Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 26836 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 26836 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a RIZZICONI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 22/05/2023 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
lette le conclusioni del PG, in persona di NOME COGNOME, la quale ha richiesto una udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; dichiarazione d’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, la Corte di appello di Reggio Calabria rigettava la richiesta, presentata nell’interesse di NOME COGNOME, di dichiarazione di assorbimento del reato di estorsione e di detenzione di armi in quello di partecipazione qualificata al sodalizio mafioso denominato “RAGIONE_SOCIALE“, nonché della subordinata richiesta di applicazione della continuazione, ai sensi dell’art. 81 cod. pen., delle seguenti sentenze
n. 1941 del 2007, emessa in data 17/12/2007 dal Tribunale di Palmi, parzialmente riformata dalla sentenza n. 10049 del 2015 emessa dalla Corte d’appello di Reggio Calabria, divenuta irrevocabile il 17/01/2017, alla pena di anni sette di reclusione ed euro 1200 di multa per il reato di cui agli artt. 110, 629, comma secondo, cod. pen. e art. 7 legge 12 luglio 1991, n. 203, di conversione con modificazioni del d.l. 13 maggio 1991, n. 152, commesso a Rizziconi nell’agosto-dicembre 2005;
n. 325 del 2015 emessa in data 4/3/2015 dal Tribunale di Palmi, confermata dalla sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria n. 524 del 2017 in data 27/4/2017 e divenuta irrevocabile il 3/4/2019, giusta sentenza n. 37580 del 2019 emessa dalla Corte di cassazione, alla pena di anni 15 di reclusione per il reato di cui all’art. 416-bis commi primo, secondo, terzo e quarto, cod. pen. commesso in Rizziconi fino al 31 dicembre 2009;
n. 40 del 2017 emessa in data 26/01/2017 dal GUP presso il Tribunale di Reggio Calabria, riformata dalla sentenza n. 117 del 2021 in data 10/02/2021 della Corte d’appello di Reggio Calabria, irrevocabile il 26/02/2021, alla pena di anni 7 e mesi 8 di reclusione ed euro 4.800 di multa per i reati di cui agli artt. 99, 110 cod. pen., 1 legge 2 ottobre 1967, n. 895, e succ. mod., e art. 7 I. n. 203 del 1991 cit., 99, 110 cod. pen., art. 23 co. 1 e 3 legge 18 aprile 1975, n. 110, e art. 7 I. n. 203 del 1991 cit., artt. 99, 110, 648 cod. pen. e art. 7 I. n. 203 del 1991 cit., tutti commessi in Maropati e zone limitrofe da data anteriore e prossima e fino al 29 gennaio 2016.
In particolare, la Corte ha escluso l’invocato assorbimento ritenendo inammissibile, in quanto riproposta al giudice dell’esecuzione oltre che infondata, la richiesta di assorbimento dei reati di estorsione e quelli in materia di armi nella fattispecie di cui all’art. 416-bis cod. pen. per la quale il NOME NOME è stato condannato con affermazione del suo ruolo apicale e, contestualmente, ha rigettato anche la richiesta continuazione tra l’associazione di cui all’art. 416-bis cod. pen. e l’estorsione escludendo che,
rispetto alla fattispecie associativa e l’estorsione, “nel momento genetico del vincolo associativo l’adesione all’associazione e l’estorsione erano state oggetto di
unitaria programmazione”, a causa della complessità della vicenda estorsiva come ricostruita nelle sentenze di merito;
rispetto ai reati in materia di armi, per i quali è stata riconosciuta l’aggravante “RAGIONE_SOCIALE” di cui all’art. 7 I. n. 203 del 1991 cit., e i delitti di cui all’a 416-bis e 629 cod. pen. poiché non è stata ritenuta “ragionevole, né corretta l’affermazione della unicità del disegno criminoso fra reato associativo e singoli episodi criminosi, se la sua sussistenza venga postulata sulla sola base della loro comune riferibilità al generico programma criminoso dell’associazione nel cui ambito essi hanno trovato attuazione”; anche tra l’estorsione e i reati in materia di armi, la distanza temporale tra l’una e l’altra (l’estorsione da agosto a dicembre 2005; l’accertamento della disponibilità di armi in capo al latitante il 29 gennaio 2016), rende incompatibile, a causa del divergente dato cronologico, una preventiva e unitaria ideazione rilevante per il riconoscimento della continuazione;
rispetto alla fattispecie associativa e i reati in materia di armi, sia pure con l’aggravante “RAGIONE_SOCIALE” di cui all’art. 7 I. n. 203 del 1991 cit. (che non è stata ritenuta rilevante di per sé, quale aggravante, nel rapporto tra reati ai fini della continuazione) questi ultimi sono stati accertati in occasione dell’arresto, avvenuto nel 2006, del ricorrente che era latitante, quindi, non poteva essere immaginabile al momento dell’adesione alla RAGIONE_SOCIALE che egli sarebbe divenuto latitante e, in tale occasione, egli avrebbe detenuto dette armi a tutela della sua latitanza.
