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Reato continuato: la Cassazione annulla per vizio

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che negava parzialmente l’applicazione del reato continuato a un soggetto condannato per multiple truffe. La Suprema Corte ha ritenuto la motivazione del giudice di merito insufficiente e apodittica, non avendo valutato correttamente tutti gli indici sintomatici del medesimo disegno criminoso, come la vicinanza temporale e l’omogeneità dei reati. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato Continuato: La Cassazione Chiarisce i Criteri di Valutazione

L’istituto del reato continuato rappresenta un pilastro del nostro sistema penale, offrendo un trattamento sanzionatorio più mite a chi commette più reati in esecuzione di un unico progetto criminoso. Ma quali sono i criteri che un giudice deve seguire per riconoscerlo, specialmente in fase esecutiva? Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 20706 del 2024, interviene proprio su questo punto, annullando la decisione di un giudice di merito per motivazione carente e contraddittoria.

I Fatti del Caso: Una Serie di Truffe e la Richiesta di Continuazione

Il caso riguarda un individuo condannato con diverse sentenze per una serie di reati di truffa, commessi in un arco temporale che va dal 2015 al 2019 e in diverse località d’Italia. L’interessato, tramite il suo legale, si è rivolto al giudice dell’esecuzione chiedendo di applicare la disciplina del reato continuato, sostenendo che tutti gli episodi delittuosi fossero riconducibili a un medesimo disegno criminoso. L’obiettivo era ottenere una rideterminazione della pena complessiva, unificando le varie condanne sotto il vincolo della continuazione, con un conseguente beneficio in termini di sanzione.

La Decisione della Corte d’Appello e i Motivi del Ricorso

La Corte d’Appello, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha accolto solo parzialmente la richiesta. Ha riconosciuto l’esistenza di un unico disegno criminoso tra alcuni gruppi di reati, ma lo ha escluso per altri, ritenendoli eterogenei o troppo distanti nel tempo. In particolare, ha rigettato la richiesta per due episodi di truffa, giudicati in tribunali diversi, sulla base di un presunto carattere eterogeneo.

L’imputato ha quindi proposto ricorso in Cassazione, lamentando due principali vizi:
1. Erronea applicazione della legge: Il giudice avrebbe erroneamente considerato ‘eterogenei’ due reati che, in realtà, erano della stessa identica specie (truffe) e commessi in un arco temporale ristretto.
2. Mancata applicazione della continuazione a tutti i reati: Nonostante la presenza di chiari indicatori, come l’omogeneità dei reati e la contiguità temporale, il giudice non avrebbe riconosciuto l’esistenza di un unico progetto criminale per tutte le condotte contestate.

Le Motivazioni della Cassazione: Il Vizio della Motivazione Apodittica sul Reato Continuato

La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso fondato, annullando l’ordinanza impugnata. La motivazione della Cassazione è netta: la decisione del giudice dell’esecuzione è ‘incongrua e priva di una effettiva valutazione’.

I giudici di legittimità hanno ribadito che la prova del ‘medesimo disegno criminoso’ deve essere ricavata da indici esteriori e significativi, quali:
– La distanza cronologica tra i fatti.
– Le modalità delle condotte.
– La tipologia dei reati e il bene giuridico tutelato.
– L’omogeneità delle violazioni.
– Le condizioni di tempo e di luogo.

Nessuno di questi elementi è di per sé decisivo, ma la loro valutazione complessiva può rivelare l’esistenza di una programmazione unitaria. Nel caso di specie, il giudice di merito si è limitato a una conclusione ‘apodittica’, ossia affermata senza un’adeguata argomentazione, senza analizzare in concreto la notevole vicinanza temporale degli episodi e l’identica natura dei reati (tutti di truffa).

Inoltre, la Corte ha censurato il palese errore del giudice dell’esecuzione, il quale ha rigettato la richiesta per due reati specifici sulla base di un ‘erroneo convincimento’ che fossero eterogenei, mentre la richiesta di applicazione del reato continuato riguardava esclusivamente reati di truffa.

Le Conclusioni: L’Annullamento con Rinvio e le Implicazioni Pratiche

Alla luce di queste carenze, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza e ha rinviato il caso alla Corte d’Appello per un nuovo giudizio. Questo significa che un diverso collegio dovrà riesaminare da capo la richiesta, applicando correttamente i principi di diritto. La nuova valutazione dovrà considerare in modo approfondito tutti gli elementi fattuali, evitando conclusioni superficiali o contraddittorie.

La sentenza rafforza un principio fondamentale: il riconoscimento del reato continuato non può essere negato con una motivazione generica o illogica. Il giudice ha il dovere di condurre una valutazione completa e trasparente di tutti gli indici disponibili, spiegando in modo chiaro le ragioni per cui ritiene o meno sussistente un progetto criminoso unitario. In caso contrario, come avvenuto in questa vicenda, la sua decisione è viziata e destinata all’annullamento.

Quali sono i criteri per riconoscere il reato continuato in fase esecutiva?
Per riconoscere il reato continuato, il giudice deve valutare una serie di indici esteriori, tra cui la distanza cronologica tra i reati, le modalità di esecuzione, la tipologia dei reati, l’omogeneità delle violazioni e le condizioni di tempo e luogo. La valutazione complessiva di questi elementi può dimostrare l’esistenza di un’unica programmazione criminosa.

Perché la Cassazione ha annullato la decisione della Corte d’Appello?
La Cassazione ha annullato la decisione perché la motivazione era incongrua, insufficiente e apodittica. Il giudice non aveva effettuato una reale valutazione dei singoli fatti, ignorando la notevole vicinanza cronologica e la stessa tipologia dei reati. Inoltre, ha commesso un errore nel ritenere ‘eterogenei’ alcuni reati che invece erano della stessa natura (truffe).

Può un giudice negare la continuazione basandosi su una motivazione generica o contraddittoria?
No. La sentenza stabilisce che il giudice dell’esecuzione non può limitarsi a una conclusione generica e non argomentata. Deve offrire una motivazione sufficiente che spieghi perché, nonostante la presenza di indizi come l’omogeneità dei reati, non si possa configurare un progetto unitario. Una motivazione carente o illogica costituisce un vizio che porta all’annullamento del provvedimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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