Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 46625 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 46625 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Modugno il 27.7.1976
avverso l’ordinanza del Tribunale di Bari del 9.2.2024
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza resa in data 9.2.2024, il Tribunale di Bari ha rigettato, in funzione di giudice dell’esecuzione, una istanza, presentata nell’interesse di COGNOME Sebastiano, di applicazione della disciplina del reato continuato ai fatti giudicati con: 1) sentenza del 4/2/2019 del Tribunale di Bari di condanna a mesi quattro di arresto per il reato di cui all’art. 76, comma 4, D.Lgs. n. 159 del 2011, commesso in Bari il 25/3/2016; 2) sentenza del 21/1/2017 del Tribunale di Bari di condanna alla pena di mesi otto e giorni venti di reclusione per i reati di cui agli
artt. 73 e 75, comma 2, D.Lgs. n. 159 del 2011 (con continuazione interna), commessi in Bari il 20/1/2017.
Il giudice dell’esecuzione ha considerato che, nonostante i tre episodi criminosi in questione violino la medesima legge, si sia in presenza più semplicemente di un genere di vita incline al reato e che i principi regolatori della continuazione non possano trovare applicazione ai soggetti a cui è stato riconosciuto lo status di sorvegliato speciale. Ha aggiunto che, nel caso di specie, mancano elementi indicativi della preventiva risoluzione criminosa, anche tenuto conto dello iato temporale tra i reati.
Avverso la predetta ordinanza, ha proposto ricorso il difensore di COGNOME NOME, articolandolo in un unico motivo, con cui deduce la inosservanza degli artt. 81 cod. pen. e 671 cod. proc. pen., con conseguente motivazione contraddittoria o mancante.
Il ricorso censura che, malgrado il parere favorevole del pubblico ministero, il giudice dell’esecuzione abbia rigettato l’istanza, richiamando in modo sterile i principi generali e valutando sostanzialmente come unico elemento la distanza cronologica tra i fatti. Ma l’intervallo temporale, peraltro di soli dieci mesi, non è decisivamente ostativo al riconoscimento del programma criminoso unitario almeno nelle sue linee fondamentali; in ogni caso, si tratta di elemento che non esime il giudice dall’onere di verificare se la continuazione non possa essere riconosciuta con riferimento agli altri indici della similare tipologia, delle singole causali e della continuità spaziale.
Inoltre, il richiamo contenuto nell’ordinanza alla condizione di sorvegliato speciale – lamenta il ricorso – ha carattere oscuro e apparente.
Con requisitoria scritta del 26.5.2024, il Sostituto Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso, in quanto sollecita una nuova valutazione delle circostanze di fatto già correttamente prese in considerazione dal giudice dell’esecuzione, con la valorizzazione del significativo intervallo temporale tra i reati. Il ricorso, pertanto, non si confronta con la motivazione e non spiega adeguatamente per quali ragioni tra i reati si debba ritenere vi fosse una unitaria delibazione criminosa sin dall’origine, né adempie all’onere, che incombe sul condannato, di allegare elementi sintomatici della continuazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere rigettato.
Deve premettersi che, in tema di continuazione, l’accertamento del requisito della unicità del disegno criminoso costituisce una questione di fatto rimessa alla
valutazione del giudice di merito, il cui apprezzamento è sindacabile in sede di legittimità solo ove non sia sorretto da adeguata motivazione (Sez. 1, n. 12936 del 3/12/2018, dep. 2019, Rv. 275222 – 01).
Nel caso di specie, la motivazione, al di là del non decisivo riferimento allo status di sorvegliato speciale che – come rilevato nel ricorso – è effettivamente alquanto criptico e connotato da una certa stringatezza argomentativa, non è affetta da alcuno dei vizi previsti dall’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., né da alcuna violazione di legge.
L’ordinanza impugnata individua, quale unico indice eventualmente sintomatico della continuazione, la omogeneità dei reati (violazioni delle disposizioni del D.Lgs. n. 159 del 2011), ma evidenzia, al tempo stesso, la mancanza di altri elementi che consentano di ritenere che siano il risultato di una preventiva ideazione criminosa.
Né elementi di tale valenza sono stati indicati dal condannato, il quale ha l’onere di allegare elementi specifici e concreti a sostegno della richiesta di applicazione della disciplina del reato continuato, non essendo sufficiente il mero riferimento alla contiguità cronologica degli addebiti ovvero all’identità dei titoli di reato, in quanto indici sintomatici, non di attuazione di un progetto criminoso unitario, bensì di scelte di vita ispirate alla sistematica e contingente consumazione degli illeciti. (Sez. 1, n. 35806 del 20/4/2016, Rv. 267580 – 01; cfr. anche Sez. 3, n. 17738 del 14/12/2018, dep. 2019, Rv. 275451 – 01).
Sotto questo profilo, il ricorso, al di là delle censure mosse, non individua alcun altro fattore che sia stato tralasciato dal giudice dell’esecuzione, sicché la conclusione cui approda l’ordinanza impugnata, secondo cui non è ravvisabile la continuazione tra l’omesso versamento della cauzione imposta da una misura di prevenzione e le violazioni della stessa misura poste in essere dopo circa dieci mesi, è nient’affatto illogica o contraddittoria.
Ne consegue, pertanto, il rigetto del ricorso, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 20.9.2024