Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 27671 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 27671 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a GALATI( ROMANIA) il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 13/10/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette/serrt-a-e le conclusioni del PG
Il Procuratore generale, NOME COGNOME, chiede il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME ricorre avverso l’ordinanza del 13 ottobre 2023 della Corte di appello dell’Aquila che, quale giudice dell’esecuzione,
ha accolto la richiesta di applicazione della disciplina delia continuazione ex art. 671 cod. proc. pen., con riguardo:
al reato di furto commesso il 24 agosto 2009 giudicato dal Tribunale di Perugia, sez. dist. di Foligno, con sentenza del 16 settembre 2009, divenuta definitiva;
al reato di furto commesso il 13 dicembre 2008 e giudicato dal Tribunale di Perugia, sez. dist. di Todi, con sentenza del 27 settembre 2011, divenuta definitiva;
al reato di furto commesso il 15.12.2008 giudicato dal Tribunale di Perugia con sentenza del 20.1.2009 divenuta definitiva;
ma ha rigettato la richiesta di applicazione di detta disciplina in relazione
al reato di furto commesso il 10 agosto 2009 in Chieti, giudicato dalla Corte di appello dell’Aquila con sentenza del 12 maggio 2014, divenuta definitiva, il giudice dell’esecuzione ha motivato tale decisione per la diversità del luogo di commissione del reato (Chieti);
la Corte di appello ha rigettato infine la richiesta di sostituzione della pena della detenzione domiciliare con quella dei lavori di pubblica utilità in considerazione delle modalità del fatto e dei precedenti specific:i dell’imputato.
Il ricorrente articola tre motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo, denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 656, commi 5 e 7, cod. proc. pen. e 95 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, stante l’illegittimità del diniego della sospensione dell’esecuzione anche in relazione all’intervenuta riforma Cartabia (art. 95 d.lgs. 150/2022), atteso che il giudice può sostituire la pena detentiva se dopo aver determinato l’aumento di pena per la continuazione di reati residua la pena da espiare non superiore a 4 anni.
2.2. Con il secondo motivo, denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 81 cod. pen. e 671 cod. proc. pen., e vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, perché il giudice dell’esecuzione avrebbe omesso di rilevare la sussistenza degli elementi sintomatici del medesimo disegno criminoso tra tutti i reati oggettò dell’istanza, tra i quali l’omogeneità de
2 GLYPH
reati, il medesimo contesto temporale e spaziale, la medesima causale economica delle azioni delinquenziali e le medesime modalità esecutive delle condotte.
In particolare, nel ricorso si evidenzia come il reato sub 4 fosse stato commesso a pochi giorni di distanza dal reato sub 3, in un contesto geografico non distante (la distanza tra Umbria e Abruzzo non poteva costituire elemento ostativo all’accoglimento integrale dell’istanza) e con le medesime modalità esecutive, posto che era stato accertato che il condannato aveva realizzato le condotte con l’ausilio dei medesimi complici.
2.3. Con il terzo motivo, denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, perché il giudice dell’esecuzione, accolta parzialmente l’istanza, non avrebbe offerto alcuna motivazione in ordine alla dosimetria delle pene dei reati posti in continuazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è parzialmente fondato.
1.1. Il secondo motivo è fondato, perché giova evidenziare in diritto che, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., il giudice dell’esecuzione può applicare in executivis l’istituto della continuazione nel caso di più sentenze o decreti penali irrevocabili, pronunciati in procedimenti distinti contro la stessa persona, e rideterminare le pene inflitte per i reati separatamente giudicati sulla base dei criteri dettati dalla stessa norma.
La prova di detta congiunta previsione – ritenuta meritevole di trattamento sanzionatorio più benevolo per la minore capacità a delinquere di chi si determina a commettere gli illeciti in forza di un singolo impulso, invece che di spinte criminose indipendenti e reiterate – deve essere ricavata, di regola, da indici esteriori che siano significativi, alla luce dell’esperienza, d& dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere (Sez. 4, n. 16066 del 17/12/2008, dep. 2009, Di Maria, Rv. 243632), posto che tale attività attiene alla inesplorabile interiorità psichica del soggetto.
