Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 33827 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 33827 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nata a Piove di Sacco il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 4/12/2023 del TRIBUNALE di Trento udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOMEAVV_NOTAIO NOMEAVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale di Trento in funzione di Giudice dell’esecuzione ha respinto l’istanza diretta ad ottenere, nell’interesse di NOME COGNOME, il riconoscimento del vincolo della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., tra reati giudicati con le sentenze:
del Tribunale di Verona del 8 gennaio 2013, divenuta irrevocabile il 10 marzo 2013, relativa al reato di tentato furto aggravato, commesso in data 8 gennaio 2013 in San Giovanni Lupatoto;
del Tribunale di Verona del 30 marzo 2018, divenuta irrevocabile in data 22 aprile 2019, relativa al concorso nel reato di tentato furto pluriaggravato, commesso in data 9 dicembre 2017, in San Martino Buon Albergo;
del Tribunale di Trento del 17 novembre 2017, divenuta irrevocabile in data 21 ottobre 2020, relativa al reato di furto, commesso in data 11 aprile 2017 in Trento;
del Tribunale di Trento del 16 settembre 2020, divenuta irrevocabile il 24 maggio 2023 relativa al concorso nei reati di tentato furto pluriaggravato e di furto pluriaggravato commessi, rispettivamente, il 10 gennaio 2017 ed in data 1° giugno 2017, entrambi in Trento.
A giustificazione del diniego il Giudice dell’esecuzione ha valorizzato il tempo trascorso tra i fatti, i luoghi diversi di commissione del reato e l’assenza ulteriori elementi a sostegno dell’esistenza del medesimo disegno criminoso.
2.Propone tempestivo ricorso per cassazione la condannata, per il tramite del difensore, AVV_NOTAIO, affidando le proprie doglianze ad un unico, articolato motivo, con cui si deduce violazione dell’art. 186 disp. att. cod. proc. pen., per aver deliberato, il Giudice dell’esecuzione, senza l’acquisizione delle sentenze indicate nell’istanza, nonché vizio di motivazione.
La difesa rileva che il luogo di consumazione del reato è, tra i fattori indicatori della esistenza del medesimo disegno criminoso, quello meno pregnante e sottolinea che il giudice avrebbe dovuto esaminare le sentenze per verificare l’esistenza di ulteriori elementi unificanti.
Si richiama giurisprudenza di legittimità secondo la quale non è necessario che, ai fini del riconoscimento della unitarietà del disegno criminoso, siano presenti tutti gli indicatori per poter ritenere che i fatti siano stati programm nelle loro linee essenziali, essendo sufficiente anche soltanto la presenza di alcuni di detti elementi purché significativi.
Necessario è, quindi, l’esame dei provvedimenti irrevocabili con i quali sono stati accertati i fatti, atti che, se non allegati dalla parte, devono essere acqui
di ufficio in ossequio alla previsione di cui all’art. 186 disp. att. cod. proc. pen. richiama Sez. 1, Rv. 265011).
La ricorrente sottolinea che i reati sono cronologicamente coerenti, il titolo è il medesimo, il tempo della commissione è senz’altro indicativo della presenza di un unico disegno criminoso, in quanto si tratta di fatti accomunati dall’esigenza di far fronte ai bisogni di povertà e emarginazione sociale in cui versa la COGNOME.
Del resto, il programma originario non deve essere specifico ma può essere nelle sue grandi linee generali deliberato ai fini di dare attuazione ai singoli rea che lo compongono. Ciò in quanto più reati che scaturiscono da un unico originario progetto hanno un disvalore sociale inferiore a quello di più reati originati da progetti diversi.
Sicché, il programma può essere generico purché le singole violazioni siano rivolte alla realizzazione di un unico scopo.
Si osserva, inoltre, che plurime pronunce di legittimità attribuiscono il riliev alla mera uniformità qualitativa delle violazioni.
L’omogeneità delle condotte risulta indicatore primario, oltre alla continuità spazio-temporale, alle singole causali alle modalità della condotta e alla sistematicità di questa.