L’interessato ricorre per cassazione, tramite rituale ministero difensivo, affidandosi a due motivi.
Con il primo motivo, il difensore dell’imputato denuncia la violazione di legge per erronea applicazione della legge penale con riferimento al mancato riconoscimento dell’assorbimento dei reati di estorsione e di detenzione di armi nella fattispecie di cui all’art. 416-bis cod. pen., nonché la carenza e illogicità della motivazione come risultante dal testo del provvedimento impugnato.
Con il secondo motivo, il difensore dell’imputato lamenta la violazione di legge per l’erronea applicazione della legge penale con riferimento al mancato riconoscimento della disciplina del reato continuato ai sensi degli artt. 81 cod. pen. e 671 cod. proc. pen., nonché la carenza e l’illogicità della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato.
Con successiva memoria il difensore ha presentato motivi nuovi in relazione al secondo motivo di ricorso, insistendo per l’accoglimento.
Il Procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto una dichiarazione d’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato, quindi, meritevole di una dichiarazione d’inammissibilità.
Come evidenziato dal Procuratore generale nella sua requisitoria, il primo motivo di ricorso è aspecifico e sostanzialmente reiterativo dei motivi già correttamente e compiutamente valutati e respinti dalla Corte di appello. Tale motivo, infatti, non affronta la diffusa motivazione dell’ordinanza impugnata come sopra riassunta.
2.1. Il denegato “assorbimento” dei reati di detenzione di armi nella fattispecie di cui all’art. 416-bis cod. pen. deve ritenersi, quindi, adeguatamente motivata, tenuto conto anche dell’indirizzo espresso da questa Corte con Sez. 2, n. 2833 del 27/09/2012, dep. 2013, P.C., Adamo e altri, Rv. 254295 – 01, citata nel provvedimento impugnato, secondo cui la circostanza aggravante prevista dai commi quarto e quinto dell’art. 416-bis cod. pen. è integrata dalla mera disponibilità delle armi da parte dell’associazione, indipendentemente dal fatto che essa configuri le ipotesi delittuose di porto e detenzione, sia perché la disponibilità non necessariamente corrisponde all’attuale ed effettiva detenzione, e tanto meno al porto, sia perché essa può riguardare perfino armi legalmente detenute, con la conseguenza che l’associazione RAGIONE_SOCIALE non è un reato complesso nel quale possono restare assorbiti l’illegale detenzione o porto di armi.
2.2. Le medesime conclusioni devono essere tratte in relazione al denegato assorbimento del delitto di estorsione in quello di partecipazione, sia pur qualificata, in un’associazione di stampo mafioso come esaurientemente chiarito nel provvedimento impugnato (pag. 4) laddove specifica, con motivazione immune dai vizi rappresentati, che l’invocata applicazione dell’art. 84 cod. pen. è impedito dagli esiti processuali, come già affrontati e risolti con esito negativo nelle sentenze di primo e secondo grado, rispettivamente, del Tribunale di Palmi del 04/3/2015 e della Corte d’appello di Reggio Calabria del 27/4/2017, richiamate le pagine da 44 a 47 della sentenza d’appello in cui si afferma, tra l’altro, la diversità di ipotesi accusatoria tra l’associazione e l’estorsione, non comparabile, quella associativa, per il diverso contesto comportamentale e temporale. Nella prima, infatti, la condotta si protrae e non si risolve in un contributo isolato e puntifome e l’elemento caratteristico della contestazione è costituito dalla partecipazione qualificata al consesso criminale e dal contributo di stabile appartenenza di ogni singolo componente, mentre nel delitto di estorsione aggravata risiede nell’assicurare il profitto ingiusto derivante dalle somme di denaro oggetto di tale estorsione.