In tale prospettiva si è chiarito che indici esteriori apprezzabili dell preordinazione di fondo che cementa le singole violazioni vanno individuati in elementi costituiti dalla distanza cronologica tra i fatti, dalle modalità del condotte, dalla tipologia dei reati, dal bene tutelato, dalla omogeneità delle violazioni, dalla causale, dalle condizioni di tempo e di luogo, senza che ciascuno di essi, singolarmente considerato, costituisca indizio necessario di una programmazione e deliberazione unitaria, mentre, aggiunto a un altro, incrementa la possibilità dell’accertamento dell’esistenza di un medesimo disegno criminoso,
in proporzione logica corrispondente all’aumento di circostanze indiziarie favorevoli (Sez. 1, n. 12905 del 17/03/2010, COGNOME, Rv. 246838).
L’applicazione della disciplina del reato continuato in sede esecutiva impone, quindi, una riconsiderazione dei fatti giudicati, volta alla specifica verifica del prospettata unitarietà progettuale degli illeciti, che è indispensabile requisito per il riconoscimento del rapporto descritto nell’art. 81 cod. pen.
Alla luce dei principi sopra indicati, la Corte ritiene che la motivazione dell’ordinanza impugnata con riferimento al rigetto dell’istanza di applicazione della disciplina della continuazione in ordine al reato sub 4 sia incongrua e priva di un’effettiva valutazione dei singoli fatti di reato oggetto delle sentenze d condanna, soprattutto in considerazione della notevole vicinanza cronologica degli episodi delittuosi e della tipologia dei beni giuridici tutelati dalle stesse norm incriminatrici.
Il giudice dell’esecuzione si è limitato a fare plurimi riferimenti ai requisiti p l’applicazione della disciplina del reato continuato, concludendo che le condotte criminose prese in esame non risultavano connotate da alcuna particolare nota modale oggettivamente rivelatrice di un’unitaria e ben preordinata ideazione complessiva e che, di conseguenza, non sussistevano elementi univoci e concludenti per affermare che le condotte in esame, verificatesi in contesti spazio temporali differenti, potessero ricadere in un progetto unitario.
1.2. Anche il terzo motivo è fondato, atteso che, secondo l’orientamento ormai prevalente della giurisprudenza di questa Corte dal quale il Collegio non intende distaccarsi (Sez. U., n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269), in tema di determinazione della pena nel reato continuato, il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato più grave e stabilire la pena base, deve calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite.
La Corte di legittimità ha precisato che il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena è correlato all’entità degli stessi e tal da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, che risultino rispettati i previsti dall’art. 81 cod. pen. e che non si sia operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene. (Conf. Sez. U, n.7930/95, Rv.201549-01).
Si è spiegato, al riguardo, che anche questa operazione rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, come per la determinazione della pena base, in aderenza ai principi enunciati dagli artt. 132 e 133 cod. pen.
Nel caso di specie il giudice ha operato aumenti di sei mesi di reclusione e 100 euro di multa per ciascuna delle due condotte delittuose, che sono state riunite con il reato più grave, per il quale la pena base era stata determinata dal giudice
della cognizione in anni uno e mesi sei di reclusione e 450 euro di multa, sicché la decisione necessitava di specifica motivazione in ordine a detti aumenti.
1.3. Il primo motivo è assorbito per l’accoglimento degli altri due, atteso che il giudice dell’esecuzione potrà comunque provvedere nel giudizio di rinvio sull’istanza di sospensione dell’esecuzione che sia stata avanzata in quella sede.
Alla luce dei principi sopra indicati, la Corte deve annullare l’ordinanza impugnata in accoglimento del secondo e terzo motivo di ricorso, con rinvio degli atti alla Corte di appello dell’Aquila che, in diversa composizione fisica, dovrà rinnovare l’esame della richiesta, in ossequio ai principi affermati dalla Corte costituzionale con sentenza n. 183 del 03/07/2013, sulla diversa composizione del giudice di rinvio, in caso di annullamento di ordinanze in materia di applicazione della disciplina della continuazione in sede esecutiva.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello dell’Aquila in diversa composizione.
Così deciso il 13/03/2024