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Reato continuato: la Cassazione annulla diniego

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza della Corte d’Appello che negava l’applicazione del reato continuato a un individuo condannato per diversi episodi di spaccio. La Corte ha ritenuto la motivazione del giudice inferiore illogica e carente, sottolineando che la vicinanza temporale e territoriale dei fatti, insieme alla natura omogenea dei reati, doveva essere valutata più attentamente. È stato inoltre chiarito che l’esistenza di una misura cautelare non impedisce di per sé il riconoscimento di un medesimo disegno criminoso.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato Continuato: La Cassazione Sottolinea l’Importanza di una Valutazione Completa

L’istituto del reato continuato, previsto dall’articolo 81 del codice penale, rappresenta un pilastro del nostro sistema sanzionatorio, volto a mitigare la pena per chi commette più reati in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 4874/2024) ha ribadito i criteri che il giudice dell’esecuzione deve seguire per il suo corretto riconoscimento, annullando una decisione che aveva negato il beneficio sulla base di una motivazione ritenuta carente e illogica.

Il Caso: Diniego dell’Applicazione del Reato Continuato

Il caso riguardava un individuo condannato con due sentenze definitive per reati legati alla produzione e detenzione di sostanze stupefacenti. I reati erano stati commessi in un arco temporale compreso tra il settembre 2018 e il luglio 2019 in località vicine (Lastra a Signa e Scandicci).

L’interessato aveva richiesto al giudice dell’esecuzione di applicare la disciplina del reato continuato, al fine di rideterminare la pena complessiva in modo più favorevole. La Corte d’Appello di Firenze, tuttavia, aveva rigettato l’istanza, sostenendo che i reati fossero stati commessi a distanza di tempo, in luoghi diversi, con modalità esecutive differenti e che un periodo di carcerazione preventiva avesse interrotto l’unicità del disegno criminoso.

I Motivi del Ricorso e la Valutazione del Reato Continuato

Il ricorrente ha impugnato l’ordinanza dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando un vizio di motivazione. A suo avviso, il giudice dell’esecuzione non aveva adeguatamente considerato gli elementi che, al contrario, indicavano la sussistenza di un unico progetto criminale. In particolare, ha evidenziato:

1. La vicinanza temporale: i reati si collocavano in un periodo relativamente ristretto.
2. Il contesto territoriale omogeneo: le località dei reati erano geograficamente vicine.
3. L’erronea valutazione della misura cautelare: il ricorrente ha sostenuto che il giudice avesse sbagliato a considerare la misura cautelare come un elemento ostativo, dato che alcune delle condotte erano state poste in essere proprio durante la sua applicazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendo la motivazione dell’ordinanza impugnata “incongrua e priva di una effettiva valutazione dei singoli fatti di reato”. I giudici di legittimità hanno ricordato che la prova del medesimo disegno criminoso deve essere desunta da una serie di indici esteriori e significativi.

Analisi degli Indici Sintomatici

La Cassazione ha chiarito che, per accertare l’esistenza di un progetto unitario, il giudice deve valutare complessivamente elementi quali:
* La distanza cronologica tra i fatti.
* Le modalità delle condotte.
* La tipologia dei reati e l’omogeneità delle violazioni.
* Le condizioni di tempo e di luogo.

Nel caso specifico, la Corte ha rilevato che il giudice di merito aveva trascurato la “notevole vicinanza cronologica degli episodi delittuosi”, la parziale coincidenza temporale e il “medesimo contesto territoriale”. Questi elementi, uniti all’omogeneità dei reati (tutti legati agli stupefacenti), avrebbero dovuto indurre a una valutazione più approfondita.

L’Irrilevanza Ostacolante della Misura Cautelare

Un punto cruciale della sentenza riguarda la valutazione della misura cautelare. La Cassazione ha definito “erronea” l’affermazione del giudice secondo cui l’applicazione di una misura cautelare non carceraria costituisse un elemento ostativo all’accoglimento dell’istanza. Al contrario, il fatto che alcuni reati fossero stati commessi proprio “in costanza di misura cautelare” avrebbe dovuto essere interpretato come un possibile indicatore della persistenza del proposito criminale, anziché della sua interruzione.

le motivazioni

La motivazione della Corte di Cassazione si fonda sulla necessità che il giudice dell’esecuzione compia una riconsiderazione approfondita e logica dei fatti già giudicati, senza limitarsi a considerazioni generiche o apodittiche. La prova della programmazione unitaria dei reati, essendo legata a un dato interiore del soggetto, deve essere ricavata da “indici esteriori significativi”. Nessuno di questi indici (tempo, luogo, modalità, natura dei reati) è di per sé decisivo, ma la loro valutazione congiunta può far emergere l’esistenza di un’unica deliberazione criminosa. La Corte ha ritenuto che l’ordinanza impugnata non avesse operato questa valutazione complessiva, offrendo una motivazione “carente” e, in alcuni punti, basata su presupposti errati, come quello relativo all’effetto interruttivo della misura cautelare. L’annullamento si è reso quindi necessario per consentire un nuovo esame che tenga conto di tutti gli elementi indicati, in ossequio ai principi consolidati in materia.

le conclusioni

La sentenza n. 4874/2024 riafferma un principio fondamentale: la valutazione del reato continuato in fase esecutiva non può essere superficiale. Il giudice ha il dovere di analizzare in modo congiunto tutti gli indicatori disponibili, senza escludere a priori l’unicità del disegno criminoso sulla base di singoli elementi decontestualizzati. In particolare, viene chiarito che l’essere sottoposti a una misura cautelare non è di per sé un ostacolo al riconoscimento del beneficio, ma può, in alcuni casi, addirittura rafforzare l’ipotesi di una perseveranza nel proposito criminale. La decisione impone quindi un ritorno a un esame più rigoroso e fattuale, garantendo che l’istituto della continuazione venga applicato in tutti i casi in cui emerga una reale programmazione unitaria degli illeciti.

Quali sono gli elementi che il giudice deve considerare per riconoscere il reato continuato?
Il giudice deve valutare una serie di indici esteriori, tra cui la distanza cronologica tra i fatti, le modalità delle condotte, la tipologia dei reati, il bene giuridico tutelato, l’omogeneità delle violazioni e le condizioni di tempo e di luogo. La valutazione deve essere complessiva, poiché nessun singolo elemento è di per sé decisivo.

L’applicazione di una misura cautelare impedisce il riconoscimento del reato continuato?
No. Secondo la sentenza, è un errore affermare che l’applicazione di una misura cautelare (in particolare non carceraria) costituisca automaticamente un elemento ostativo al riconoscimento del reato continuato. Anzi, il fatto che alcuni reati siano commessi durante tale misura può essere un elemento da valutare.

Cosa succede quando la Corte di Cassazione annulla un’ordinanza in materia di reato continuato?
La Corte di Cassazione dispone l’annullamento con rinvio, trasmettendo gli atti alla Corte d’Appello di provenienza, ma in diversa composizione fisica. Quest’ultima dovrà procedere a un nuovo esame della richiesta, attenendosi ai principi di diritto affermati dalla Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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