Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 44768 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 44768 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a LOCRI il 26/03/1990 avverso l’ordinanza del 05/06/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato la Corte d’appello di Reggio Calabria, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza presentata nell’interesse di NOME COGNOME diretta ad ottenere l’applicazione della disciplina del reato continuato in relazione ai reati giudicati con le seguenti due sentenze irrevocabili: 1) sentenza Corte d’appello di Reggio Calabria in data 15/04/2022 (per i reati di cui agli artt. 110, 81 c. 2, 336, 424 cod. pen., 7 legge n. 203 del 1991, commessi in data 14/11/2012 in Locri) e 2) sentenza GUP del Tribunale di Locri del 24/05/2013 (per i reati di cui agli artt. 110, 56, 610, 582, 576, 612 cod. pen. ed altro, commessi in data 29/10/2011, 02/11/2011 e 17/10/2012 in Locri), ritenendo non individuabili elementi sintomatici della medesimezza del disegno criminoso, stante la disomogeneità dei reati giudicati con le due sentenze.
In particolare il G.E. ha osservato come i reati oggetto della sentenza sub 1), commessi a danno di soggetto diverso da coloro nei confronti dei quali sono stati commessi i reati di cui alla sentenza sub 2), fossero connotati da una oggettiva ed evidente estemporaneità essendo stati occasionati da un accadimento (un’annotazione dell’ispettrice di polizia penitenziaria, vittima del successivo danneggiamento, con cui segnalava il comportamento minaccioso ed aggressivo osservato nei suoi confronti dal detenuto NOME COGNOME a causa del diniego opposto nei suoi confronti di effettuare un colloquio con la convivente), che non poteva essere previsto quando COGNOME si determinò a consumare i reati ai danni di soggetti kosovari, persone offese dei reati di cui alla sentenza sub 2).
Avverso il provvedimento ricorre NOME COGNOME per mezzo dei difensori Avv. NOME COGNOME e Avv. NOME COGNOME denunciando violazione di legge in relazione all’art. 81 comma 2 cod. pen., e contraddittorietà della motivazione.
2.1. Il ricorrente censura l’errata valutazione del giudice dell’esecuzione il quale ha escluso il vincolo della continuazione tra i reati di cui alle sentenze indicate nell’istanza, omettendo di considerare che già il GUP di Locri, nella sentenza sub 2) aveva, in sede di merito, riconosciuto la continuazione tra i reati ivi giudicati, commessi dall’ottobre 2011 all’ottobre 2012.
Inoltre, contrariamente a quanto opinato dal G.E., i reati oggetto delle due sentenze non sono disomogenei, trattandosi in entrambi i casi di minacce, qualificate diversamente solo perché in un caso esse erano rivolte nei confronti di un pubblico ufficiale.
I reati giudicati con le due sentenze sono stati entrambi commessi dall’Ursino al fine di ribadire la sua leadership sul territorio.
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Il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, dott. NOME COGNOME ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non supera il vaglio di ammissibilità dal momento che esso è basato su motivi di merito e aspecifici, che non si confrontano, se non in parte, ma in modo essenzialmente assertivo, con l’iter logico ed esaustivo seguito dal giudice dell’esecuzione.
Va ricordato che le Sezioni Unite di questa Corte hanno ribadito che il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074).
Inoltre, è stato – a più riprese – affermato che «l’accertamento di tali indici è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamento dei fatti» (Cass. pen., Sez. 7, n. 25908 del 10/03/2022).
Nel caso in esame, il giudizio del giudice dell’esecuzione è GLYPH solidamente ancorato a specifici elementi di fatto che il ricorso non è in grado di superare. La Corte reggina ha in particolare sottolineato, oltre alla disomogeneità dei titoli di reato, come i reati giudicati con la sentenza sub 1 (commessi in data 14/11/2012) trovassero la loro causale in quanto accaduto il 27/11/2012 all’interno della Casa circondariale ove Ursino era detenuto, allorquando l’ispettrice di polizia penitenziaria, poi vittima del successivo danneggiamento, redigeva un’annotazione a carico dell’COGNOME segnalando il suo comportamento minaccioso ed aggressivo; il G.E. ha quindi, con argomentare del tutto logico, come non fosse ipotizzabile che allorquando COGNOME ebbe a commettere i fatti di cui alla sentenza sub 2 (cronologicamente antecedenti), egli avesse potuto programmare il compimento delle azioni delittuose di cui alla citata sentenza sub 1.
La decisione della Corte reggina appare ineccepibile, e rispettosa dei princip sanciti da questa Corte di legittimità per cui l’identità del disegno criminoso de essere negata qualora, malgrado la contiguità spazio-temporale ed il nesso funzionale tra le diverse fattispecie incriminatrici, la successione degli episodi sia ta escludere la preventiva programmazione dei reati ed emerga, invece, l’occasionalità di quelli compiuti successivamente rispetto a quello cronologicamente anteriori (Sez. 6, n. 44214 del 24/10/2012 – dep. 14/11/2012, COGNOME e altro, Rv. 254793).
4. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, per i profili di colpa insiti n proposizione di siffatta impugnazione, anche di una somma di denaro da versare alla Cassa delle Ammende, che si stima equo determinare in euro 3.000,00.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso, il 17 ottobre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente