Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 28719 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 28719 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 10/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ROMA il 20/08/2000
avverso la sentenza del 17/01/2025 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 17 gennaio 2025 la Corte di appello di Roma ha confermato la pronuncia del locale Tribunale del 16 maggio 2024 con cui COGNOME NOME era stato condannato alla pena di anni quattro, mesi quattro di reclusione ed euro 20.000,00 di multa in ordine ai reati di cui agli art. 73, comma 1, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 e 73, comma 4, D.P.R. n. 309 del 1990.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con un unico motivo, inosservanza della legge penale in relazione all’art. 81 cod. pen., nonché vizio di motivazione in ordine alla mancata unificazione sotto il vincolo della continuazione della presente fattispecie con altra decisa con precedente sentenza.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivo non deducibile in questa sede di legittimità.
Il Collegio osserva, infatti, come la motivazione resa dalla Corte di merito rispetto a cui il ricorrente non appare essersi confrontato adeguatamente – ben rappresenti e giustifichi, in punto di diritto, con argomentazioni immuni da vizi logico-giuridici, le ragioni della mancata applicazione dell’istituto dell continuazione.
La giurisprudenza di legittimità ha, infatti, costantemente affermato che, in tema di reato continuato, l’unicità del disegno criminoso presuppone l’anticipata ed unitaria ideazione di più violazioni della legge penale, già presenti nella mente del reo nella loro specificità, e che la prova di tale congiunta previsione deve essere ricavata, di regola, da indici esteriori che siano significativi, alla lu dell’esperienza, del dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere (Sez. 4, n. 16066 del 17/12/2008, dep. 2009, COGNOME, Rv. 243632-01); cosicché l’identità del disegno criminoso deve essere negata qualora, malgrado la contiguità spazio-temporale ed il nesso funzionale tra le diverse fattispecie incriminatrici, la successione degli episodi sia tale da escludere la preventiva programmazione dei reati ed emerga, invece, l’occasionalità di quelli compiuti successivamente rispetto a quelli cronologicamente anteriori (Sez. 6, n. 44214 del 24/10/2012, Natali, Rv. 254793-01).
Le Sezioni Unite hanno ribadito che il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indica quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità sp temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematici
abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee
essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto d
determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME Rv.
270074-01).
Ed allora, la sentenza impugnata appare conformarsi integralmente agli indicati canoni ermeneutici, dando adeguatamente conto del fatto che i due reati,
rispetto a cui è stata chiesta l’applicazione dell’art. 81 cpv. cod. pen., non risultano essere stati commessi in esecuzione di un medesimo disegno
criminoso, in quanto connotati da un distacco temporale tale da escludere che essi siano stati programmati in virtù di un’univoca deliberazione da parte
dell’imputato.
3. All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00
in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 10 giugno 2025
Il Consigliere estensore
Il P sidente