Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 4874 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 4874 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 13/12/2022 della CORTE APPELLO di FIRENZE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette/sentite le conclusioni del PG
Il Procuratore generale, NOME COGNOME, chiede l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME ricorre avverso l’ordinanza del 13 dicembre 2022 della Corte di appello di Firenze che, quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta di applicazione della disciplina della continuazione ex art. 671 cod. proc. pen., con riguardo:
a più reati di produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti, ai sensi dell’art. 73, commi 1 e 4, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, commessi il 30 luglio 2019 in Scandicci, giudicati dalla Corte di appello di Firenze con sentenza divenuta definitiva che ha confermato la sentenza emessa dal Gup del Tribunale di Firenze il 17.9.2020 di condanna alla pena di anni 4 4 mesi 4 di reclusione ed euro 20.000 di multa.
a due reati di produzione traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti, ai sensi dell’art. 73, comma 5, T.U. stup., commessi il 26 settembre 2018 e il 23 marzo 2019 in Lastra a Signa, giudicati dalla Corte di appello di Firenze con sentenza del 28 settembre 2020, divenuta definitiva, di condanna alla pena di anni 1 e mesi 8 di reclusione ed euro 1500 di multa.
Il giudice dell’esecuzione ha evidenziato che i reati erano stati commessi a distanza di tempo tra loro, in luoghi differenti e con diverse modalità esecutive, anche considerando che, tra le varie condotte accertate, il condannato aveva subito un periodo di carcerazione preventiva.
Il ricorrente denuncia vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, perché il giudice dell’esecuzione avrebbe omesso di constatare la sussistenza degli elementi sintomatici del medesimo disegno criminoso, considerando che i reati sub 1 erano stati commessi da aprile 2018 a luglio 2019 e i reati sub 2 dal 26 settembre 2018 al 23 marzo 2019 nel medesimo contesto territoriale (Lastra in Signa e Scandicci), circostanza che aveva indotto il giudice della cognizione sub 2 a riconoscere il vincolo della continuazione interna tra i reati da lui giudicati.
Il ricorrente, inoltre, denuncia vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, nella parte in cui il giudice dell’esecuzione ha evidenziato che l’applicazione della misura cautelare era elemento ostativo all’accoglimento dell’istanza, posto che, dalla lettura delle sentenze di condanna, inoltre, si evinceva che le condotte erano state poste in essere proprio in costanza di misura cautelare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Giova evidenziare in diritto che, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., il giudic dell’esecuzione può applicare in executivis l’istituto della continuazione nel caso di più sentenze o decreti penali irrevocabili, pronunciati in procedimenti distinti contro la stessa persona, e rideterminare le pene inflitte per i reati separatamente giudicati sulla base dei criteri dettati dalla stessa norma.
La prova di detta congiunta previsione – ritenuta meritevole di trattamento sanzionatorio più benevolo per la minore capacità a delinquere di chi si determina a commettere gli illeciti in forza di un singolo impulso, invece che di spinte criminose indipendenti e reiterate – deve essere ricavata, di regola, da indici esteriori che siano significativi, alla luce dell’esperienza, del dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere (Sez. 4, n. 16066 del 17/12/2008, dep. 2009, Di Maria, Rv. 243632), posto che tale attività attiene alla inesplorabile interiorità psichica del soggetto.
In tale prospettiva si è chiarito che indici esteriori apprezzabili dell preordinazione di fondo che cementa le singole violazioni vanno individuati in elementi costituiti dalla distanza cronologica tra i fatti, dalle modalità del condotte, dalla tipologia dei reati, dal bene tutelato, dalla omogeneità delle violazioni, dalla causale, dalle condizioni di tempo e di luogo, senza che ciascuno di essi, singolarmente considerato, costituisca indizio necessario di una programmazione e deliberazione unitaria, mentre, aggiunto a un altro, incrementa la possibilità dell’accertamento dell’esistenza di un medesimo disegno criminoso, in proporzione logica corrispondente all’aumento di circostanze indiziarie favorevoli (Sez. 1, n. 12905 del 17/03/2010, COGNOME, Rv. 246838).
L’applicazione della disciplina del reato continuato in sede esecutiva impone, quindi, una riconsiderazione dei fatti giudicati, volta alla specifica verifica del prospettata unitarietà progettuale degli illeciti, che è indispensabile requisito pe il riconoscimento del rapporto descritto nell’art. 81 cod. pen.
Alla luce dei principi sopra indicati, la Corte ritiene che la motivazione dell’ordinanza impugnata è incongrua e priva di una effettiva valutazione dei singoli fatti di reato oggetto delle sentenze di condanna, soprattutto in considerazione della notevole vicinanza cronologica degli episodi delittuosi, del medesimo contesto territoriale nel quale erano state poste in essere le condotte e della tipologia dei beni giuridici tutelati dalle stesse norme incriminatrici, infatti sede di cognizione, era stata riconosciuta la continuazione per reati commessi in un arco più ampio: vi è una parziale coincidenza temporale tra alcune condotte delittuose perché alcuni fatti risultano commessi tra aprile 2018 e lugl(o 2019
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(sentenza n. 473/2020) ed altri fatti tra il settembre 2018 e il marzo 2019 (sentenza n. 2890/2020), mentre alcuni luoghi di commessione dei reati risultano in parte coincidenti (Lastra e Signa) ed altri distanti pochi chilometri (Scandicci).
Il giudice dell’esecuzione, per di più, ha erroneamente affermato che il fatto che al condannato sia stata applicata una misura cautelare non carceraria costituisce elemento ostativo all’accoglimento dell’istanza, senza considerare che, dalla lettura delle sentenze di condanna, si evince che alcuni dei fatti accertati erano avvenuti proprio in costanza di misura cautelare.
In forza di quanto sopra, la Corte ritiene che il giudice dell’esecuzione abbia offerto sul punto una motivazione carente, a tratti apodittica.
All’annullamento dell’ordinanza impugnata consegue che va disposta la trasmissione degli atti alla Corte di appello di Firenze, in diversa composizione fisica, per rinnovato esame della richiesta, in ossequio ai principi affermati dalla Corte costituzionale con sentenza n. 183 del 03/07/2013, sulla diversa composizione del giudice di rinvio, in caso di annullamento di ordinanze in materia di applicazione della disciplina della continuazione in sede esecutiva.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Firenze.
Così deciso il 27/10/2023