Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 20706 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 20706 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a MESSINA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 12/06/2023 della CORTE APPELLO di MESSINA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette/€e le conclusioni del PG
Il Procuratore generale, NOME COGNOME, chiede il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME ricorre avverso l’ordinanza del 12 giugno 2023 della Corte di appello di Messina che, quale giudice dell’esecuzione, ha parzialmente accolto la richiesta di applicazione della disciplina della continuazione ex art. 671 cod. proc. pen., con riguardo:
al reato di truffa, ai sensi dell’art. 640 cod. pen., commessol’ll luglio 2017 in Messina, giudicato dalla Corte di appello di Messina con sentenza dell’Il febbraio 2022, definitiva il 13 dicembre 2022;
al reato di truffa, ai sensi dell’art. 640 cod. pen., commesso il 12 aprile 2017 in Messina, giudicato dal Tribunale di Messina con sentenza del 30 aprile 2019, definitiva il 16 luglio 2019;
al reato di truffa, ai sensi dell’art. 640 cod. pen., commesso il 20 novembre 2015 in Messina, giudicato dalla Corte di appello di Messina con sentenza del 15 luglio 2022, definitiva il 31 luglio 2022;
al reato di truffa, ai sensi dell’art. 640 cod. pen., commesso il 7 novembre 2018 in Cannpoformido, giudicato dal Tribunale di Udine con sentenza del 23 giugno 2021, definitiva il 6 novembre 2021;
al reato di truffa, ai sensi dell’art. 640 cod. pen., commesso il 3 gennaio 2019 in Cinquefrondi, giudicato dal Tribunale di Palmi con sentenza dell’Il gennaio 2022, definitiva il 24 giugno 2022;
a più reati di truffa, ai sensi dell’art. 640 cod. pen., commessi tra il 20 febbraio 2015 e il 12 dicembre 2016 in Messina, giudicati dalla Corte di appello di Messina con sentenza del 26 febbraio 2020, definitiva il 16 maggio 2020;
al reato di truffa, ai sensi dell’art. 640 cod. pen., commesso il 20 aprile 2017 in Bologna, giudicato dal Tribunale di Bologna con sentenza del 28 novembre 2020, definitiva il 2 febbraio 2021.
Il giudice dell’esecuzione ha evidenziato che vi era prova della sussistenza degli elementi sintomatici del medesimo disegno criminoso solo tra i reati sub 3 e 6 tra loro e tra i reati sub 1, 2 e 7 tra loro.
Il ricorrente articola due motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo, denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento all’art. 81, secondo comma, cod. pen., perché il giudice dell’esecuzione avrebbe rigettato la richiesta di applicazione della disciplina della continuazione anche con riferimento ai reati sub 4 e 5 sull’erroneo convincimento che tali reati, ritenuti eterogenei, fossero stati commessi a distanza
di tempo, quando – dalla lettura delle sentenze di condanna – si evinceva che gli stessi erano omogenei e commessi nell’arco di soli due mesi.
2.2. Con il secondo motivo, denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento all’art. 81, secondo comma, cod. pen., perché il giudice dell’esecuzione non avrebbe applicato la disciplina della continuazione tra tutti i reati oggetto dell’istanza, nonostante vi fosse prova della sussistenza degli elementi sintomatici del medesimo disegno criminoso, tra i quali l’omogeneità dei reati e la contiguità temporale delle condotte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Giova evidenziare in diritto che, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., il giudice dell’esecuzione può applicare in executivis l’istituto della continuazione nel caso di più sentenze o decreti penali irrevocabili, pronunciati in procedimenti distinti contro la stessa persona, e rideterminare le pene inflitte per i reati separatamente giudicati sulla base dei criteri dettati dalla stessa norma.
La prova di detta congiunta previsione – ritenuta meritevole di trattamento sanzioNOMErio più benevolo per la minore capacità a delinquere di chi si determina a commettere gli illeciti in forza di un singolo impulso, invece che di spinte criminose indipendenti e reiterate – deve essere ricavata, di regola, da indici esteriori che siano significativi, alla luce dell’esperienza, del dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere (Sez. 4, n. 16066 del 17/12/2008, dep. 2009, Di Maria, Rv. 243632), posto che tale attività attiene alla inesplorabile interiorità psichica del soggetto.
In tale prospettiva si è chiarito che indici esteriori apprezzabili dell preordinazione di fondo che cementa le singole violazioni vanno individuati in elementi costituiti dalla distanza cronologica tra i fatti, dalle modalità del condotte, dalla tipologia dei reati, dal bene tutelato, dalla omogeneità delle violazioni, dalla causale, dalle condizioni di tempo e di luogo, senza che ciascuno di essi, singolarmente considerato, costituisca indizio necessario di una programmazione e deliberazione unitaria, mentre, aggiunto a un altro, incrementa la possibilità dell’accertamento dell’esistenza di un medesimo disegno criminoso, in proporzione logica corrispondente all’aumento di circostanze indiziarie favorevoli (Sez. 1, n. 12905 del 17/03/2010, COGNOME, Rv. 246838).
L’applicazione della disciplina del reato continuato in sede esecutiva impone, quindi, una riconsiderazione dei fatti giudicati, volta alla specifica verifica del prospettata unitarietà progettuale degli illeciti, che è indispensabile requksito per il riconoscimento del rapporto descritto nell’art. 81 cod. pen.
Alla luce dei principi sopra indicati, la Corte ritiene che la motivazione dell’ordinanza impugnata è incongrua e priva di una effettiva valutazione dei singoli fatti di reato oggetto delle sentenze di condanna, soprattutto in considerazione della notevole vicinanza cronologica degli episodi delittuosi e della tipologia dei beni giuridici tutelati dalle stesse norme incriminatrici.
Il giudice dell’esecuzione, infatti, non ha offerto una sufficiente motivazione in merito ai criteri valutativi utilizzati, ma si è limitato a concludere in manie apodittica che solo alcune delle condotte criminose prese in esame non risultavano connotate da alcuna particolare nota modale oggettivamente rivelatrice di un’unitaria e ben preordinata ideazione complessiva e che, di conseguenza, non per tutti i reati oggetto dell’istanza sussistevano elementi univoci e concludenti per affermare che le azioni delinquenziali potessero ricadere in un progetto unitario.
Nel caso di specie, inoltre, come rilevato nel ricorso, il giudice dell’esecuzione ha rigettato l’istanza relativamente ai reati sub 4 e Tsull’erroneo convincimento che questi fossero eterogenei, mentre la richiesta di applicazione della disciplina della continuazione aveva riguardato solo reati di truffa.
Alla luce dei principi sopra indicati, la Corte deve annullare con rinvio l’ordinanza impugnata.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Messina.
Così deciso il 31/01/2024