Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 5838 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1   Num. 5838  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 17/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SIRACUSA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 17/03/2023 del TRIBUNALE di SIRACUSA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con il provvedimento impugnato, il Tribunale di Siracusa, in funzione di giudice dell’esecuzione, chiamato a delibare in ordine alla istanza presentata nell’interesse di NOME COGNOME, diretta ad ottenere l’applicazione della disciplina del reato continuato in relazione a diversi reati giudicati con quattro sentenze emesse da: 1) Corte di assise di Siracusa del 15/11/2000, irrevocabile il 01/12/2000, per il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen. commesso fino al 15/11/2000 in Siracusa; 2) Corte d’appello di Reggio Calabria del 22/02/2007, irrevocabile il 22/01/2008 per i reati di cui agli artt. 81 cpv, 629, comma 2 cod. pen. e 7 legge n. 203 del 1991 commessi in Gioia Tauro dal 1998 al giugno 2000; 3) GIP di Catania del 19/02/2010, irrevocabile il 14/04/2004, per il reato di cui all’art. 73 dpr n. 309 del 1990 commesso nel dicembre 2004; 4) Tribunale di Siracusa del 01/12/2009, irrevocabile il 01/04/2021 per il reato di cui agli artt. 629, comma 2 cod. pen. e 7 legge n. 203 del 1991 commesso in NOME il 16.10.2023, ha dichiarato non luogo a provvedere relativamente alle sentenze sub 1. e 2. (essendo già stata riconosciuta la continuazione in executivis con due separate ordinanze), ed ha rigettato nel resto.
A fondamento del provvedimento reiettivo, il Tribunale ha osservato come la sentenza sub 3. attenesse a fattispecie di reato ontologicamente diversa e commessa in tempi diversi rispetto agli ulteriori fatti di cui all’istanza; quanto alla sentenza sub 4., essa, riguardava un’estorsione aggravata dal metodo mafioso commessa successivamente al passaggio in giudicato della sentenza sub 1., ed afferente ad organizzazione criminale diversa da quella relativa al reato estorsivo di cui alla sentenza sub. 2..
2.Avverso l’ordinanza indicata, NOME COGNOME ha proposto ricorso, per mezzo del difensore, AVV_NOTAIO, denunciando violazione di legge in relazione agli artt. 671 cod. proc. pen., 81 cod. pen., 7 legge n. 203 del 1991 e 606 lett. b) ed e) cod. proc. pen.: il ricorrente censura l’errata valutazione del Giudice dell’esecuzione, il quale ha escluso il vincolo della continuazione, omettendo di considerare che i reati di cui alle sentenze sub 3. e 4. erano stati commessi dal RAGIONE_SOCIALE nel contesto del sodalizio mafioso di cui faceva parte il condannato.
Il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, dott.ssa COGNOME, ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha chiesto declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.  L’impugnazione non può essere accolta.
2. Questa Corte ha costantemente affermato, in tema di reato continuato, che l’unicità del disegno criminoso presuppone l’anticipata ed unitaria ideazione di più violazioni della legge penale, già presenti nella mente del reo nella loro specificità, e che la prova di tale congiunta previsione deve essere ricavata, di regola, da indici esteriori che siano significativi, alla luce dell’esperienza, del dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere (Sez. 4, n. 16066 del 17/12/2008, dep. 16/04/2009, COGNOME, Rv. 243632). Il giudice dell’esecuzione, nel valutare l’unicità del disegno criminoso, non può attribuire rilievo ad un programma di attività delinquenziale che sia meramente generico, essendo invece necessaria la individuazione, fin dalla commissione del primo episodio, di tutti i successivi, almeno nelle loro connotazioni fondamentali, con deliberazione, dunque, di carattere non generico, ma generale (Sez. 1, n. 37555 del 13/11/2015, dep. 2016, Bottari, Rv. 267596).
L’identità del disegno criminoso deve essere negata qualora, malgrado la contiguità spazio-temporale ed il nesso funzionale tra le diverse fattispecie incriminatrici, la successione degli episodi sia tale da escludere la preventiva programmazione dei reati ed emerga, invece, l’occasionalità di quelli compiuti successivamente rispetto a quello cronologicamente anteriori (Sez. 6, n. 44214 del 24/10/2012 – dep. 14/11/2012, Natali e altro, Rv. 254793).
La ricaduta nel reato e l’abitualità a delinquere non integrano di per sé il caratteristico elemento intellettivo (unità di ideazione che abbraccia i diversi reati commessi) che caratterizza il reato continuato (Sez. 2, n. 40123 del 22/10/2010, Marigliano, Rv. 248862).
Anche recentemente, le Sezioni Unite di questa Corte hanno ribadito che il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074).
Inoltre, è stato – a più riprese – affermato che «l’accertamento di tali indici è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito ed è insindacabile in sede di
legittimità, quando il convincimento del giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamento dei fatti» (Cass. pen., Sez. 7, n. 25908 del 10/03/2022).
Nel caso specifico, il giudizio del giudice dell’esecuzione, per quanto sintetico, è tuttavia solidamente ancorato a specifici elementi di fatto che il ricorso non è in grado di superare. In particolare il Giudice dell’esecuzione ha sottolineato la diversità ontologica del reato giudicato con la sentenza sub 3. (art. 73 d.P.R. 309 del 1990) rispetto ai reati giudicati con le altre sentenze; ha poi escluso l’unitarietà del disegno criminoso del reato di cui alla sentenza sub 4. (estorsione aggravata commessa con il metodo mafioso), tanto rispetto al reato di cui alla sentenza sub 1. (associazione per delinquere di tipo mafioso), perché il reato di estorsione è stato commesso fuori del perimetro della partecipazione all’associazione, allorquando la sentenza era già definitiva; ha infine escluso la continuazione del reato di cui alla sentenza sub 4. con gli episodi estorsivi di cui alla sentenza sub 2. ( anch’essi aggravate dal metodo mafioso), per la diversità delle associazioni criminali cui i reati estorsivi afferiscono e per la distanza temporale.
Trattasi di valutazioni sul fatto, non rivedibili in questa sede. Basterà infatti rammentare come – in tema di giudizio di cassazione – restino inibite al giudice di legittimità la rilettura degli elementi fattuali posti a fondamento della decisione impugnata, nonché l’adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione oggettiva e di valutazione dei fatti, che vengano in ipotesi indicati dal ricorrente quali maggiormente plausibili, ovvero anche dotati di una migliore attitudine esplicativa, rispetto a quelli sposati dal provvedimento impugnato (Sez. 6 – , Sentenza n. 5465 del 04/11/2020, F., Rv. 280601 – 01).
Alla luce delle considerazioni che precedono, l’impugnazione deve essere rigettata. Il rigetto del ricorso postula la condanna al pagamento delle spese.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 17 novembre 2023
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Il Consigliere estensore
Il Presidente