Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 13104 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 13104 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a COSENZA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 08/06/2023 del GIP TRIBUNALE di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette/fmatite le conclusioni del PG
Il Procuratore generale, NOME COGNOME, chiede il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME ricorre avverso l’ordinanza dell’8 giugno 2023 del G.i.p. del Tribunale di Caranzaro che, quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta di applicazione della disciplina della continuazione ex art. 671 cod. proc. pen., con riguardo:
ai reati di associazione di tipo mafioso, estorsione, omicidio, detenzione illegale di armi ai sensi degli artt. 416-bis, 629, 575 cod. pen., 2 legge 2 ottobre 1967, n. 895, commessi da luglio 2012 a marzo 2015 giudicati dalla Corte di appello di Catanzaro con sentenza del 22 novembre 2017, definitiva il 7 aprile 2018;
ai reati di omicidio, occultamento di cadavere e detenzione illegale di arma, ai sensi degli artt. 575, 412 cod. pen. e 2 legge n. 895 del 1967, commessi il 3 gennaio 2012 giudicati dalla Corte di assise di appello di Catanzaro con sentenza del 18 dicembre 2017, definitiva il 5 dicembre 2018;
al reato di associazione per delinquere, ai sensi dell’art. 416, terzo comma, cod. pen., commesso fino al 13 marzo 2005 a più reati di rapina, ai sensi dell’art. 628 cod. pen., commessi il 10 novembre 2004, il 23 e il 28 gennaio 2005 e al reato di ricettazione, ai sensi dell’art. 648 cod. pen., commesso il 23 gennaio 2005 giudicati dalla Corte di appello di Bari con sentenza del 23 maggio 2005, definitiva il 19 febbraio 2009;
al reato di tentato omicidio, ai sensi degli artt. 56 e 575 cod. pen., commesso il 2 aprile 2005 e al reato di estorsione, ai sensi dell’art. 629 cod. pen., commesso in data 1 gennaio 2011 giudicato dal G.i.p. del Tribunale di Catanzaro con sentenza del 16 novembre 2020, definitiva il 2 aprile 2021.
Il giudice dell’esecuzione, a fondamento della decisione di rigetto, ha evidenziato che, nonostante una certa omogeneità delle condotte sottese ai reati oggetto dell’istanza, non poteva ritenersi raggiunta la prova dell’esistenza di un preventivo disegno criminoso idoneo a ricollegare i delitti ad un’unica volontà preesistente in considerazione delle diverse modalità e circostanze di commissione dei reati, evidenziandosi, altresì, anche, la notevole distanza geografica e temporale dei reati di cui alla sentenza sub 3.
Il ricorrente denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento all’art. 81 cod. pen., e vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, perché il giudice dell’esecuzione avrebbe omesso di considerare che la difesa, all’udienza camerale, aveva depositato:
l’ordinanza emessa in data 1 aprile 2019, con la quale la Corte di assi Cosenza aveva già riconosciuto il vincolo della continuazione tra i reati sub 1 e 2, dopo aver valorizzato le dichiarazioni rese da COGNOME, il quale aveva dichiarato di essere entrato nel sodalizio mafioso sin dal 2000, con il ruolo di commettere estorsioni e rapine;
la sentenza sub 4, con la quale il giudice della cognizione aveva riconosciuto il vincolo della continuazione interna tra reati commessi nel 2005 e nel 2011;
il verbale di interrogatorio reso il 26 febbraio 2016 da COGNOME, dal quale si evinceva la data del suo ingresso nel sodalizio mafioso e le attività da lui compiute nell’ambito della realtà associativa, tra i quali le rapine sub 3;
/’avviso di interrogatorio di COGNOME, il quale, su invito della DDA di Bari, era stato sentito in relazione al fatto che le rapine sub 3 erano state commesse per garantire un reddito al sodalizio mafioso di riferimento, come anche confermato dalle condanne subite dai correi, ai quali era stata applicata la circostanza aggravante dell’agevolazione mafiosa;
la sentenza della Corte di assise di Cosenza del 30 luglio 2020, che aveva accertato la riconducibilità delle rapine all’associazione di tipo mafioso di riferimento.