Anche il secondo motivo, relativo alla lamentata violazione di legge per l’erronea applicazione della legge penale con particolare riferimento al mancato riconoscimento della disciplina del reato continuato ai sensi degli artt. 81 cod. pen. e 671 cod. proc. pen., evidenziato anche con i motivi nuovi insieme con il relativo asserito vizio motivazionale, rispetto a
il reato di cui agli artt. 110, 629, comma secondo, cod. pen. e art. 7 legge 12 luglio 1991, n. 203, di conversione con modificazioni del d.l. 13 maggio 1991, n. 152, commesso a Rizziconi nell’agosto-dicembre 2005, di cui alla sentenza n. 10049 del 2015 emessa in data 26.01.2015 dalla Corte di appello di Reggio Calabria – irrevocabile in data 17.01.2017 – in parziale riforma della sentenza n. 1941 del 2007 emessa in data 17/12/2007 dal Tribunale di Palmi, (c.d. procedimento “Devin”) e
quello di cui all’art. 416-bis commi primo, secondo, terzo e quarto, cod. pen. commesso in Rizziconi fino al 31 dicembre 2009, giudicato con la sentenza n. 325 del 2015 emessa in data 4/3/2015, confermata con sentenza n. 524 del 2017 emessa in data 27/4/2017 – irrevocabile in data 03/4/2019 – dalla Corte di appello di Reggio Calabria (c.d. procedimento “Toro”), nonché
i reati di cui agli artt. 99, 110 cod. pen., 1 legge 2 ottobre 1967, n. 895, e succ. mod., e art. 7 I. n. 203 del 1991 cit., 99, 110 cod. pen., art. 23 co. 1 e 3 legge 18 aprile 1975, n. 110, e art. 7 I. n. 203 del 1991 cit., artt. 99, 110, 648 cod. pen. e art. 7 I. n. 203 del 1991 cit., tutti commessi in Maropati e zone limitrofe da data anteriore e prossima e fino al 29 gennaio 2016, di cui alla sentenza n. 40 del 2017 emessa in data 26/01/2017 dal GUP presso il Tribunale di Reggio Calabria, riformata dalla sentenza n. 117 del 2021 in data 10/02/2021 della Corte d’appello di Reggio Calabria e divenuta irrevocabile il 26/02/2021,
risulta essere manifestamente infondato.
3.1. In relazione al denegato riconoscimento dell’istituto di cui all’art. 81 cod. pen., va considerato, infatti, che “il riconoscimento della continuazione, necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea” (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074 – 01).
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3.2. In particolare, anche di recente, con Sez. 1, n. 23818 del 22/06/2020, COGNOME, Rv. 279430 – 01, ribadito con Sez. 1, n. 39858 del 28/04/2023, COGNOME, Rv. 285369 – 01, questa Corte ha specificato che è ipotizzabile la continuazione tra il reato di partecipazione ad associazione RAGIONE_SOCIALE e i reati fine, a condizione che il giudice verifichi puntualmente che questi ultimi siano stati programmati al momento in cui il partecipe si è determinato a fare ingresso nel sodalizio. (In motivazione, la Corte ha aggiunto che, ove si ritenesse sufficiente la programmazione dei reati fine al momento della costituzione del sodalizio, si finirebbe per configurare una sorta di automatismo nel riconoscimento della continuazione e del conseguente beneficio sanzionatorio, in quanto tutti i reati commessi in ambito associativo dovrebbero ritenersi in continuazione con la fattispecie di cui all’art. 416-bis cod. pen.).
3.3. Con particolare riferimento, invece, all’invocata continuazione tra le condanne per la partecipazione qualificata all’associazione per delinquere di stampo mafioso – di cui alla seconda sentenza – e l’estorsione – di cui alla prima non si rilevano né la violazione di legge né tantomeno il difetto motivazionale laddove, invece, è possibile apprezzare che nel provvedimento impugnato si chiarisce che l’episodio estorsivo si era concretizzato quale “sviluppo degenerativo in chiara logica RAGIONE_SOCIALE di un affare collusivo originario” senza che si possano confondere le finalità di un’associazione e l’utilizzazione degli schemi illeciti tipici con la previsione di singoli fatti delittuosi che si concretizzano nel corso del tempo, pur essendo compatibili con le modalità operative del gruppo (pag. 5).
Dalle considerazioni sinora esposte deriva l’inammissibilità del ricorso con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di euro tremila in favore delle Cassa delle ammende, ritenuta congrua in relazione ai profili di colpa emergenti dal ricorso nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 14/02/2024