Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 125 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 125 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a CERIGNOLA il 18/06/1976
avverso l’ordinanza del 23/07/2024 del TRIBUNALE di TRANI
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con l’adozione delle statuizioni consequenziali;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, emessa il 23 luglio 2024, il Tribunale di Trani, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza di applicazione dell’istituto della continuazione presentata nell’interesse di NOME COGNOME in ordine ai reati da lui commessi negli anni 2010 e 2011 e accertati con le seguenti sentenze:
sentenza del Tribunale di Foggia del 30.05.2014, irrevocabile il 27.03.2018;
sentenza della Corte di appello di Bari del 30.04.2019, irrevocabile il 15.09.2020;
sentenza del Tribunale di Foggia in data 8.08.2011, irrevocabile il 27.03.2018;
sentenza del Tribunale di Bari del 10.01.2018, irrevocabile il 5.10.2018;
sentenza del Tribunale di Termini Imerese del 6.02.2017, irrevocabile il 13.05.2017;
sentenza della Corte di appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, del 17.10.2018, irrevocabile il 5.03.2019;
sentenza del Tribunale di Trani del 5.04.2018, irrevocabile il 5.10.2018;
sentenza del Tribunale di Trani del 13.07.2022, irrevocabile il 26.11.2022; sentenza della Corte di appello di Bologna del 13.12.2018, irrevocabile il 29.01.2019.
La carenza dell’individuazione di adeguati indici sintomatici del medesimo disegno criminoso fra i reati oggetto di queste decisioni e la ritenuta manifestazione con quei reati della mera tendenza a delinquere da parte del condannato hanno indotto il Tribunale a respingere l’istanza.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il difensore di COGNOME chiedendone l’annullamento sulla scorta di un unico motivo con cui si lamentano, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione dell’art. 81 cod. pen. e il corrispondente vizio della motivazione.
Si rimprovera al giudice dell’esecuzione di non aver tenuto conto, nonostante il parere favorevole del Pubblico ministero, della natura fortemente indicativa dell’unitarietà progettuale dei reati oggetto dell’istanza: essi si era risolti in una serie di truffe on line perpetrate dall’agente formando e/o utilizzando documenti falsi al fine di indurre in errore le persone offese e di carpirne l’atto di disposizione patrimoniale.
In tale direzione, secondo la difesa, sono stati obliterati alcuni importanti indici sintomatici, quali la contiguità temporale delle condotte delittuose, perpetrate anche a distanza di pochi giorni l’una dall’altra, le medesime modalità
dell’azione, l’identità del bene giuridico aggredito e l’identità del movente economico che aveva indotto l’agente a commetterle.
A fronte di questo insieme di fattori da sottoporre a valutazione, il giudice dell’esecuzione, ad avviso del ricorrente, ha affermato la diversità delle co in modo logicamente incompatibile con quanto era invece stato accertato ne singoli processi, come rendeva chiaro già la disamina dei capi di imputazione connotanti ciascuno dei processi a cui erano approdate le suddette sentenze: pertanto – si sostiene – il Tribunale ha finito per compiere una lettura travisante delle corrispondenti vicende processuali, come risultanti dalle decisioni che le hanno definite, costituenti le prove da vagliare in questo procedimento esecutivo.
Il Procuratore generale si è espresso nel senso della declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte ritiene che il ricorso sia fondato nei termini e per le ragioni che seguono.
Effettivamente il giudice dell’esecuzione, per sorreggere il rigetto dell’istanza, dopo aver elencato le sentenze sopra richiamate e dopo aver ricordato, in relazione a esse, i reati accertati, indicati come reati contro patrimonio, pur dopo aver dato atto che essi hanno riguardato – tutti – violazioni della stessa indole e sono stati commessi fra il 2010 e il 2011, ha affermato che essi si rivelano come la manifestazione di una vera e propria inclinazione a delinquere del reo, caratterizzata da indubbia professionalità.
