Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 35179 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 1 Num. 35179 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/09/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
NOME COGNOME ZONCU EVA COGNOME
NOME COGNOME
– Presidente –
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano nel procedimento a carico di:
NOME, nata a XXXXXXXXXXil XXXXXXXXXX
avverso l’ordinanza del 06/05/2025 del Tribunale di Milano
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in preambolo il Tribunale di Milano, quale giudice dell’esecuzione, in accoglimento dell’istanza avanzata da NOME, ha riconosciuto il vincolo della continuazione, ex art. 671 cod. proc. pen. in relazione ai reati separatamente giudicati in sede di cognizione con le sentenze di cui ai nn. da 1) a 10), da 13) a 16), da 18) a 21), 25), 28), 30), 32), infine da 34) a 36) del certificato del casellario giudiziale.
A ragione della decisione – dopo avere posto in rilievo che si trattava di condanne per reati contro il patrimonio, commessi nell’arco temporale dal 2005 al 2012 – ha osservato che: i) l’unicità del disegno criminoso era certamente sussistente per i reati contro il patrimonio, spesso commessi con modalità analoghe; ii) le sentenze di merito descrivevano la giovane condannata come dedita a tali reati per procurare i mezzi di sostentamento ai numerosi figli e che tale condotta, dopo il raggiungimento della maggiore età, doveva ritenersi una scelta di vita orientata al crimine; iii)non risultava che tra la realizzazione delle condotte delittuose giudicate fosse intervenuto un evento (carcerazione o volontaria interruzione dell’attività criminosa) tale da far cessare di quel progetto criminale di “vivere rubando”.
Avverso detta ordinanza ricorre il Procuratore della Repubblica del Tribunale di Milano e deduce due motivi.
2.1. Con il primo motivo denuncia vizio di motivazione del provvedimento impugnato, in punto di avvenuto riconoscimento della continuazione in sede esecutiva, ex art. 671 cod. proc. pen.
Censura l’assertività della motivazione in punto di analogia del modus operandi , priva di specifiche argomentazioni riguardanti i singoli fatti criminosi.
Lamenta l’eterogeneità dei reati ritenuti avvinti dall’unitaria e anticipata ideazione,
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
evidenziando che, oltre a quelli contro il patrimonio, vengono in rilievo anche condotte lesive di beni giuridici differenti (reati di falso, resistenza, false attestazioni a pubblico ufficiale) e segnala la distanza temporale, sovente significativa, tra gli stessi.
Deduce che nessuna specifica considerazione Ł stata svolta sui luoghi di commissione dei fatti, spesso diversi e distanti, talchØ il Giudice dell’esecuzione avrebbe potuto eventualmente valutare la possibilità di un riconoscimento della continuazione per “gruppi di reati”, conformemente al parere dall’Ufficio di Procura espresso in vista dell’udienza camerale.
Osserva che la dedotta insussistenza di eventi incidenti sull’unicità del disegno criminoso Ł contraddetta dal provvedimento di unificazione di pene concorrenti attestante, nell’arco temporale d’interesse, plurimi periodi di detenzione.
Nell’ultima parte del primo motivo, infine, Ł censurata l’assenza di motivazione sugli aumenti applicati a titolo di continuazione, fissati per tutti i reati unificati nella misura di quattro mesi di reclusione ed euro 50,00 di multa, così illogicamente omettendo la doverosa valutazione della maggiore o minore offensività di ciascuno di essi.
2.2. Con il secondo motivo denuncia l’inosservanza degli artt. 81 cod. pen. e 671, comma 2bis , cod. proc. pen.
Il Giudice dell’esecuzione ha omesso il doveroso scorporo dei reati unificati ex art. 81 cod. pen. nelle varie sentenze.
Inoltre, l’aumento della quantità di pena Ł stato parametrato in misura inferiore a quella obbligatoria di un terzo della pena stabilita per il reato piø grave, ossia quello di cui alla sentenza sub 19), avuto riguardo alla ritenuta recidiva.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, intervenuto con requisitoria scritta in data 10 luglio 2025, ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł fondato per le ragioni che s’indicano di seguito.
