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Reato continuato: la Cassazione annulla per difetto di motivazione

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza della Corte d’Appello che aveva omesso di valutare parte di una richiesta di applicazione del reato continuato. La Corte ha stabilito che il giudice dell’esecuzione deve esaminare tutte le sentenze indicate nell’istanza, poiché l’omissione costituisce un difetto assoluto di motivazione. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame completo che valuti l’esistenza di un unico disegno criminoso tra tutti i reati indicati dal condannato.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato Continuato: La Cassazione Sottolinea l’Obbligo di Esame Completo dell’Istanza

Con la sentenza n. 22628 del 2024, la Corte di Cassazione interviene su un caso di reato continuato, affermando un principio fondamentale: il giudice dell’esecuzione ha l’obbligo di esaminare integralmente l’istanza presentata dal condannato, senza omettere la valutazione di alcune delle sentenze indicate. Un’omissione in tal senso integra un vizio di difetto assoluto di motivazione che comporta l’annullamento del provvedimento.

I Fatti del Ricorso

Un soggetto condannato con nove diverse sentenze definitive presentava un’istanza alla Corte d’Appello, in funzione di giudice dell’esecuzione, per ottenere il riconoscimento del vincolo della continuazione tra tutti i reati giudicati. La Corte d’Appello accoglieva parzialmente la richiesta, riconoscendo il reato continuato solo per quattro delle sentenze indicate e rigettando la richiesta per altre due. Tuttavia, il provvedimento ometteva completamente di esaminare e persino di menzionare le restanti tre sentenze, tutte relative a furti di bancali industriali.

Di fronte a questa decisione parziale e omissiva, la difesa del condannato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando sia la violazione di legge, in riferimento all’art. 81 c.p., sia un vizio di motivazione per la mancata analisi dell’intera istanza.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Reato Continuato

La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso fondato, ravvisando un difetto assoluto di motivazione nel provvedimento impugnato. Gli Ermellini hanno evidenziato come la Corte d’Appello non avesse in alcun modo preso in considerazione tre dei titoli di condanna per i quali era stata richiesta l’applicazione del reato continuato. Questi provvedimenti non erano stati neppure menzionati nell’ordinanza, e di conseguenza i reati da essi giudicati non erano stati oggetto di alcuna valutazione.

Per questo motivo, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza, rinviando il caso alla Corte d’Appello di Bologna, in diversa composizione, per un nuovo e completo esame.

Le Motivazioni

Nella sua motivazione, la Cassazione chiarisce che il giudice dell’esecuzione, una volta investito di una richiesta di applicazione del reato continuato, deve prendere in esame l’intera istanza del condannato. Il nuovo giudice dovrà quindi valutare se esista un unico disegno criminoso non solo tra i reati per cui la continuazione era già stata riconosciuta, ma tra tutti i reati giudicati con le nove sentenze indicate originariamente.

La Corte offre anche importanti criteri guida per il giudizio di rinvio. Viene ribadito l’orientamento giurisprudenziale secondo cui il riconoscimento del vincolo della continuazione può essere negato in presenza di un notevole lasso di tempo tra i fatti o di periodi di detenzione intermedi. Tuttavia, questi elementi non sono di per sé sufficienti a escludere a priori l’unicità del disegno criminoso. Il giudice ha il compito di effettuare una verifica concreta di tutti gli elementi a disposizione, come la distanza cronologica, le modalità esecutive, le abitudini di vita del reo, la tipologia dei reati e l’omogeneità delle violazioni. Solo un’analisi complessiva di questi fattori può rivelare o escludere la preordinazione di fondo che unisce le singole violazioni in un reato continuato.

Le Conclusioni

La sentenza in esame riafferma il diritto del condannato a una valutazione completa e motivata delle proprie istanze in sede esecutiva. L’omesso esame di parte della richiesta non è una semplice svista, ma un vizio procedurale grave che lede il diritto di difesa e impone l’annullamento della decisione. Il principio stabilito è chiaro: il giudice deve analizzare tutti gli elementi portati alla sua attenzione, fornendo una motivazione logica e completa che dia conto delle ragioni del suo convincimento, sia in caso di accoglimento che di rigetto. Il rinvio al giudice di merito garantirà che la posizione del ricorrente venga riesaminata nella sua interezza, applicando correttamente i criteri per l’identificazione del disegno criminoso.

Può un giudice dell’esecuzione ignorare parte di un’istanza per il riconoscimento del reato continuato?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che il giudice dell’esecuzione deve esaminare l’intera istanza del condannato. L’omissione della valutazione di alcune delle sentenze indicate costituisce un difetto assoluto di motivazione e comporta l’annullamento del provvedimento.

Un lungo periodo di tempo o la detenzione tra un reato e l’altro escludono automaticamente il reato continuato?
No, non lo escludono automaticamente. Sebbene siano elementi rilevanti, il giudice deve comunque effettuare una verifica concreta di altri fattori come le modalità esecutive, la tipologia dei reati e le abitudini di vita, per accertare se, nonostante la distanza temporale o la detenzione, esista un’unica preordinazione di fondo che unisce le violazioni.

Cosa succede quando la Corte di Cassazione annulla un’ordinanza per difetto di motivazione?
La Corte annulla il provvedimento e rinvia il caso a un’altra sezione dello stesso organo giudiziario che ha emesso la decisione (in questo caso, la Corte d’Appello). Il nuovo giudice dovrà riesaminare la questione, sanando il vizio riscontrato e fornendo una motivazione completa e corretta, in linea con i principi di diritto enunciati dalla Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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