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Reato continuato: la Cassazione annulla diniego del GIP

La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza di un Giudice dell’esecuzione che negava il riconoscimento del reato continuato a una donna condannata per vari furti. La Corte ha stabilito che il giudice ha errato non acquisendo e analizzando le sentenze di condanna, basando la sua decisione solo su elementi generici come il tempo e i luoghi diversi dei reati, senza una motivazione adeguata.

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Pubblicato il 16 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato Continuato: Quando il Giudice Deve Indagare a Fondo

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 33827/2024, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale in fase esecutiva: il riconoscimento del reato continuato. Questa decisione ribadisce un principio fondamentale: il giudice non può respingere una richiesta basandosi su valutazioni superficiali, ma ha il dovere di compiere un’analisi approfondita, acquisendo d’ufficio le sentenze di condanna per verificare l’esistenza di un unico disegno criminoso. Analizziamo insieme i dettagli di questo importante caso.

I Fatti del Caso

Una donna, condannata con quattro diverse sentenze per reati contro il patrimonio (furti tentati e consumati, anche pluriaggravati) commessi in un arco temporale di circa cinque anni (dal 2013 al 2017) e in luoghi diversi, aveva chiesto al Giudice dell’esecuzione del Tribunale di Trento di riconoscere il vincolo della continuazione tra i vari reati. La difesa sosteneva che tutti i crimini fossero espressione di un unico programma delittuoso, dettato da una persistente condizione di povertà ed emarginazione sociale.

Il Giudice dell’esecuzione, tuttavia, aveva respinto l’istanza. La sua decisione si fondava principalmente su due elementi: il considerevole tempo trascorso tra i fatti e la diversità dei luoghi di commissione, ritenendo assenti ulteriori elementi a sostegno di un medesimo disegno criminoso. Contro questa ordinanza, la difesa ha proposto ricorso per cassazione, lamentando un vizio di motivazione e la violazione dell’obbligo del giudice di acquisire le sentenze, come previsto dalla legge.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza impugnata e rinviando il caso al Tribunale di Trento per un nuovo esame. La Cassazione ha ritenuto la motivazione del giudice di primo grado carente e viziata, poiché si era limitato a una valutazione sommaria senza adempiere al suo dovere istruttorio.

Le Motivazioni: l’obbligo di acquisire le sentenze per il reato continuato

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nell’affermazione del principio secondo cui, per valutare la sussistenza di un reato continuato, non è sufficiente basarsi sulle risultanze del certificato del casellario giudiziale. Il Giudice dell’esecuzione ha il preciso dovere, sancito dall’art. 186 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, di acquisire d’ufficio copia delle sentenze irrevocabili di condanna, anche se non allegate dalla parte istante.

Secondo la Corte, solo attraverso l’esame completo di tali provvedimenti è possibile verificare la presenza di quegli “indicatori” che possono rivelare un’unica programmazione criminale. Questi indicatori includono:

* L’omogeneità delle violazioni e del bene giuridico protetto.
* La contiguità spazio-temporale (sebbene un lasso di tempo ampio non sia di per sé ostativo).
* L’analogia del modus operandi.
* Le causali dei singoli reati e la sistematicità della condotta.

Il giudice di merito aveva errato nel fermarsi alla distanza temporale e geografica, elementi che, da soli, non possono escludere a priori l’esistenza di un disegno unitario. La Corte ha sottolineato che, anche in presenza di un arco temporale esteso, il giudice deve verificare se la continuazione possa essere riconosciuta almeno per “gruppi” di reati commessi in epoca più ravvicinata e con caratteristiche simili.

In sostanza, la decisione impugnata è stata annullata perché il giudice si è sottratto al suo compito di condurre un’analisi approfondita e concreta dei fatti, fondando il rigetto su una motivazione generica e apparente che non dava conto del contenuto effettivo delle sentenze.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa sentenza ha importanti implicazioni pratiche. Rafforza la tutela del condannato nella fase esecutiva, impedendo che le istanze di riconoscimento del reato continuato vengano respinte con motivazioni sbrigative. Il principio affermato è chiaro: la valutazione non può essere astratta, ma deve calarsi nella specificità del caso, esaminando tutti gli atti processuali necessari.

Per i professionisti del diritto, ciò significa che, pur essendo sufficiente indicare gli estremi delle sentenze nell’istanza, è sempre opportuno argomentare in dettaglio sulla presenza degli indicatori del disegno criminoso. Per i giudici, la sentenza è un monito a non eludere il dovere di un’istruttoria completa, che è il presupposto indispensabile per una decisione giusta e correttamente motivata. L’annullamento con rinvio impone ora al Tribunale di Trento di riesaminare il caso, questa volta nel pieno rispetto dei principi giurisprudenziali richiamati.

Un giudice può negare il riconoscimento del reato continuato basandosi solo sul tempo trascorso e sui luoghi diversi dei crimini?
No. Secondo la Corte di Cassazione, questi elementi da soli non sono sufficienti per escludere un medesimo disegno criminoso. Il giudice deve compiere una valutazione più ampia, considerando anche altri indicatori come il modus operandi, la tipologia dei reati e le loro causali.

In fase esecutiva, il giudice è obbligato ad acquisire le sentenze di condanna per decidere sulla continuazione?
Sì. La sentenza afferma chiaramente che il Giudice dell’esecuzione ha il dovere di acquisire d’ufficio le sentenze irrevocabili, anche se non prodotte dalla parte, per poter esaminare nel dettaglio i fatti e motivare adeguatamente la propria decisione. Basarsi solo sul certificato del casellario giudiziale costituisce un vizio di motivazione.

Se i reati sono stati commessi in un arco di tempo molto lungo, è comunque possibile riconoscere la continuazione?
Sì, è possibile, ma richiede una verifica più attenta. La Corte specifica che un elevato arco di tempo non esclude automaticamente la continuazione. Inoltre, il giudice ha l’onere di verificare se essa possa essere riconosciuta almeno per singoli gruppi di reati commessi in periodi più ravvicinati all’interno dell’arco temporale complessivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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