Osserva il Collegio che la consolidata giurisprudenza di legittimità, con specifico riferimento al vincolo della continuazione, ha individuato gli elementi da cui desumere l’ideazione unitaria da parte del singolo agente di una pluralità di condotte illecite, affermando che le violazioni dedotte ai fini dell’applicazione della continuazione ex art. 671 cod. proc. pen. devono costituire parte integrante di un unico programma criminoso, che deve essere deliberato per conseguire un determinato fine, per il quale si richiede l’originaria progettazione di una serie ben individuata di reati, già concepiti nelle loro caratteristiche essenziali (Sez. 5, n. 1766 del 06/07/2015, COGNOME, Rv. 266413; Sez. 1, n. 11564 del 13/11/2012, COGNOME, Rv. 255156-; Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, COGNOME, Rv. 242098).
2.1. L’esistenza del medesimo disegno criminoso va desunta da elementi indizianti quali l’unitarietà del contesto e della spinta a delinquere, la brevità del lasso temporale che separa i diversi episodi, l’identica natura dei reati, l’analogia del modus operandi e la costante compartecipazione dei medesimi soggetti, essendo sufficiente l’esistenza anche di alcuni soltanto di tali indici, purchØ significativi (Sez. 2, n. 10539 del 10/02/2023, Digiglio, Rv. 284652 – 01)
L’unicità del programma criminoso, si Ł inoltre chiarito, non deve essere assimilata a una concezione esistenziale fondata sulla serialità delle attività illecite del condannato, perchØ in tal caso «la reiterazione della condotta criminosa Ł espressione di un programma di vita improntato al crimine e che dal crimine intende trarre sostentamento e, pertanto, penalizzata da istituti quali la recidiva, l’abitualità, la professionalità nel reato e la tendenza a delinquere, secondo un diverso e opposto parametro rispetto a quello sotteso all’istituto della
continuazione, preordinato al favor rei » (Sez. 5, n. 10917 del 12/01/2012, COGNOME, Rv. 252950).
La verifica di tale preordinazione criminosa, infine, non può essere compiuta dall’autorità giudiziaria in conformità a indici di natura meramente presuntiva ovvero di congetture processuali, essendo necessario, di volta in volta, dimostrare che i reati che si ritengono avvinti dal vincolo della continuazione siano stati concepiti ed eseguiti nell’ambito di un programma criminoso che, almeno nelle sue linee fondamentali, risulti unitario e imponga l’applicazione della disciplina prevista dall’art. 671 cod. proc. pen., che può essere applicata, indifferentemente, sia per tutti i reati presupposti sia per una parte limitata di essi (Sez. 1, n. 37555 del 13/11/2015, COGNOME, Rv. 267596; Sez. 1, n. 35639 del 02/07/2013, COGNOME, Rv. 256307; Sez. 5, n. 49476 del 25/09/2009, Notaro, Rv. 245833).
2.2. Il decorso del tempo costituisce elemento decisivo su cui fondare la valutazione ai fini del riconoscimento delle condizioni previste dall’art. 81 cod. pen., posto che, in assenza di altri elementi, quanto piø ampio Ł il lasso di tempo fra le violazioni, tanto piø deve ritenersi improbabile l’esistenza di una programmazione unitaria e predeterminata, almeno nelle linee fondamentali (Sez. 2, n. 43745 del 03/10/2024, COGNOME NOME, Rv. 287193 – 01; Sez. 1, n. 44988 del 17/09/2018 , M., Rv. 273984 – 01).