Il Tribunale non ha escluso che i suddetti reati fossero stati finalizzati ritrarre un lucro dalla loro commissione, ma ha aggiunto che tale identità di finalità perseguita non si è concretata nella emersione di un originario e unitario disegno progettuale alla base dei reati stessi, reputati tali da sottendere, piuttosto, uno stile di vita dedito al crimine.
Posto ciò, il dedotto vizio della motivazione risulta effettivo, consider connotazioni dei reati commessi da NOME e accertati con le sentenze indica
3.1. In particolare, non si profila sufficiente il riferimento alla mera t delinquere indicato dal giudice dell’esecuzione quale unico leitmotiv prospettato per spiegare la successione di condotte criminose di natura omologa messe in essere dal reo in un arco di tempo ricompreso fra il 2010 e il 2011, una volta che
si rilevi – come è dato rilevare – che i reati commessi da COGNOME nell’intervallo considerato sono stati già in sede cognitoria ritenuti, in alcuni casi, avvinti continuazione.
Questa notazione va specificata nel senso che, con riferimento all’anno 2010, la già accertata continuazione – in particolare quella applicata con la sentenza sopra identificata sub 2) ha avuto ad oggetto più reati di cui agli artt. 494, 497-bis e 640 cod. pen. commessi da COGNOME nell’arco temporale compreso tra il 10.02.2010 e il 27.12.2010: arco nel quale rientrano i reati commessi nell’agosto e nel settembre 2010 e accertati con la sentenza identificata sub 1).
Anche per quanto concerne diversi fra i reati commessi dal reo nel 2011, si rilevano quelli oggetto delle sentenze sub 4) e sub 5), sempre connotati dalla stessi indole, accertati come consumati in località diverse ma nelle date, rispettivamente, del 27.04.2011 e del 28.04.2011, con applicazione, nelle due decisioni, della continuazione interna fra i vari reati oggetto di ciascuno de giudizi; reati a cui sono seguiti gli altri nel 2011, alcuni dei quali (specie, qu riferiti al 20.05.2011, 26.05.2011 e 20.06.2011) si sono collocati a immediato dipresso temporale dei precedenti.
Stanti le connotazioni peculiari della richiamata consecutio criminosa, il giudice dell’esecuzione, nella definizione di questo complessivo thema decidendum, ben poteva, naturalmente, pervenire alla conclusione dell’assenza dell’unitarietà progettuale, ma avrebbe dovuto farlo rendendo una specifica e pregnante motivazione.
3.2. Si muove dal concetto per cui, nel procedimento esecutivo avente ad oggetto l’applicazione della continuazione, incombe sul condannato che invochi l’applicazione della disciplina del reato continuato l’onere di – o, comunque, l’interesse primario ad – allegare elementi specifici e concreti a sostegno, non essendo sufficiente il mero riferimento alla contiguità cronologica degli addebiti ovvero all’identità dei titoli di reato (Sez. 3, n. 17738 del 14/12/2018, dep 2019, COGNOME, Rv. 275451; Sez. 1, n. 35806 del 20/04/2016, COGNOME, Rv. 267580).
Però, una volta acclarata l’avvenuta applicazione della continuazione ai reati accertati con i suindicati titoli, il giudice dell’esecuzione non avrebbe potut esimersi dal valutare con rigore logico e approfondimento critico effettivo il dato di fatto che alcuni dei reati commessi nel 2010 risultavano già posti in continuazione fra loro, in modo che i restanti risultavano essere stati commessi all’interno del lasso che aveva caratterizzato la perpetrazione dei reati avvinti in continuazione.
Non risulta, dunque, fornita una motivazione in linea con il principio di diritto
secondo cui il giudice dell’esecuzione, investito di una richiesta ai sensi dell’art 671 cod. proc. pen. per il riconoscimento del vincolo della continuazione, ferma restando la sua piena libertà di giudizio, non può trascurare la valutazione già compiuta nella sede cognitoria, o anche nella precedente sede esecutiva, ai fini della ritenuta sussistenza di detto vincolo tra reati commessi in un lasso di tempo al cui interno si collocano, in tutto o in parte, quelli oggetto del domanda sottoposta al suo esame.
