Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 45984 Anno 2024
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 45984 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 19/11/2024
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME COGNOME nato a ERICE il 16/04/1980
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del avverso l’ordinanza del 27/06/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME ricorso.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza del 27 giugno 2024 la Corte d’appello di Palermo, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza di NOME COGNOME di applicazione della disciplina della continuazione tra i reati oggetto delle seguenti sentenze di condanna emesse nei suoi confronti:
1.sentenza del 25 febbraio 2016 della Corte d’appello di Palermo, per reato di cui all’art. 368 cod. pen. commesso il 30 aprile 2009;
sentenza del 9 dicembre 2016 della Corte d’appello di Palermo, per reati di cui agli artt. 640 e 641 cod. pen. commessi tra il 2008 ed il 2009;
sentenza del 18 gennaio 2019 della Corte d’appello di Palermo, per reato di cui all’art. 648 cod. pen. commesso il 29 aprile 2008;
sentenza del 24 febbraio 2022 della Corte d’appello di Palermo, per reato di cui agli artt. 216, 223 l. fall. commesso il 20 dicembre 2010.
In particolare, nel respingere l’istanza, il giudice dell’esecuzione ha ritenuto non vi fossero elementi che potessero deporre per la programmazione unitaria dei reati, evidenziando in particolare che gli stessi erano stati commessi a distanza di tempo l’uno dall’altro ed avevano ad oggetto titolo di reato diversi.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il condannato, per il tramite del difensore, con unico motivo in cui deduce che tutti i reati sono stati commessi nell’ambito della insolvenza della
società del ricorrente; la stessa condanna per calunnia riguarda l’accusa falsa, implicitamente rivolta al creditore che ne era prenditore, di non aver firmato due assegni; la stessa contiguità temporale tra i reati Ł da ritenere esistente, in quanto si tratta di fatti commessi nel medesimo periodo.
Con requisitoria scritta il Procuratore Generale, NOME COGNOME ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Considerato in diritto
1. Il ricorso Ł fondato.
La norma di cui Ł stata chiesta applicazione al giudice dell’esecuzione Ł l’art. 671, comma 1, primo periodo, cod. proc. pen., che dispone che ‘nel caso di piø sentenze o decreti penali irrevocabili pronunciati in procedimenti distinti contro la stessa persona, il condannato o il pubblico ministero possono chiedere al giudice dell’esecuzione l’applicazione della disciplina del concorso formale o del reato continuato, sempre che la stessa non sia stata esclusa dal giudice della cognizione’.
I presupposti sostanziali per l’applicazione di ciò che l’art. 671, comma 1, definisce ‘disciplina del reato continuato’ si rinvengono nell’art. 81, comma 2, cod. pen., che la ammette per ‘chi con piø azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette anche in tempi diversi piø violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge’.
La norma non detta una definizione di ‘medesimo disegno criminoso’, e, per riempire di contenuto la previsione, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che alla individuazione del ‘medesimo disegno criminoso’ si debba arrivare attraverso criteri indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita (cfr. Sez. U, Sentenza n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME Rv. 270074 – 01: Il riconoscimento della continuazione, necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spaziotemporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea).
Nell’ordinanza impugnata il giudice dell’esecuzione ha valorizzato in senso negativo due indici dell’esistenza o meno della volizione criminale unitaria, ovvero la distanza temporale tra i reati ed il loro essere riconducibili a tipologie di reato differenti.
Il ricorso deduce che, però, i reati sono stati commessi nell’ambito della insolvenza della società del ricorrente, che ha portato alla bancarotta oggetto della sentenza sub 4), ed all’insolvenza fraudolenta della sentenza sub 2), ed alla ricettazione della sentenza sub 3), e che la stessa condanna per calunnia di cui alla sentenza sub 1), apparentemente eccentrica rispetto agli altri fatti per cui il ricorrente Ł stato condannato, riguarda, in realtà, l’accusa falsamente rivolta ad un creditore di aver indebitamente ricevuto due assegni, in realtà, realmente emessi dal ricorrente e che lo stesso non era in grado di pagare.
Il motivo Ł fondato. La ordinanza impugnata, infatti, si Ł limitata a valutare gli indici astratti da cui desumere l’esistenza o meno della volizione unitaria, ma non ha affrontato l’argomento proposto in ricorso del collegamento esistente in concreto tra i diversi reati per cui Ł stato condannato il ricorrente, ovvero l’insolvenza della società del ricorrente, che dimostrerebbe come essi siano da ricondurre tutti ad un unico periodo della vita, ad una stessa vicenda, e, quindi, in definitiva, ad una
unica volizione criminale.
E’ vero, infatti, che l’onere della allegazione dell’esistenza del ‘medesimo disegno criminoso’, in conformità alle regole generali, grava su chi la afferma, e quindi, sull’imputato, se questi Ł l’istante che ha determinato l’apertura dell’incidente di esecuzione (cfr. Sez. 1, Sentenza n. 35806 del 20/04/2016, COGNOME: Rv. 267580: in tema di esecuzione, grava sul condannato che invochi l’applicazione della disciplina del reato continuato l’onere di allegare elementi specifici e concreti a sostegno, non essendo sufficiente il mero riferimento alla contiguità cronologica degli addebiti ovvero all’identità dei titoli di reato, in quanto indici sintomatici non di attuazione di un progetto criminoso unitario quanto di un’abitualità criminosa e di scelte di vita ispirate alla sistematica e contingente consumazione degli illeciti), ma, a fronte della allegazione di un collegamento esistente in concreto tra tali reati, sarebbe stato necessario per il giudice dell’esecuzione prendere posizione nella motivazione dell’ordinanza impugnata su tale deduzione e valutare la possibile esistenza della volizione criminale unitaria non soltanto sul piano della sussistenza dei criteri indicatori astratti, ma anche valutando in concreto i fatti per cui Ł stata pronunciata condanna e la riconducibilità di essi alla insolvenza della società del ricorrente.
Ne consegue che l’ordinanza non resiste alle censure che le sono state rivolte, e che la stessa deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio.
2. Il giudizio di rinvio si dovrà svolgere in diversa composizione, in osservanza di quanto deciso da Corte costituzionale 3 luglio 2013, n. 183, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimi gli artt. 34, comma 1, e 623, comma 1, lettera a), cod. proc. pen., nella parte in cui non prevedono che non possa partecipare al giudizio di rinvio dopo l’annullamento il giudice che ha pronunciato o concorso a pronunciare ordinanza di accoglimento o rigetto della richiesta di applicazione in sede esecutiva della disciplina del reato continuato, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen.
P.Q.M
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Palermo.
Così Ł deciso, 19/11/2024
Il Consigliere estensore COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME