Reato Continuato: Quando il Giudice non può Unificare i Reati
Il concetto di reato continuato è fondamentale nel nostro ordinamento penale, poiché permette di mitigare il trattamento sanzionatorio per chi commette più reati in esecuzione di un unico piano. Tuttavia, la sua applicazione non è illimitata. Con la sentenza n. 21148 del 2024, la Corte di Cassazione ha tracciato un confine netto, stabilendo che il giudice dell’esecuzione non può ‘creare’ un vincolo di continuazione che era stato espressamente escluso in un precedente giudizio di merito. Analizziamo questa importante decisione.
I Fatti del Caso
La vicenda nasce dalla richiesta di un imputato, condannato per due distinti episodi di bancarotta fraudolenta, di veder riconosciuto il vincolo della continuazione tra i due reati. Il primo fatto era stato commesso nel 2013, il secondo nel 2017. Il Giudice per le Indagini Preliminari, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva accolto la richiesta, unificando i due episodi sotto il medesimo disegno criminoso.
Contro questa decisione, il Pubblico Ministero ha proposto ricorso per Cassazione, sollevando un punto cruciale di diritto processuale. Il PM ha evidenziato come il reato di bancarotta del 2017 fosse già stato unificato, in fase di cognizione, con altri fatti di bancarotta commessi nel 2010 e 2011. In quella stessa sede, però, i giudici avevano esplicitamente negato la sussistenza di un legame tra il fatto del 2010 e quello del 2013, oggetto della nuova richiesta di unificazione. In pratica, si chiedeva di unire un reato (quello del 2013) che era già stato giudicato come ‘estraneo’ al progetto criminoso originario.
Il Principio del Reato Continuato e i Limiti del Giudice dell’Esecuzione
Il cuore della questione ruota attorno ai poteri del giudice dell’esecuzione. Può questo giudice ‘superare’ una valutazione già compiuta da un giudice di merito (cioè quello che ha emesso la condanna) riguardo all’esistenza di un medesimo disegno criminoso? La Procura sosteneva di no, poiché si sarebbe violato il principio del giudicato, ovvero la stabilità delle decisioni definitive.
L’argomentazione del PM era logica e stringente: se il reato del 2013 era stato giudicato non facente parte del piano criminoso che includeva il reato del 2010, e quest’ultimo era stato poi unito a quello del 2017, non si poteva ora, a posteriori, creare un collegamento precedentemente negato. Facendolo, il giudice dell’esecuzione avrebbe ‘scisso’ un reato continuato già accertato per agganciarvi un episodio che ne era stato escluso.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha accolto pienamente la tesi del Pubblico Ministero, ritenendo il ricorso fondato. I giudici supremi hanno chiarito che il giudice dell’esecuzione non dispone del potere di ‘rimodellare’ un giudizio già espresso. La statuizione di ‘non sussistenza’ del vincolo della continuazione, emessa in sede di cognizione, rappresenta un ostacolo insuperabile.
La Corte ha spiegato che non è possibile ‘scindere’ un reato continuato già deliberato per estrapolarne un elemento e riunirlo a un altro fatto che, in precedenza, era stato escluso dal medesimo disegno criminoso. Tale operazione contraddirebbe la valutazione di merito già passata in giudicato, introducendo un elemento di incertezza e instabilità nel sistema. Di conseguenza, il provvedimento del GIP è stato annullato con rinvio per un nuovo esame che dovrà attenersi a questo principio.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
La sentenza stabilisce un importante principio di diritto: la valutazione sull’esistenza di un medesimo disegno criminoso, una volta effettuata con sentenza definitiva, non può essere rimessa in discussione dal giudice dell’esecuzione. Questo significa che se un tribunale ha escluso che il reato A facesse parte del piano criminoso che ha portato al reato B, il giudice dell’esecuzione non potrà successivamente dichiarare che A e B sono in continuazione.
Questa decisione rafforza la certezza del diritto e il valore del giudicato penale. Per gli operatori del diritto, ciò implica la necessità di valutare attentamente, già in fase di cognizione, tutte le potenziali connessioni tra i diversi reati contestati, poiché una valutazione negativa sulla continuazione potrebbe precludere future riconsiderazioni in sede esecutiva.
È possibile riconoscere il reato continuato tra due reati se un precedente giudizio aveva già escluso il legame tra uno di essi e altri fatti già unificati?
No. Secondo la Corte di Cassazione, se un giudice di cognizione ha già escluso con una statuizione espressa l’esistenza di un medesimo disegno criminoso tra due fatti, il giudice dell’esecuzione non può successivamente riconoscere tale legame, poiché si scontrerebbe con una valutazione già passata in giudicato.
Cosa significa che il giudice dell’esecuzione non può ‘scindere’ un reato continuato già accertato?
Significa che il giudice non può prendere un gruppo di reati già giudicati come un blocco unico perché legati da un medesimo disegno criminoso (reato continuato), separarne uno, e unirlo a un altro reato che era stato in precedenza esplicitamente escluso da quel blocco. L’unità del reato continuato già deliberata deve essere rispettata.
Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione in questo caso?
La Corte ha annullato l’ordinanza del giudice dell’esecuzione che aveva concesso la continuazione, accogliendo il ricorso del Pubblico Ministero. Ha disposto un nuovo giudizio (rinvio) che dovrà essere condotto nel rispetto del principio secondo cui non si può superare la precedente decisione che aveva escluso il vincolo della continuazione.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 21148 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 21148 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 01/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: 4.46€ DI MILANO
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE tE-Erlzi —7 1 nel procedimento a carico di: COGNOME NOME NOME NOME MILANO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 25/07/2023 del GIP TRIBUNALE di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette/sehdte le conclusioni del PG L. GLYPH c.)2-.A.t. (L3 RAGIONE_SOCIALE.A., t (-4.1 c)%3 r)- GLYPH 42.Cs-ofe GLYPH Lira GRA( .) -(C -Q) 4 )
IN FATTO E IN DIRITTO
Con ordinanza emessa in data 25 luglio 2023 il GIP del Tribunale di Milano quale giudice della esecuzione – ha accolto la domanda di riconoscimento della continuazione introdotta da COGNOME NOME.
In particolare il GIP ha ritenuto sussistente, per quanto emerge dal contenuto della decisione, il vincolo della continuazione tra un fatto di bancarotta fraudolenta commesso il 16 marzo del 2017 (sent. irr. dal 26.10.2022) e un fatto di bancarotta fraudolenta commesso il 13 settembre del 2013 (sent. irr. dal 13.7.2022).
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Pubblico Ministero, deducendo erronea applicazione di legge.
2.1 Con articolato atto, si rappresenta che la decisione relativa al fatto di bancarotta del settembre 2013 non poteva essere riunita in continuazione con la bancarotta commessa nel marzo 2017 (sentenza irr. dal 27.11.2022), atteso che questa ultima decisione era stata già riunita in continuazione con altri fatti di bancarotta (commessi uno nel 2010 e due nel 2011) e in sede di cognizione si era esclusa la ricorrenza del medesimo disegno criminoso tra uno deo . fatti già riuniti in continuazione e la sentenza relativa alla bancarotta del settembre 2013.
Il ricorso è fondato, per le ragioni che seguono.
3.1 II giudice della esecuzione non ha congruamente motivato circa la possibilità di superamento della ragione ostativa introdotta dal Pubblico Ministero già nel parere relativo alla domanda.
In particolare, il fatto di bancarotta commesso in data 26 settembre del 2013 (sentenza C.App. Milano del 17 maggio 2021) è stato oggetto di espressa statuizione di ‘non sussistenza’ del vincolo della continuazione (in sede di cognizione, sent. del 9.6.2020) con il fatto di bancarotta commesso nel 2010 (sent. del 7 marzo 2013).
Ora, come è stato documentato dal PM impugnante il fatto di bancarotta del 2010 è stato – nel frattempo – riunito in continuazione con i due fatti di bancarotta del 2011 e con quello del 2017 (oggetto della decisione qui in rilievo).
Non poteva, pertanto, il GIP ‘scindere’ un reato continuato già deliberato com tale, ritagliarne uno degli elementi costitutivi e riunire detto episodio ad un fatto di bancarotta in precedenza escluso dal riconoscimento del medesimo disegno criminoso.
Va pertanto disposto l’annullamento con rinvio, per nuovo esame, della decisione impugnata.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Milano.
Così deciso il 1 febbraio 2024
Il Consigliere estensore Il Presidente