La detenzione in carcere o altra misura limitativa della libertà personale, subita dal condannato tra i reati separatamente giudicati, non Ł di per sØ idonea a escludere l’identità del disegno criminoso e non esime il giudice dalla verifica in concreto di quegli elementi (quali ad esempio la distanza cronologica, le modalità esecutive, le abitudini di vita, la tipologia dei reati, l’omogeneità delle violazioni, etc.) che possono rivelare la preordinazione di fondo che unisce le singole violazioni (Sez. 1, n. 37832 del 05/04/2019, NOME, Rv. 276842 – 01;Sez. 6, n. 49868 del 06/12/2013, COGNOME, Rv. 258365 – 01; Sez. 1, n. 32475 del 19/06/2013, NOME, Rv. 256119 – 01).
Sotto altro profilo, non Ł superfluo richiamare i principi che attendono alla rideterminazione, da parte del giudice dell’esecuzione, del trattamento sanzionatorio per effetto dell’applicazione della disciplina del reato continuato.
Deve qui richiamarsi la consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui, in tema di reato continuato, il giudice dell’esecuzione, ove debba procedere alla rideterminazione della pena per la continuazione tra reati separatamente giudicati, con sentenze ciascuna delle quali per piø violazioni già unificate a norma dell’art. 81 cod. pen., deve dapprima scorporare tutti i reati che il giudice della cognizione abbia riunito in continuazione, individuare quello piø grave – cioŁ, ai sensi dell’art. 187 disp. att. cod. proc. pen., quello per il quale Ł stata inflitta la pena piø grave – e solo successivamente, sulla pena come determinata per quest’ultimo dal giudice della cognizione, operare autonomi aumenti per i reati satellite, compresi quelli già riuniti in continuazione con il reato posto a base del nuovo computo (Sez. 1, n. 21424 del 19/03/2019, COGNOME, Rv. 275845; Sez. 5, n. 8436 del 27/09/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259030; Sez. 1, n. 38244 del 13/10/2010, COGNOME, Rv. 248299).
Qualora sia applicata in sede esecutiva la continuazione tra distinte condanne, delle quali quella a pena piø grave sia stata pronunciata per una pluralità di reati già uniti nel giudizio di cognizione dal vincolo della continuazione, deve essere assunta come pena base quella inflitta in tale giudizio per la violazione piø grave, prescindendosi dall’aumento per i reati satelliti che va determinato ex novo dal giudice dell’esecuzione.
Si Ł inoltre specificato che, nello svolgimento di tale operazione, il giudice, titolare del potere discrezionale esercitabile secondo i parametri fissati dagli artt. 132 e 133 cod. pen., Ł tenuto a motivare, non solo in ordine all’individuazione della pena base, ma anche in ordine
all’entità dei singoli aumenti per i reati satellite, ai sensi dell’art. 81, secondo comma, cod. pen., così da rendere concretamente possibile un controllo effettivo del percorso logico e giuridico seguito nella determinazione della pena, non essendo all’uopo sufficiente il semplice rispetto del limite legale del triplo della pena base (Sez. U. n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269; Sez. 1, n. 800 del 07/10/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280216).
Infine, si Ł chiarito che quando, operata la scelta della pena base nel rispetto dell’art. 187 disp. att. cod. proc. pen., il giudice intenda confermare l’entità degli aumenti quantificati in sede cognizione per i reati già considerati satellite rispetto a quello piø grave, in relazione a cui Ł stata individuata la pena base (conferma in sØ rispettosa del limite affermato da Sez. U, n. 6296 del 24/11/2016, dep. 2017, Nocerino, Rv. 268735 – 01), può farlo motivando sul punto anche con il richiamo delle ragioni che avevano fondato la medesima dosimetria in sede cognitiva.
Tenuto conto di questi parametri ermeneutici, l’ordinanza impugnata si espone a piø profili di censura.
4.1. In primo luogo, essa non soddisfa i requisiti indispensabili per ritenere compiuta la verifica sulla sussistenza dell’unicità del disegno criminoso dedotta da NOME, non avendo il Giudice dell’esecuzione esplicitato elementi concreti e obiettivi che giustificavano l’accoglimento dell’istanza in relazione a tutti i reati giudicati dalle decisioni irrevocabili presupposte.
