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Reato continuato: la Cassazione annulla il diniego

Un soggetto, condannato con tre sentenze separate per reati di droga e resistenza, ha richiesto l’applicazione del reato continuato. Il Tribunale, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, evidenziando che il giudice non aveva adeguatamente considerato che per alcuni dei reati era già stato riconosciuto il vincolo della continuazione in sede di cognizione. La Cassazione ha quindi disposto un nuovo esame della questione.

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Pubblicato il 5 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato Continuato: La Cassazione Sottolinea i Doveri del Giudice dell’Esecuzione

L’istituto del reato continuato rappresenta un pilastro del nostro sistema sanzionatorio, consentendo di unificare sotto un’unica pena reati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Ma cosa accade quando il riconoscimento di questo vincolo viene chiesto in fase esecutiva, dopo che sono state emesse più sentenze di condanna? La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28044 del 2024, offre chiarimenti cruciali, annullando un’ordinanza che aveva negato tale beneficio senza un’adeguata motivazione.

I Fatti del Caso: Tre Sentenze e un’Unica Richiesta

Il caso riguarda un individuo condannato con tre distinte sentenze, divenute irrevocabili, per diversi episodi di spaccio di sostanze stupefacenti e per un reato di resistenza a pubblico ufficiale. L’interessato, tramite il suo difensore, ha presentato un’istanza al giudice dell’esecuzione per ottenere l’applicazione della disciplina del reato continuato, chiedendo di unificare le pene inflitte.

I reati erano stati commessi in un arco temporale relativamente breve (tra marzo e giugno 2021) e in luoghi vicini. Inoltre, in una delle sentenze di condanna, il giudice della cognizione aveva già riconosciuto la continuazione tra alcuni degli episodi di spaccio.

La Decisione del Giudice dell’Esecuzione

Il Tribunale, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza. Le ragioni addotte si basavano principalmente su tre punti:
1. La ‘significativa distanza spazio-temporale’ tra i reati.
2. La non omogeneità dei reati, dato che una sentenza includeva la resistenza a pubblico ufficiale e un’altra un’ipotesi aggravata di spaccio, a differenza delle altre che riguardavano fatti di lieve entità.
3. La presunta diversità delle modalità operative.

L’analisi sul reato continuato secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della difesa, ritenendo l’ordinanza del giudice dell’esecuzione viziata. Il punto centrale della critica della Suprema Corte è che il giudice di merito ha ignorato un dato fondamentale: in sede di cognizione, per alcuni dei reati, era già stato affermato il vincolo della continuazione.

Secondo la Cassazione, il giudice dell’esecuzione, pur mantenendo piena libertà di giudizio, non può prescindere da una valutazione già compiuta da un altro giudice, specialmente quando deve decidere su fatti commessi nello stesso contesto temporale e spaziale. Se intende discostarsi, ha l’onere di fornire una motivazione rafforzata, basata su dati concreti che dimostrino perché i nuovi reati non possano rientrare nel medesimo disegno criminoso già accertato.

Il Principio Affermato dalla Corte

La Corte ribadisce che quando la continuazione è già stata applicata in un processo tra alcuni reati, e se ne affiancano altri commessi nel medesimo contesto, il giudice dell’esecuzione deve:
– Valutare la situazione in termini concreti.
– Motivare approfonditamente un’eventuale reiezione dell’istanza.
– Dimostrare l’esistenza di ragioni specifiche e significative per cui i nuovi fatti, pur omogenei, non possono essere ricondotti al disegno criminoso originario.

Le motivazioni della Corte

Le motivazioni della Cassazione si fondano sulla palese contraddittorietà e carenza dell’ordinanza impugnata. Il giudice dell’esecuzione ha negato radicalmente il riconoscimento del reato continuato senza confrontarsi con le decisioni precedenti. In particolare, non ha considerato che:
– La sentenza relativa agli episodi di spaccio commessi tra marzo e aprile 2021 aveva già unificato le condotte sotto il vincolo della continuazione.
– Il reato di resistenza a pubblico ufficiale era già stato posto in continuazione interna con le violazioni alla legge sugli stupefacenti nello stesso processo di cognizione.

Di fronte a questa situazione consolidata, il giudice avrebbe dovuto spiegare perché altri reati, commessi in un periodo e in luoghi contigui, dovessero essere esclusi da quel medesimo disegno. L’ordinanza, invece, si è limitata a considerazioni generiche, senza ancorarsi ai dati concreti desumibili dalle sentenze di merito.

Le conclusioni

La sentenza in esame rafforza un principio fondamentale in materia di esecuzione penale: il giudice dell’esecuzione non opera in un vuoto giuridico. Le valutazioni già compiute nei processi di cognizione costituiscono un punto di partenza imprescindibile. Un’eventuale decisione difforme deve essere supportata da una motivazione solida, specifica e non contraddittoria. Annullando l’ordinanza e rinviando per un nuovo giudizio, la Cassazione impone al Tribunale un esame più approfondito, che tenga conto di tutti gli elementi emersi, nel rispetto del principio di coerenza e della necessità di una motivazione logica e completa.

Se in un processo viene riconosciuta la continuazione tra alcuni reati, il giudice dell’esecuzione può ignorare questa valutazione quando deve decidere su altri reati commessi nello stesso periodo?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il giudice dell’esecuzione, pur conservando piena libertà di giudizio, non può ignorare la valutazione già compiuta in sede di cognizione. Se intende negare l’estensione della continuazione, deve fornire una motivazione approfondita e specifica che spieghi le ragioni di tale esclusione.

Quali sono i criteri principali per il riconoscimento del reato continuato?
I criteri includono l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini di vita. È necessario dimostrare che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero già programmati almeno nelle loro linee essenziali.

Cosa succede quando la Corte di Cassazione annulla con rinvio un’ordinanza del giudice dell’esecuzione?
Significa che la decisione del giudice dell’esecuzione è stata annullata e il caso viene rimandato allo stesso Tribunale (in diversa composizione) perché proceda a un nuovo e più approfondito esame della questione, seguendo le indicazioni e i principi di diritto stabiliti dalla Cassazione nella sua sentenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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