Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 14178 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 14178 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 23/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il 30/04/1989
avverso l’ordinanza del 15/10/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che chiesto GLYPH l’annullamento con rinvio dell’impugnata ordinanza.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato la Corte di appello di Palermo, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza presentata nell’interesse di NOME COGNOME diretta ad ottenere l’applicazione della disciplina del reato continuato in relazione a diversi reati giudicati con due sentenze emesse da: 1) Corte di appello di Palermo il 06/10/2016, divenuta irrevocabile il 21/11/2016, per il reato di coltivazione di sostanze stupefacenti commesso il 10/07/2015; 2) Corte di appello di Palermo il 29/01/2020, divenuta irrevocabile il 05/10/2021, per i reati di associazione ex art. 74 d.P.R. 309 del 1990, sino a marzo 2013 e per i reati fine commessi tra il 2012 ed il marzo 2013.
A ragione il decidente ha evidenziato come, tenuto conto del lasso di tempo decorso tra i fatti in contestazione, e della circostanza dell’avvenuta commissione del reato sub 1) con persona estranea al programma criminoso del sodalizio di cui alla sentenza sub 2), dovesse escludersi che il reato di coltivazione di cannabis di cui alla sentenza sub 1) potesse essere stato oggetto di una programmazione unitaria, e, tanto meno, che rientrasse nel programma criminoso del sodalizio di cui alla sentenza sub 2).
Avverso il provvedimento ricorre NOME COGNOME per mezzo del difensore avv. NOME COGNOME che denuncia, ex art. 606 co. 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen. come unico motivo di ricorso, violazione di legge con riferimento alla mancata applicazione della disciplina del reato continuato, e contraddittoria o inesistente motivazione per omessa valutazione degli elementi addotti dalla difesa a sostegno della ritenuta sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del vincolo della continuazione.
La coltivazione relativa alla contestazione del reato commesso sino al luglio 2015 (di cui alla sentenza sub 1) altro non era che una delle tante attraverso le quali si era realizzata la condotta associativa, nell’ambito della quale il COGNOME rivestiva un ruolo di primo piano, mettendo a disposizione del sodalizio diversi immobili che hanno costituito le basi operative dell’organizzazione, tra le quali anche il fondo ove si era realizzata la condotta di cui alla prima sentenza, all’epoca sfuggita al monitoraggio degli inquirenti; peraltro la stessa contestazione del reato associativo non si fermava al 2013, come erroneamente scritto dal G.E., dal momento che il capo di imputazione indica come data del commesso reato “sino al marzo 2013 e successivamente”.
Il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, NOME COGNOME ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha chiesto l’annullamento con rinvio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. Questa Corte ha costantemente affermato, in tema di reato continuato, che l’unicità del disegno criminoso presuppone l’anticipata ed unitaria ideazione di più violazioni della legge penale, già presenti nella mente del reo nella loro specificità, e che la prova di tale congiunta previsione deve essere ricavata, di regola, da indici esteriori che siano significativi, alla luce dell’esperienza, del dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere (Sez. 4, n. 16066 del 17/12/2008, dep. 16/04/2009, COGNOME, Rv. 243632). Il giudice dell’esecuzione, nel valutare l’unicità del disegno criminoso, non può attribuire rilievo ad un programma di attività delinquenziale che sia meramente generico, essendo invece necessaria la individuazione, fin dalla commissione del primo episodio, di tutti i successivi, almeno nelle loro connotazioni fondamentali, con deliberazione, dunque, di carattere non generico, ma generale (Sez. 1, n. 37555 del 13/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 267596).
L’identità del disegno criminoso deve essere negata qualora, malgrado la contiguità spazio-temporale ed il nesso funzionale tra le diverse fattispecie incriminatrici, la successione degli episodi sia tale da escludere la preventiva programmazione dei reati ed emerga, invece, l’occasionalità di quelli compiuti successivamente rispetto a quello cronologicamente anteriori (Sez. 6, n. 44214 del 24/10/2012 – dep. 14/11/2012, Natali e altro, Rv. 254793).
La ricaduta nel reato e l’abitualità a delinquere non integrano di per sé il caratteristico elemento intellettivo (unità di ideazione che abbraccia i diversi reati commessi) che caratterizza il reato continuato (Sez. 2, n. 40123 del 22/10/2010, Marigliano, Rv. 248862).
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno ribadito che il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spaziotemporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074).
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3. Venendo allo specifico esame della questione dedotta, pare al Collegio che l’ordinanza impugnata abbia mancato di dialogare con una fondamentale deduzione
difensiva, pure specificamente proposta.
Nel caso in esame, oltre alla omogeneità dei reati (in relazione alla coltivazione di piante di cannabis), il ricorrente aveva infatti dedotto un elemento di collegamento tra
le condotte, in particolare evidenziando come la coltivazione relativa alla contestazione del reato commesso sino al luglio 2015 (di cui alla sentenza sub 1), fosse una delle
condotte rientranti nel programma associativo di cui alla condanna inflitta con la sentenza sub 2).
La Corte palermitana, omettendo di confrontarsi con tale deduzione, è pervenuta tuttavia al rigetto della richiesta di applicazione della continuazione, incorrendo in un
travisamento dei dati emergenti dalla lettura delle sentenze, avendo ancorato la fine della permanenza del reato associativo al marzo 2013; al contrario, come denunciato in
ricorso, la contestazione della condotta di cui all’art. 74 D.P.R. 309/90 era “aperta”
(“sino al marzo 2013 e successivamente”), a fronte di una sentenza di primo grado emessa in data 21/03/2018. La motivazione con cui l’ordinanza impugnata ha escluso la continuazione tra i reati giudicati con le sentenze indicate dal ricorrente nell’istanza ex art. 671 cod. proc. pen. si rivela pertanto priva di un congruo e adeguato supporto argo mentativo.
L’ordinanza impugnata va dunque annullata con rinvio per nuovo giudizio al giudice dell’esecuzione in diversa composizione (sentenza Corte costituzionale n. 183 del 2013) perché proceda a nuovo esame dell’istanza ex art. 671 cod. proc. pen., da condursi in piena libertà, ma alla luce dei rilievi sopra formulati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Palermo.
Così deciso il 23/01/2025