Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 27612 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 27612 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 15/05/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente sul ricorso proposto da:
avverso l’ordinanza del 08/02/2025 del GIP TRIBUNALEdi Bologna;
vista la requisitoria del Sost. Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
In particolare, sono state ritenute espressive di un medesimo disegno criminoso le condotte giudicate in due decisioni (Tribunale Lamezia Terme del 2 marzo 2015 e Tribunale Catanzaro del 13 luglio 2018) mentre per il resto la domanda Ł stata respinta.
Quanto alla parte reiettiva, le decisioni hanno ad oggetto : a) il reato di diserzione commesso tra giugno ed agosto del 2009; b) reati in tema di armi commessi nel mese di agosto del 2009; c) reati contro la fede pubblica commessi nel gennaio 2020
In motivazione, il g.e. afferma che al di là del dato temporale (per i fatti commessi nel 2020) la continuazione non può riconoscersi neanche tra le condotte di diserzione e quelle relative al possesso abusivo delle munizioni o dei segni distintivi, posto che la volontà di dismettere lo status di militare (COGNOME apparteneva alla Guardia di Finanza) non Ł compatibile con la rappresentazione di altri delitti in cui la qualità dismessa si intendeva spendere.
Avverso detta ordinanza, nella parte reiettiva, ha proposto ricorso per cassazione nelle forme di legge – COGNOME NOME Il ricorso Ł affidato a un unico motivo con cui si deduce erronea applicazione di legge.
Secondo la difesa del ricorrente non sarebbe logica la parte della motivazione con cui si realizza una distinzione tra la condotta di diserzione e le altre condotte, posto che il modus operandi tenuto dal COGNOME Ł stato sempre il medesimo. Si Ł passati – si sostiene- dallo
– Relatore –
Sent. n. sez. 1734/2025
CC – 15/05/2025
sfruttamento della posizione di militare alla evocazione abusiva dello status . Dunque si sarebbe dovuta riconoscere, sulla base degli ordinari indicatori, la deliberazione unitaria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va dichiarato inammissibile perchØ proposto per motivi non consentiti, trattandosi di richiesta di rivalutazione di aspetti di merito, congruamente apprezzati sul piano argomentativo nella decisione impugnata.
Ed invero va premesso che in tema di riconoscimento della continuazione il giudice di merito – attraverso un concreto esame dei tempi e delle modalità di realizzazione delle diverse violazioni commesse – deve apprezzare l’esistenza o meno di indici rivelatori tali da consentire – ove rinvenuti – la qualificazione delle condotte in termini di unicità del disegno criminoso.
Per tale va intesa la rappresentazione unitaria sin dal momento ideativo delle diverse condotte violatrici – almeno nelle loro linee essenziali – da parte del soggetto agente, sì da potersi escludere una successione di autonome risoluzioni criminose ed in tal modo giustificandosi la valutazione di ridotta pericolosità sociale che giustifica il trattamento sanzionatorio piø mite rispetto al cumulo materiale ( ex multis Sez. I n. 40123 del 22.10.2010, rv 248862) .
Ciò perchŁ la ricaduta nel reato e l’abitualità a delinquere non integrano di per sØ il caratteristico elemento intellettivo (unità di ideazione che abbraccia i diversi reati commessi) che caratterizza il reato continuato.
La ricostruzione del processo ideativo di una serie di episodi Ł – per natura – indiziaria, atteso che trattandosi di accertamento relativo ad atteggiamento psicologico lo stesso può alimentarsi esclusivamente dall’apprezzamento di nessi esteriori – tra le diverse condotte poste in essere-, che non siano però espressivi di una indefinita adesione ad un sistema di vita.
Va riaffermato dunque che la unicità di disegno criminoso, richiesta dall’art. 81 c.p., comma 2, non può identificarsi con una scelta di vita che implica la reiterazione di determinate condotte criminose o comunque con una generale tendenza a porre in essere determinati reati.
Al contempo la nozione di continuazione neppure può ridursi all’ipotesi che tutti i singoli reati siano stati dettagliatamente progettati e previsti, in relazione al loro graduale svolgimento, nelle occasioni, nei tempi, nelle modalità delle condotte, giacchØ siffatta definizione di dettaglio oltre a non apparire conforme al dettato normativo, che parla soltanto di “disegno” porrebbe l’istituto fuori dalla realtà concreta, data la variabilità delle situazioni di fatto e la loro prevedibilità, quindi e normalmente, solo in via approssimativa.
Quello che occorre, invece, Ł che si abbia una visibile programmazione e deliberazione iniziale di una pluralità di condotte in vista di un unico fine.
La programmazione può essere perciò ab origine anche di massima, purchØ i reati da compiere risultino previsti almeno in linea generale, con riserva di ‘adattamento’ alle eventualità del caso, come mezzo per il conseguimento di un unico scopo o intento, prefissato e sufficientemente specifico (in tal senso Sez. I n. 12905 del 17.3.2010, rv 246838).
Tali principi sono stati di recente ribaditi, con specifico riferimento ai contenuti della valutazione da compiersi in sede esecutiva, da Sez. Un. n. 28659 del 18.5.2017, rv 270074, che si Ł espressa nel modo che segue :il riconoscimento della continuazione, necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una
approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea.
Nel caso in esame la valutazione operata dal Tribunale appare rispondente a tali considerazioni in diritto e non appare inficiata da evidenti vizi logici, dato che la dismissione della qualità di militare Ł aspetto che impone di realizzare le condotte delittuose con modalità diverse, così come ritenuto dal giudice dell’esecuzione.
In tal senso, il ragionamento espresso in sede di merito appare il logico dispiegarsi di valutazioni in fatto, non sindacabili nella presente sede di legittimità.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro duemila, ai sensi dell’ art. 616 cod. proc. pen..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così Ł deciso, 15/05/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME