Reato Continuato: Quando Più Crimini Diventano Uno Solo?
L’istituto del reato continuato, previsto dall’articolo 81 del codice penale, rappresenta un’importante eccezione alla regola generale del cumulo materiale delle pene. Esso consente di trattare più reati, commessi in momenti diversi, come un’unica violazione di legge, con un conseguente trattamento sanzionatorio più mite. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede la presenza di un requisito fondamentale: il medesimo disegno criminoso. Con l’ordinanza n. 20921/2024, la Corte di Cassazione torna a fare chiarezza sui confini di questo istituto, distinguendolo nettamente da una generica ‘carriera criminale’.
I Fatti del Caso
Il caso esaminato dalla Suprema Corte nasce dal ricorso di una persona condannata per una serie di reati, raggruppati in quattro diversi gruppi di sentenze. La ricorrente aveva richiesto al Tribunale di Vallo della Lucania di riconoscere il vincolo della continuazione tra tutti questi illeciti, al fine di ottenere una rideterminazione della pena complessiva in senso più favorevole. Il Tribunale, tuttavia, aveva respinto l’istanza, negando la sussistenza di un programma criminoso unitario che legasse le diverse condotte.
Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando la violazione della legge penale e un vizio di motivazione. Secondo la ricorrente, il Tribunale non avrebbe correttamente valutato la possibilità di applicare il reato continuato almeno per una parte dei reati contestati.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione del giudice di merito. Gli Ermellini hanno ritenuto che le censure mosse dalla ricorrente fossero semplici doglianze di fatto, volte a ottenere una nuova e diversa valutazione delle prove, attività preclusa in sede di legittimità. Il ricorso, inoltre, si limitava a riproporre argomenti già esaminati e correttamente disattesi dal Tribunale.
Le Motivazioni della Sentenza: Differenza tra reato continuato e Stile di Vita Criminale
Il cuore della decisione della Cassazione risiede nella netta distinzione tra il ‘disegno criminoso’ e la ‘concezione di vita improntata al crimine’. I giudici hanno ribadito i seguenti principi fondamentali:
1. Indici di valutazione: Il Tribunale aveva correttamente argomentato la sua decisione basandosi su elementi oggettivi, quali la disomogeneità territoriale dei luoghi in cui i reati erano stati commessi, un arco temporale di realizzazione molto ampio e la non coincidenza dei correi. Questi fattori, nel loro complesso, deponevano contro l’esistenza di un’unica programmazione iniziale.
2. Disegno criminoso vs. Stile di vita: La Corte ha sottolineato che il reato continuato presuppone un programma deliberato in anticipo, che lega una serie di episodi specifici. Questo non deve essere confuso con la scelta di vivere di attività illecite. Quest’ultima condizione, infatti, viene sanzionata da altri istituti del diritto penale, come la recidiva, l’abitualità o la professionalità nel reato, che operano secondo una logica opposta a quella del favor rei che ispira la continuazione.
3. Insindacabilità del giudizio di merito: La ricostruzione del processo psicologico che porta a una serie di reati è un’indagine di natura indiziaria. Spetta al giudice di merito apprezzare i nessi esteriori tra le condotte per stabilire se esse discendano da un unico piano. Questo apprezzamento, se sorretto da una motivazione adeguata, logica e priva di travisamenti, non è sindacabile in Cassazione.
Infine, la Corte ha specificato che confondere l’unicità del movente (ad esempio, il bisogno di denaro) con il vincolo della continuazione è un errore. Le finalità comuni non sono sufficienti a integrare il reato continuato se manca una deliberazione unitaria iniziale.
Conclusioni: L’Importanza della Motivazione del Giudice
L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso nell’applicazione del reato continuato. La decisione riafferma che il beneficio non può essere concesso a chi dimostra una generica tendenza a delinquere, ma è riservato ai soli casi in cui sia provata, sulla base di precisi indicatori fattuali (contesto spaziale e temporale, modalità esecutive, ecc.), l’esistenza di un’unica, originaria programmazione criminale. La valutazione di questi elementi è di competenza esclusiva del giudice di merito, e la Corte di Cassazione interviene solo per controllare la logicità e la coerenza del suo ragionamento, non per sostituire la propria valutazione a quella del tribunale.
