Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 5035 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1   Num. 5035  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME ( CODICE_FISCALE ) nato a LUSHNJE( ALBANIA) il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 06/04/2023 della CORTE APPELLO di ANCONA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette/sentite le conclusioni del PG
Il Procuratore generale, NOME COGNOME, chiede dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
 NOME COGNOME ricorre avverso il decreto del 6 aprile 2023 della Corte di appello di Ancona che, quale giudice dell’esecuzione, ha dichiarato l’inammissibilità ai sensi dell’art. 666, comma 2, cod. proc. pen. della richiesta di applicazione della disciplina della continuazione ex art. 671 cod. proc. pen., con riguardo ai reati giudicati con più sentenze di condanna divenute definitive.
Il giudice dell’esecuzione ha evidenziato che l’istanza costituiva una mera reiterazione di altra già rigettata dalla medesima Corte di appello di Ancona, quale precedente giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 17 novembre 2022.
Il ricorrente denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione del provvedimento impugnatc, perché il giudice dell’esecuzione avrebbe omesso di considerare che la precedente ordinanza aveva avuto a oggetto la richiesta di applicazione della disciplina della continuazione per quattro reati, mentre il presente procedimento esecutivo riguardava solo due reati.
Pertanto, il giudice dell’esecuzione non avrebbe potuto affermare che l’istanza ex art. 671 cod. proc. pen. fosse una mera reiterazione di richiesta rigettata in precedenza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Il giudice dell’esecuzione, infatti, ha fatto giusta applicazione al caso di specie del principio di diritto secondo il quale una precedente pronuncia di rigetto della richiesta di applicazione della continuazione preclude la riproposizione della richiesta, con riferimento – e, quindi, se del caso, limitatamente – ai reati per cu è stato escluso il riconoscimento del reato continuato (Sez. 1, n. 12823 del 03/03/2011, De Martino, Rv. 249913).
Tale assunto si coniuga in modo coerente nell’alveo con il rilievo annesso alla preclusione processuale, altrimenti definita come giudicato esecutivo, in relazione a cui  si  è precisato, da parte del più autorevole consesso di legittimità, che essa è rilevabile anche di ufficio, dalla stessa Corte di cassazione, giacché la stessa, ai sensi dell’art. 666, comma 2, cod. proc. pen., determina l’inammissibilità dell’istanza che sia meramente reiterativa di una domanda già esaminata e che si
limiti a riproporre identiche questioni in assenza di nuovi elementi (Sez. U, n. 40151 del 19/04/2018, Avignone, Rv. 273650).
Nel caso in esame, quindi, per il perfettamente corrispondente ambito costituito dai reati oggetto delle succitate decisioni, nessun novum determinante appariva essere stato dedotto e illustrato’ sicché il rilievo della preclusione processuale da parte del giudice dell’esecuzione si mostra incensurabile.
Si precisa, inoltre, che diverso sarebbe stato il caso della sopravvenienza di una sentenza accertativa di un altro reato tale da modificare il cumulo e, con esso, idoneo a incidere sulla consecutio dei reati oggetto dell’istanza o della corrispondente valutazione: in tema di applicazione della continuazione in fase esecutiva, è ammissibile, in quanto non meramente ripropositiva, la domanda relativa a fatti, successivamente ricompresi insieme ad altri in un provvedimento di esecuzione di pene concorrenti ex art. 663 cod. proc. pen., che abbiano formato oggetto di una precedente istanza di applicazione della continuazione, costituendo la sopravvenienza di un provvedimento di cumulo, ancorché comprensiva di reati per i quali l’esistenza del vincolo sia già stata valutata, un elemento nuovo che impone una rivalutazione del nesso ideativo e volitivo tra tutti i fatti in ess confluiti (Sez. 1, n. 44564 del 18/10/2019, Valentino, Rv. 277149).
Assodato quanto precede, il ricorrente – avendo basato l’allegazione del novum solo sul fatto che la nuova istanza avesse a oggetto solo alcuni dei reati già esaminati da precedente giudice dell’esecuzione – si è visto opporre, in modo corretto, l’efficacia preclusiva del precedente provvedimento esecutivo ora richiamato, essendo mancata, in relazione alle reiterative e generiche allegazioni connotanti l’istanza, l’emersione dell’elemento nuovo che avrebbe legittimato la riproposizione della domanda.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. peri., ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, equamente, in euro 3.000,00, tenuto conto che non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità» (Corte cost. n. 186 del 13/06/2000).
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P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso 1’8/11/2023