le risultanze fattuali emergenti dall a sentenz irrevocabile della Corte d’appello di Caltanissetta del 9 luglio 2019 impongono ci collocare l’intrapresa criminale di COGNOME NOME nell’ambito della consorteria di “nuovo conic” nell’ann 2014.
Non è chi non veda, pertanto, che già in sé il “vuoto” di 22 anni rende estremamente arduo, se non impossibile, ipotizzare che COGNOME NOME avesse, all’inizio degli anni novalta, ideato di partecipare a Cosa Nostra e, una volta conseguito l’intento, di realizzare una 9Iuralità condotte illecite le cui caratteristiche essenziali prevedessero, a distanza di oltre anni formazione di un’altra e diversa associazione di stampo mafioso, nel medesimi) contesto geografico, che avesse tra i propri scopi di malaffare il controllo della raccolta di rifit ti s L’enorme “stacco” temporale non può essere “saldato” o superato dal rimarco del mancato “distacco” del Trubia da Cosa Nostra, riportato nel tessuto espositivo della sentenza di questa Corte del 4 giugno 2021 e sul quale insistono i motivi di ricorso, perché i reati per i qua invocata l’applicazione del reato continuato sono quelli delle sentenze di condanna st.b 1) e sub 2) – da un lato, come detto consumati non oltre il mese di maggio 1992 – e il delitto d associazione mafiosa, e reati connessi, ascritti nell’ambito di una contestazione “aperta”, ovvero dal maggio 2014 in avanti, di cui alla sentenza della Corte d’appello di Caltanissetta del 9 luglio 2019, dall’altro. Frattura temporale, peraltro, resa ancor più significativa e dirompe dal lungo tempo trascorso in regime carcerario, perché il principio secondo il quale il vincol della continuazione non è incompatibile con la commissione di reati permaneiti la cui consumazione sia frazionata dalle interruzioni dei periodi di carcerazione vale essenzialmente (ed è stato in concreto applicato) per i sodali intranei e radicati nella “medesima” c ompagine associativa di tipo mafioso, connotata da peculiari profili di immanenza ed irretrattabilità vincolo (sez.2, n. 8461 del 24/01/2017, De Notaris, Rv. 269121; sez.1, n. 8486 del 19/05/2011, COGNOME, Rv. 251364, allegata anche al ricorso), ma non assuma analoga pregnanza e non è suscettibile di automatica traslazione – e necessita di accurata verifica, caso
per caso – quando si discetti di continuazione tra due distinte ed eterogenee associazioni, sia pur riconducibili al comune modello normativo dell’art. 416 bis cod. pen..
3.3. Prevalgono, allora, taluni principi in parte risalenti, costantemente affermati da giurisprudenza di legittimità, l’uno, in virtù del quale il decorso del tempo costituisce indicatore di rilevanza fondamentale sul quale basare la valutazione ai fini del ricor oscimento della continuazione ex art. 81, secondo comma, cod. pen. (sez. 4, 4 giugno 1990, f adoni, Rv. 185418; sez. 1, n. 3505 del 11/02/1991, COGNOME, Rv. 187118) e, in assenza di altr elementi, quanto più ampio è il lasso di tempo fra le violazioni, tanto più deve ritenersi improbabile un programmazione unitaria predeterminata, almeno nelle linee fondamentali (sez.4, n. 34756 del 17/05/2012, COGNOME, Rv. 253664; sez. 1, n. 403 del 24/01/1994, COGNOME, Rv. 196965); e l’altro, secondo cui è legittima l’ordinanza che, in sede esecutiva, esclude la sussistenza de vincolo della continuazione in considerazione sia del notevole lasso di tempo intercoirente fra i vari fatti criminosi (se tale elemento non sia contrastato da positive e contrarie risulta probatorie),sia dei frequenti periodi di detenzione subiti dal richiedente, vero!.imilmen interruttivi di qualunque progetto, non potendo concepirsi che un disegno delittuoso includa anche gli arresti, l’espiazione delle pene e le riprese del fantomatico progetto esecut vo (sez.1 n. 44988 del 17/09/2018, M., Rv. 273984).
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al rigetto del ricorso, consegue la con lanna ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, 28/11/2024
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