Che cos’è il reato continuato?
È un istituto che permette di considerare più reati, commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, come un’unica violazione ai fini della determinazione della pena, applicando la pena prevista per il reato più grave aumentata fino al triplo.
Una generica tendenza a commettere crimini è sufficiente per ottenere il beneficio della continuazione?
No. La Corte chiarisce che il programma criminoso non deve essere confuso con una generica concezione di vita improntata al crimine. Quest’ultima è sanzionata da altri istituti come la recidiva o l’abitualità nel reato, che hanno una finalità opposta a quella del favor rei tipica della continuazione.
La Corte di Cassazione può riesaminare i fatti per decidere se applicare o meno il reato continuato?
No. L’accertamento degli indici che dimostrano l’unitarietà del disegno criminoso è un compito del giudice di merito. La sua valutazione è insindacabile in sede di legittimità (davanti alla Cassazione), a meno che la motivazione della decisione non sia illogica, contraddittoria o basata su un travisamento dei fatti.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20921 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20921 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 09/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a UDINE il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 03/10/2023 del TRIBUNALE di VALLO DELLA LUCANIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato in fatto e considerato in diritto
Ritenuto che sono inammissibili le censure dedotte nel ricorso di NOME COGNOME nel quale il difensore si duole della violazione degli artt. 81 comma 2 cod. pen. e 671 cod. proc. pen, e del vizio di motivazione, in relazione al mancato riconoscimento della continuazione anche solo per alcuni dei reati oggetto della richiesta – perché costituite d mere doglianze in punto di fatto.
Considerato che dette censure sono, altresì, riproduttive di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal Tribunale di Vall Lucania nel provvedimento impugnato, che ha ragionevolmente argomentato sull’impossibilità di ritenere i reati, di cui ai quattro gruppi di sentenze enucleati dalla ricorrente nell’orig istanza, uniti da un medesimo disegno criminoso alla luce della disomogeneità territoriale degli accadimenti, di un, comunque, apprezzabile arco temporale di realizzazione (ad esclusione delle prime due sentenze del primo gruppo, per le quali tuttavia non si sono ravvisati altri indici sintomatici di medesimezza del programma), nonché della non comunanza di correi;
Ricordato che il programma criminoso non deve essere confuso con la sussistenza di una concezione di vita improntata al crimine e che dal crimine intende trarre sostentamento (venendo la stessa sanzionata da istituti quali la recidiva, l’abitualità, la professionalit reato e la tendenza a delinquere, secondo un diverso e opposto parametro rispetto a quello sotteso all’istituto della continuazione, preordinato al favor rei: cfr. Sez. 5, n. 10917 del 12/01/2012, Abbassi, Rv. 252950); che la ricostruzione del processo ideativo di una serie di episodi è per natura indiziaria, atteso che trattandosi di accertamento relativo a atteggiamento psicologico lo stesso può alimentarsi esclusivamente dall’apprezzamento di nessi esteriori tra le diverse condotte poste in essere, che non siano però espressivi di una indefinita adesione ad un sistema di vita;
Osservato che la ricorrente, nell’affermare (pag. 3 del ricorso) che i reati erano previs «seppure in linea generale, come mezzo diretto al conseguimento di un unico scopo» sembra confondere l’unicità del movente con il vincolo della continuazione, dovendosi osservare invece sul punto come le finalità comuni dei reati non sono sufficienti ad affermare il nesso dell continuazione in mancanza di una deliberazione unitaria, e che l’accertamento degli indici sintomatici dell’unitarietà del disegno criminoso «è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del giudice sia sorrett da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamento dei fatti» (Sez. 7, n. 25908 del 10/03/2022, non massimata);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 09/05/2024