Quanto allo spazio temporale la giurisprudenza ha precisato che per scelta del legislatore la contiguità può riferirsi anche a un intervallo temporale più o meno lungo tra le diverse violazioni.
Nel caso di specie, i delitti giudicati sono stati commessi in un lasso temporaneo relativamente breve, dal gennaio 2013 al dicembre 2017 e riguardano reati della stessa indole accomunati, su un piano qualitativo, dalla stessa spinta delinquenziale derivante dalle condizioni economiche misere in cui versa la ricorrente. Sussiste, altresì, la piena omogeneità delle violazioni e del bene protetto.
Sicché l’ordinanza impugnata incorre in vizio di motivazione avendo peraltro, la giurisprudenza di legittimità chiarito da tempo che incorre in detto vizio l’ordinanza che nega la sussistenza del nesso di continuazione tra reati sulla base soltanto dell’esame il certificato penale, senza acquisire copia delle sentenze di condanna (si richiamano i precedenti Rv. 271174, 247593).
3.11 Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso con requisitoria scritta chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato per le ragioni e nei limiti di seguito indicati.
2. Va premesso, in via generale, che questa Corte ha costantemente affermato, in tema di reato continuato, che l’unicità del disegno criminoso presuppone l’anticipata e unitaria ideazione di più violazioni della legge penale, già presenti nella mente dell’agente nella loro specificità, e che la prova di tal congiunta previsione deve essere ricavata, di regola, da indici esteriori che siano significativi, alla luce dell’esperienza, del dato progettuale sottostante al condotte poste in essere (tra le altre, Sez. 4, n. 16066 del 17/12/2008, dep. 16/04/2009, COGNOME, Rv. 243632).
Il Giudice dell’esecuzione, nel valutare l’unicità del disegno criminoso, non può attribuire rilievo a un programma di attività delinquenziale che sia meramente generico, essendo invece necessaria l’individuazione, fin dalla commissione del primo episodio, di tutti i successivi, almeno nelle loro connotazioni fondamentali, con deliberazione, dunque, di carattere non generico, ma generale (tra le altre, Sez. 1, n. 37555 del 13/11/2015, dep. 2016, Bottari, Rv. 267596).
L’esistenza di un medesimo disegno criminoso va desunta, dunque, da elementi indizianti quali l’unitarietà del contesto e della spinta a delinquere, brevità del lasso temporale che separa i diversi episodi, l’identica natura dei reati, l’analogia del modus operandi e la costante compartecipazione dei medesimi soggetti (Sez. 5, n. 1766 del 06/07/2015, dep. 2016, Esposti, Rv. 266413).
L’identità del disegno criminoso, comunque, va esclusa qualora, malgrado la contiguità spazio-temporale e il nesso funzionale tra le diverse fattispecie incriminatrici, la successione degli episodi sia tale da escludere la preventiva programmazione dei reati ed emerga, invece, l’occasionalità di quelli compiuti successivamente rispetto a quello cronologicamente anteriori (tra le altre, Sez. 6, n. 44214 del 24/10/2012, Natali, Rv. 254793).
Infatti, la ricaduta nel reato e l’abitualità a delinquere non integrano, di pe sé, il caratteristico elemento intellettivo (unità di ideazione che abbraccia diversi reati commessi) che caratterizza il reato continuato (tra le altre, Sez. 2, n. 40123 del 22/10/2010, Marigliano, Rv. 248862). Sono necessari, infatti, elementi sintomatici della riconducibilità anche dei reati successivi a una preventiva programmazione unitaria, onde evitare che il meccanismo sanzionatorio di cui all’art. 81, comma secondo, cod. pen. si traduca in un automatico beneficio premiale conseguente alla mera reiterazione del reato, rendendo evanescente la linea di demarcazione tra continuazione e abitualità a delinquere (Sez. 3, n. 17738 del 14/12/2018, Rv. 275451 – 01).