Pertanto, ove non ritenga di accogliere tale domanda anche solo con riguardo ad alcuni reati, maturati in un contesto di prossimità temporale e di medesimezza spaziale, il giudice dell’esecuzione è tenuto a motivare la decisione di disattendere la valutazione in prima analisi desumibile dall’assetto scaturente dal precedente provvedimento afferente agli altri reati, in relazione al complessivo quadro delle risultanze fattuali e giuridiche emergenti dai titoli dedotti nel suo procedimento: sicché, se è vero che può prescindere dalla valutazione compiuta nel precedente provvedimento, è altrettanto certo che deve farlo attraverso la dimostrazione dell’esistenza di specifiche e significative ragioni in forza delle quali il fatto oggetto dell’istanza avente ad oggetto il rea ulteriore non può essere ricondotto al disegno delineato con riferimento agli altri (Sez. 1, n. 6224 del 13/10/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285790 – 01; Sez. 1, n. 2867 del 08/11/2023, dep. 2024, Palermo, Rv. 285809 – 01; Sez. 1, n. 54106 del 24/03/2017, COGNOME Rv. 271903; Sez. 1, n. 4716 del 08/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258227).
Anche in ordine alle rilevate interrelazioni e strette contiguità cronologiche di diversi fra i reati commessi nel 2011, la necessità di una motivazione stringente per la valutazione dell’evenienza o meno degli indici sintomatici idonei a dimostrare l’unicità progettuale criminosa avrebbe dovuto considerarsi ineludibile.
Invero, in tema di reato continuato, il giudice dell’esecuzione non può prescindere dal riconoscimento della continuazione operato dal giudice della cognizione con riguardo ad altri episodi analoghi, giudicati separatamente e con un’unica sentenza, e può escludere l’esistenza del vincolo in questione solo previa dimostrazione dell’esistenza di specifiche e significative circostanze che ragionevolmente facciano ritenere gli ulteriori fatti, oggetto della richiest presentata ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., non riconducibili al disegno criminoso delineato in sede di cognizione (Sez. 1, n. 37041 del 26/06/2019, COGNOME, Rv. 276944 – 01; Sez. 5, n. 39837 del 19/05/2014, Aprile, Rv. 262203 – 01).
3.3. Resta fermo che il discorso giustificativo doveva e deve inscriversi nella prospettiva secondo cui il riconoscimento della continuazione necessita, anche in
sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati s successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea. (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074).
Sottolineate anche queste ultime, imprescindibili coordinate, non può, tuttavia, non rilevarsi che il giudice dell’esecuzione, nel caso in esame, avrebbe dovuto verificare l’allegazione dell’avvenuta commissione dei reati oggetto dell’istanza in corrispondenza di un lasso temporale in cui si collocavano alcuni degli altri reati già avvinti in continuazione o si collocavano più reati omologhi i immediata successione e, ponendosi nel relativo alveo, avrebbe dovuto offrire una motivazione specifica e logicamente coerente, tale da sceverare gli indici sintomatici emersi e, poi, enucleare le ragioni ostative all’individuazione del medesimo disegno criminoso in ordine alle ulteriori violazioni della legge penale.
Sotto questo profilo, il ragionamento sviluppato dal giudice dell’esecuzione essendosi limitato alla prospettazione dell’evenienza di una mera inclinazione a delinquere, di tipo professionale, senza la verifica delle ragioni che avevano indotto i giudici della cognizione a ritenere la continuazione fra alcuni dei var reati oggetto della omnicomprensiva istanza articolata in questa sede – non ha offerto una risposta argomentata all’istanza ed è, quindi, risultato viziato da motivazione carente e contraddittoria su circostanze rilevanti.
Corollario delle svolte considerazioni è l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Trani, in diversa persona fisica (cfr. Corte cost., sent. n. 183 del 2013), per nuovo giudizio, da esprimersi con piena libertà valutativa, ma tenendo conto dei principi testé enucleati.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Trani.
Così deciso in data 8 novembre 2024
Il Con igliere este sore