Secondo il ricorrente, quindi, il giudice dell’esecuzione avrebbe omesso di rilevare la sussistenza degli elementi sintomatici del medesimo disegno criminoso, nonostante i reati, omogenei tra loro, fossero stati commessi nell’ambito della realtà associativa nello stesso arco temporale nel quale erano stati posti in essere ulteriori reati già riuniti tra loro dal vincolo della continuazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Giova evidenziare in diritto che, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., il giudic dell’esecuzione può applicare in executivis l’istituto della continuazione nel caso di più sentenze o decreti penali irrevocabili, pronunciati in procedimenti distinti contro la stessa persona, e rideterminare le pene inflitte per i reati separatamente giudicati sulla base dei criteri dettati dalla stessa norma.
La prova di detta congiunta previsione – ritenuta meritevole di trattamento sanzionatOrio più benevolo per la minore capacità a delinquere di chi si determina a commettere gli illeciti in forza di un singolo impulso, invece che di spinte criminose indipendenti e reiterate – deve essere ricavata, di regola, da indici esteriori che siano significativi, alla luce dell’esperienza, del dato progettual sottostante alle condotte poste in essere (Sez. 4, n. 16066 del 17/12/2008, dep.
2009, COGNOME, Rv. 243632), posto che tale attività attiene alla inesplor interiorità psichica del soggetto.
L’applicazione della disciplina del reato continuato in sede esecutiva impone, quindi, una riconsiderazione dei fatti giudicati, volta alla specifica verifica del prospettata unitarietà progettuale degli illeciti, che è indispensabile requisito pe il riconoscimento del rapporto descritto nell’art. 81 cod. pen.
Nel caso di specie, la Corte ritiene che la motivazione dell’ordinanza impugnata sia carente e priva di un’effettiva valutazione dei singoli fatti di reato oggetto del sentenze di condanna, anche considerando la documentazione fornita dalla difesa, non considerata dal giudicante, dalla quale si evinceva che alcuni dei reati oggetto dell’istanza, commessi a distanza di tempo, erano già avvinti tra loro dal vincolo della continuazione.
Sul punto, la giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo di chiarire che il giudice dell’esecuzione, investito di una richiesta ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen. per il riconoscimento del vincolo della continuazione, pur godendo di piena libertà di giudizio, non può trascurare la valutazione già compiuta in sede cognitoria ai fini della ritenuta sussistenza di detto vincolo tra reati commessi i un lasso di tempo al cui interno si collocano, in tutto o in parte, quelli oggetto dell domanda sottoposta al suo esame; di conseguenza, qualora non ritenga di accogliere tale domanda anche solo con riguardo ad alcuni reati, maturati in un contesto di prossimità temporale e di medesimezza spaziale, è tenuto a motivare la decisione di disattendere la valutazione del giudice della cognizione in relazione al complessivo quadro delle risultanze fattuali e giuridiche emergenti dai provvedimenti dedotti nel suo procedimento (Sez. 1, n. 54106 del 24/03/2017, Miele, Rv. 271903).
Ebbene, il provvedimento impugnato prescinde totalmente dai dati conoscitivi offerti dalle sentenze di condanna, affatto indispensabili per la ricostruzione a posteriori dell’atteggiamento interiore del soggetto agente, e risulta tanto più contraddittorio ed illogico nella parte in cui non dimostra di aver tenuto in considerazione in qualche modo gli accertamenti condotti in sede di cognizione e di esecuzione, che avevano portato al riconoscimento del vincolo della continuazione tra i reati sub 1 e 2 tra loro e tra i singoli reati sub 4 tra loro.
Alla luce dei principi sopra indicati, la Corte deve annullare l’ordinanza impugnata, con trasmissione degli atti al G.i.p. del Tribunale di Catanzaro, in diversa composizione fisica, per rinnovato esame della richiesta, in ossequio ai principi affermati dalla Corte costituzionale con sentenza n. 183 del 03/07/2013, sulla diversa composizione dei giudice di rinvio, in caso di annullamento di
ordinanze in materia di applicazione della disciplina della continuazione in esecutiva.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Giudice per
indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro. Così deciso il 07/12/2023