Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 6372 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1   Num. 6372  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MESSINA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 29/03/2023 della CORTE APPELLO di MESSINA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la decisione in epigrafe, la Corte di appello di Messina, giudice dell’esecuzione adito ex art. 671.cod. proc. pen., ha rigettato l’istanza di NOME COGNOME volta ad ottenere l’applicazione della disciplina della continuazione tra i reati giudicati da tre sentenze.
Avverso la decisione, COGNOME, per il tramite del difensore di fiducia, ha proposto ricorso chiedendo l’annullamento del provvedimento sulla base di tre motivi.
2.1. Con il primo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 6, 7 e 10 cod. pen. nonché vizio di motivazione.
Lamenta che, in contrasto con i principi affermati dalla consolidata giurisprudenza di legittima, l’elemento temporale sia stato ritenuto elemento necessario per il riconoscimento della continuazione nonostante la sussistenza di indicatori di per sé sintomatici dell’unitarietà del disegno criminoso. Dalle
sentenze in esecuzione si evince che COGNOME aveva compiuto ripetute violazioni della disciplina degli stupefacenti, partendo dalla modesta attività di spacciatore di sostanze leggere fino a mettere in piedi un’organizzazione imprenditoriale e che aveva sempre svolto tale attività illecita, anche dopo periodi di carcerazione, per il sostentamento personale e della sua famiglia.
2.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 6, 7 e 10 cod. pen. nonché vizio di motivazione con riferimento agli artt. 81 cod. pen. e 671 cod. proc. pen.
Lamenta che la Corte distrettuale, nel valutare la distanza temporale tra i fatti delittuosi giudicati con le snetnze del 24 luglio 2020 e del 4 novembre 2019, non abbia tenuto conto del periodo intermedio di carcerazione per quanto protrattosi per otto mesi.
2.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’affermazione dell’ordinanza impugnata secondo cui la progettazione a propri di più reati sia sintomo di allarmante indifferenza ai precetti penali e quindi di per sé inidonea a giustificare il più mite trattamento sanzionatorio previsto per il reato continuato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Tutte le censure, che possono essere trattate congiuntamente in ragione della connessione logica delle questioni poste, sono infondate sicché il ricorso deve essere rigettato.
Va, in premessa, ricordato che l’unicità di disegno, egualmente necessaria per il riconoscimento della continuazione in fase di cognizione e in fase esecutiva, non si identifica «con il programma di vita delinquenziale del reo, che esprime, invece, l’opzione del reo a favore della commissione di un numero non predeterminato di reati, che, seppure dello stesso tipo, non sono identificabili a priori nelle loro principali coordinate, rivelando una generale propensione alla devianza, che si concretizza, di volta in volta, in relazione alle varie occasioni ed opportunità esistenziali» (Sez. 1, n. 15955 del 08/01/2016, Eloumari, Rv. 266615). L’unicità di disegno criminoso non può, per converso, ridursi alla sola ipotesi in cui tutti i singoli reati siano stati dettagliatamente progettati e previ in relazione al loro graduale svolgimento, nelle occasioni, nei tempi, nelle modalità delle condotte, giacché siffatta definizione di dettaglio non è conforme al dettato normativo – che parla soltanto di “disegno” – e non risulta comunque necessaria per l’attenuazione del trattamento sanzionatorio. Quello che occorre, invece, e che è sufficiente, è che si abbia una programmazione e deliberazione ”’
iniziale di una pluralità di condotte grossomodo delineate (“disegnate”) in vista di un unico fine. Ciò significa che la programmazione richiesta per l’integrazione della continuazione può essere ab origine anche priva di specificità, purché i reati da compiere risultino previsti almeno in linea generale – con l’inevitabile riserva di “adattamento” alle eventualità del caso – come mezzo diretto al conseguimento di un unico scopo o intento, parimenti prefissato e sufficientemente specifico. Sul piano probatorio per il riconoscimento della continuazione è sempre necessaria «una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, l contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare l presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea » (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074).
La omogeneità dei fatti, intesa come analogia dei singoli reati, per come in concreto realizzati o in base all’unitarietà del contesto, nonché in relazione alla identità della spinta a delinquere, e la loro contiguità temporale (che rappresenta di regola, in base a dati di comune esperienza, “limite logico” della possibilità di ravvisare il reato continuato), unitariamente considerati, fungono da indizi della assenza di interruzioni o soluzioni della continuità solo in relazione alla unitarietà del fine, la cui presenza rende impossibile affermare che gli episodi successivi, pur mossi da analogo intento, siano però frutto dell’insorgenza di autonome risoluzioni anti doverose. Se dunque può escludersi che una programmazione e deliberazione unitaria possa essere desunta sulla sola base di ciascuno degli aspetti evidenziati, singolarmente preso, neppure può dubitarsi che ciascuno di tali fattori, nessuno di per sé “indizio necessario” ed esaustivo, aggiunto ad altro incrementa la possibilità che debba riconoscersi l’esistenza del medesimo disegno criminoso, in proporzione logica corrispondente all’aumento delle coincidenze indiziarie favorevoli.
La Corte territoriale ha fatto buon governo degli espositi principi, giustificando la decisione adottata senza incorrere nei denunziati vizi logici. Ha, infatti, escluso che i reati oggetto della richiesta di unificazione fossero sta commessi in esecuzione di un’unica inziale deliberazione ed in vista di un unico fine sulla scorta della dirimente argomentazione che le violazioni, pur offensive dello stesso bene giuridico (violazioni della disciplina sugli stupefacenti), erano state commesse, oltre che con modalità esecutive, desunte dalle sentenze in (‘
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atti, diverse tra loro, a distanza temporale, che, per quanto variabile, era sempre stata significativa (superiore all’anno), ed avevano interessato un arco temporale, protrattosi per più di tre anni, dal 2017 al 2020. In tale contesto, aggiunge l’ordinanza impugnata – con motivazione nient’affatto illogica e, quindi, insindacabile in sede di legittimità – rispetto alla tesi difensiva secondo cu l’odierno ricorrente, sin dal primo reato in ordine di tempo, aveva programmato, sia pure nelle linee essenziali, quelli successivi, risultava preferibile, in assenza d specifici elementi fattuali valutabili come collanti tra le varie condotte illec quella di segno contrario, secondo cui lo stesso aveva reiterato le condotte delittuose in attuazione di una scelta di vita delinquenziale orientata al sostentamento mediante atti di locupletazione illecita, sviluppatasi con autonome determinazioni criminose, di volta in volta scaturite da singole occasioni od opportunità.
Né la distanza cronologica tra i reati oggetto della richiesta di unificazione ex art. 891, secondo comma, cod. pen. può essere diversamente valutata sol perché il condannato ha trascorso in regime detentivo una parte considerevole di tale periodo. Al contrario, quando, come nel caso in esame, dopo la condanna definitiva per alcuni reati e prima della consumazione degli altri interviene un periodo, specie se lungo, di carcerazione, la prospettazione della realizzazione delle violazioni precedenti e successive a questa peculiare condizione in esecuzione del medesimo disegno, sul piano logico, si scontra, da un lato con la cesura esistenziale non solo teorica, ma reale e tranciante, costituita dalla carcerazione; dall’altro con la impossibilità di presumere che nonostante la carcerazione – anche a prescindere dalla teorica tendenziale finalizzazione di questa alla rieducazione – la condizione che aveva fornito la spinta per la realizzazione dei precedenti reati, sia rimasta medio termine immutata anziché deprecabilmente risorta dopo la scarcerazione.
4. Al rigetto consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese rocessuali.
Così deciso, in Roma 23 novembre 2023.