Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 35830 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 35830 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 02/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a SASSUOLO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 02/02/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME AVV_NOTAIONOMEAVV_NOTAIO COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso,
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Bologna, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza presentata nell’interesse di NOME COGNOME, volta al riconoscimento del vincolo della continuazione tra il reato di cui alla sentenza della Corte di appello di Bologna emessa in data 11 gennaio 2023 (pronuncia divenuta irrevocabile il 13 settembre 2023, di condanna per il reato di cui agli artt. 624, 625 nn. 2 e 5 cod. pen., commesso in Modena il 27 ottobre 2019) e quelli di cui alle seguenti sentenze, già unificati ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen.:
condanna emessa dalla Corte d’appello di Bologna in data 13 aprile 2021, passata in giudicato il 28 luglio 2021, per il reato dì cui agli artt. 110, 81, 624
cod. pen., commesso in Soliera (MO) il 21 e il 22 agosto 2020;
condanna emessa dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Modena in data 16 luglio 2021, passata in giudicato il 16 marzo 2022, per i reati di cui agli artt. 416, primo comma, cod. pen., 648 cod. pen. nonché per oltre 37 episodi di concorso in furto e tentato furto, commessi nelle province di Modena, Reggio Emilia, Bologna e Mantova dall’aprile all’agosto del 2020.
Nella decisione reiettiva, la Corte territoriale ha rilevato come i reati giudicati con le sentenze sub a) e sub b) si differenzino – sotto molteplici profili dall’ulteriore fatto illecito, in relazione al quale si invoca il riconoscimento de vincolo della continuazione. Segnatamente – sebbene si tratti di condotte di furto, realizzate con la medesima modalità operative – ne risultano differenti tanto le collocazioni temporali, quanto il contesto di ideazione (i reati già unificati sono stati posti in essere, infatti, nell’ambito di operatività di una associazione a delinquere); infine, le condotte suddette divergono tra loro, anche quanto alla compagine soggettiva. In assenza di ulteriori e specifici elementi allegati dall’istante, pertanto, il Giudice dell’esecuzione ha ritenuto essere i reati ascritti al ricorrente espressivi semplicemente di una generale tendenza del soggetto, incline alla commissione di una particolare tipologia di condotte delinquenziali, quindi mera conseguenza di una scelta di vita improntata al crimine.
NOME COGNOME, a mezzo del difensore AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso per cassazione, deducendo inosservanza o erronea applicazione degli artt. 81, secondo comma, cod. pen. e 671, comma 1, cod. proc. pen., per avere la Corte decidente escluso la sussistenza del medesimo disegno criminoso, ad onta della presenza di plurimi elementi di valutazione e conoscenza, invece univocamente deponenti in tal senso.
Sono stati trascurati, in particolare, elementi quali l’omogeneità delle
violazioni, la prossimità temporale e l’identità del movente; sono state ignorate, peraltro, le condizioni di disagio e di inadeguatezza sociale, in cui il condannato certamente versava, al momento della commissione dei fatti.
Il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2. Questa Corte ha costantemente affermato, in tema di reato continuato, che l’unicità del disegno criminoso presuppone l’anticipata ed unitaria ideazione di più violazioni della legge penale, già presenti nella mente del reo nella loro specificità, e che la prova di tale congiunta previsione deve essere ricavata, di regola, da indici esteriori che siano significativi, alla luce dell’esperienza, del dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere (Sez. 4, n. 16066 del 17/12/2008, dep. 16/04/2009, COGNOME, Rv. 243632).
Il giudice dell’esecuzione, nel valutare l’unicità del disegno criminoso, non può attribuire rilievo ad un programma di attività delinquenziale che sia meramente generico, essendo invece necessaria la individuazione, fin dalla commissione del primo episodio, di tutti i successivi, almeno nelle loro connotazioni fondamentali, con deliberazione, dunque, di carattere non generico, ma generale (Sez. 1, n. 37555 del 13/11/2015, dep. 2016, Bottari, Rv. 267596). L’esistenza di un medesimo disegno criminoso va desunta da elementi indizianti quali l’unitarietà del contesto e della spinta a delinquere, la brevità del lasso temporale che separa i diversi episodi, l’identica natura dei reati, l’analogia del modus operandi e la costante compartecipazione dei medesimi soggetti (Sez. 5, n. 1766 del 06/07/2015 – dep. 2016, Esposti, rv. 266413)
L’identità del disegno criminoso deve essere negata qualora, malgrado la contiguità spazio-temporale ed il nesso funzionale tra le diverse fattispecie incriminatrici, la successione degli episodi sia tale da escludere la preventiva programmazione dei reati ed emerga, invece, l’occasionalità di quelli compiuti successivamente rispetto a quello cronologicamente anteriori (da ultimo Sez. 6, n. 44214 del 24/10/2012, Natali, rv. 254793). La ricaduta nel reato e l’abitualità a delinquere non integrano di per sé il caratteristico elemento intellettivo (unità di ideazione che abbraccia i diversi reati commessi) che caratterizza il reato continuato (Sez. 2, n. 40123 del 22/10/2010, Marigliano, Rv. 248862).
Le Sezioni Unite di questa Corte, inoltre, hanno ribadito che il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente
che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, rv. 270074).
Ciò premesso, la Corte territoriale ha ragionevolmente argomentato, in ordine all’impossibilità di ritenere i reati sopra detti legati da un medesimo disegno criminoso, dando atto della diversità dei contesti in cui sono maturati gli illeciti.
In assenza di altri significativi elementi, nonché in ragione dell’apprezzabile lasso temporale intercorso fra i fatti, il Giudice dell’esecuzione ha ritenuto impossibile che il ricorrente – al momento della commissione del tentato furto, realizzato nell’ottobre del 2019 – si fosse già prefigurato i fatti posteriormente accaduti, ossia che avesse già ideato sia di partecipare alla associazione a delinquere costituita solo in epoca successiva, sia di commettere i numerosi reati fine unitamente ad altri soggetti.
Muovendo da tale premessa, di ineccepibile saldezza logica, il provvedimento ha spiegato – con motivazione esaustiva, lineare e coerente, oltre priva del pur minimo spunto di contraddittorietà – come non si possa evincere una programmazione ab origine dei delitti sopra richiamati; ciò in ossequio alla necessità di tenere sempre su due piani tra loro ben distinti, la preventiva ideazione unitaria e la tendenza a delinquere, ovvero il generico movente delle varie condotte criminose.
L’impugnazione, di contro, ha argomentato limitandosi a reiterare la tesi della riconducibilità di tutti i fatti ad un unico e originario progetto criminoso, dipanando deduzioni e censure del tutto aspecifiche e confutative, unicamente volte a sollecitare una valutazione alternativa – estranea al perimetro valutativo demandato alla sede di legittimità – delle argomentazioni poste alla base dell’ordinanza impugnata.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato; segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
(
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali.
Così deciso in Roma, 02 luglio 2024.