Anche le Sezioni Unite di questa Corte hanno ribadito che il riconoscimento del vincolo della continuazione necessita, in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della
sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, a momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi rea risultino comunque frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074).
Non è, per converso, necessaria la concomitante ricorrenza di tutti i descritti indicatori, potendo l’unitarietà del disegno criminoso essere apprezzata anche al cospetto di soltanto alcuni di detti elementi, purché significativi (in questo senso 3 cfr., tra le tante, Sez. 1, n. 8513 del 09/01/2013, COGNOME, Rv. 254809; Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, COGNOME, Rv. 242098). L’accertamento di tali indici è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamento dei fatti.
In ogni caso, la giurisprudenza di legittimità indica come propedeutico all’indicata verifica l’esame dei provvedimenti irrevocabili con i quali sono stat accertati i reati che si pretende essere espressione del medesimo disegno criminoso che, se non allegati alla richiesta di parte, sono acquisiti di ufficio, ossequio alla previsione dall’art. 186 disp. att. cod. proc. pen., restando soddisfatto l’onere, a carico dell’istante, già mediante l’indicazione degli estremi identificativi dei provvedimenti giurisdizionali (Sez. 1, n. 35125 del 20/06/2017, COGNOME NOME, Rv. 271174 – 01; Sez. 1, n. 36289 del 08/05/2015, COGNOME, Rv. 265011). Si è da ultimo precisato, sul punto (cfr. Sez. 1, n. 14822 del 08/01/2021, COGNOME NOME, Rv. 281185 – 01) che è affetto da vizio di motivazione il provvedimento di rigetto dell’istanza d continuazione in executivis, pronunciato sulla base delle sole risultanze del certificato del casellario giudiziale anziché dell’esame delle decisioni di condanna, acquisibili d’ufficio ai sensi dell’art. 186 disp. att. cod. proc. pen.
Infine, deve rilevarsi che questa Corte, in tema di riconoscimento della continuazione in fase esecutiva per gruppi, ha affermato il condivisibile principio secondo il quale (tra le altre, Sez. 1, n. 7381 del 12/11/2018, dep. 2019, Zuppone, Rv. 276387) l’elevato arco di tempo all’interno del quale sono stati commessi più reati (nella specie, diversi anni posto che il primo reato di furto risale al 2013 e l’ultimo a dicembre 2017) non esime il giudice dall’onere di verificare se la continuazione possa essere riconosciuta con riferimento a singoli gruppi di reati commessi, all’interno di tale arco temporale, in epoca contigua, tenuto conto degli ulteriori indici rappresentati dalla similare tipologia, dal
singole causali e dalla contiguità spaziale, sempre che detta opzione sia stata illustrata specificamente nell’istanza.
3.Tali essendo i principi cui il Collegio intende dare continuità si osserva che, nel caso al vaglio, alla stregua degli atti trasmessi, il Giudice dell’esecuzione risulta aver esaminato il provvedimento di unificazione di pene concorrenti, allegato dall’istante, indicando, con motivazione succinta, la carenza di ulteriori elementi allegati dalla condannata.
Tanto, senza dare conto, in alcun modo, del contenuto dei provvedimenti indicati, né della ragione per la quale andasse esclusa l’eventualità di riconoscere, ove sussistenti i presupposti e la specifica richiesta in tal senso, l continuazione soltanto per gruppi di reati giudicati con le sentenze irrevocabili. Si è limitato, infatti, il Giudice dell’esecuzione a rimarcare, nelle poche righ riservate alla motivazione, l’esistenza di una distanza temporale tra i fatti l’esecuzione dei reati in luoghi diversi, la generica impossibilità di identificare reato continuato con scelte di vita del condannato.
4.Si impone, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata, perché il giudice del rinvio, da individuarsi ai sensi della pronuncia della Corte Cost. n. 183 del 2013 in diversa persona fisica, svolga nuovo esame della richiesta, nel rispetto dei richiamati principi giurisprudenziali ed in piena autonomia quanto all’esito.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Trento.
Così deciso, il 22 maggio 2024
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