Si Ł ritenuto che le condotte fossero realizzate con analogo modus operandi , ma l’affermazione non Ł stata accompagnata dalla specifica indicazione delle asserite analogie nella commissione dei reati.
L’ordinanza non ha, poi, tenuto in debito conto il fatto che le condotte illecite s’inscrivono in un ampio lasso temporale e che, pertanto, s’imponeva una verifica analitica, volta ad accertare se la potenziale contiguità delle ipotesi di reato giudicate dalle pronunzie presupposte consentisse o no di prefigurare la preordinazione criminosa, eventualmente anche per una parte di esse, atteso che il pur elevato arco di tempo all’interno del quale sono stati commessi piø reati «non esime il giudice dall’onere di verificare se la continuazione possa essere riconosciuta con riferimento a singoli gruppi di reati commessi, all’interno di tale arco, in epoca contigua, tenuto conto degli ulteriori indici rappresentati dalla similare tipologia, dalle singole causali e dalla contiguità spaziale» e che il riconoscimento della continuazione fra gruppi di reati «non si estende automaticamente anche agli ulteriori reati collegati solo occasionalmente ad uno dei gruppi di reati in continuazione» (Sez. 1, n. 48125 del 05/11/2009, COGNOME, Rv. 245472).
¨, inoltre, errato in diritto il ricorso alla «scelta di vita» come elemento sintomatico della continuazione, poichØ la mera inclinazione a reiterare violazioni della stessa specie, anche se dovuta a una determinata scelta di vita o a un programma generico di attività delittuosa da sviluppare nel tempo secondo contingenti opportunità, non integra l’unitaria e anticipata ideazione di piø condotte costituenti illecito penale, già insieme presenti alla mente del reo, che caratterizza l’istituto disciplinato dall’art. 81, secondo comma, cod. pen.
4.2. Sono altresì fondati i rilievi del ricorrente riguardo all’omessa operazione di scorporo (il Giudice dell’esecuzione, dopo avere individuato il reato piø grave nel furto di cui alla sentenza sub 19 e avere applicato l’aumento per i reati giudicati con la medesima sentenza, ha operato gli aumenti per le ulteriori ventiquattro sentenze anche ove le condanne riguardavano piø reati già unificati ai sensi dell’art. 81 cod. pen. dal giudice di merito) e all’incongruità dell’indicazione del medesimo aumento di pena, di quattro mesi di
reclusione, che non tiene conto della diversa offensività delle condotte, che vanno dalla rapina alla contravvenzione di cui all’art. 707 cod. pen.
Da ultimo va rilevato che l’ordinanza ha trascurato l’ulteriore principio secondo cui «ll limite minimo di aumento della pena che, in caso di piø reati in concorso formale o in continuazione con quello piø grave commessi da soggetti ai quali sia stata applicata la recidiva reiterata prevista dall’art. 99, comma quarto, cod. pen., non può essere inferiore a un terzo della pena stabilita per la violazione piø grave, va riferito all’aumento complessivo per la continuazione e non alla misura di ciascun aumento successivo al primo» (Sez. 2, n. 18092 del 12/04/2016, COGNOME, Rv. 266850 – 01; Sez. 1, n. 5478 del 13/01/2010, COGNOME, Rv. 246116 – 01).
I rilievi sin qui svolti impongono, dunque, di annullare l’ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Milano, in diversa persona fisica (cfr. Corte cost., sent. n. 183 del 2013), per il corrispondente nuovo esame, nel rispetto dei principi di diritto indicati.
In caso di diffusione del presente provvedimento, vanno omesse le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 d.lgs. 196/03, poichØ imposto dalla legge.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Milano in diversa persona fisica.
Così Ł deciso, 19/09/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME
IN CASO DI DIFFUSIONE DEL PRESENTE PROVVEDIMENTO OMETTERE LE GENERALITA’ E GLI ALTRI DATI IDENTIFICATIVI A NORMA DELL’ART. 52 D.LGS. 196/03 E SS.MM.