Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 26246 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 26246 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Roma il DATA_NASCITA;
avverso l’ordinanza della Corte di appello di Roma, in funzione di giudice dell’esecuzione, del 13/11/2023 (come corretta con ordinanza del 05/12/2023) ;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la ordinanza in epigrafe (corretta con successivo provvedimento del 5 dicembre 2023) la Corte di appello di Roma, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha accolto la domanda di riconoscimento della continuazione in sede esecutiva, ai sensi dell’art.671 cod. proc. pen., proposta nell’interesse di NOME COGNOME limitatamente ai reati per i quali egli è stato condannato con la sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma del 9 dicembre 2019 e della Corte di appello di Roma del 22 febbraio 2022 (indicate con i nn. 2 e 3 nella ordinanza medesima) e ha determinato la pena in anni otto e mesi due di reclusione ed euro 26.400 di multa, rigettando per il resto la richiesta.
Avverso la predetta ordinanza NOME COGNOME, per mezzo dell’AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico ed articolato motivo, di seguito riprodotto nei limiti di cui all’art.173 disp. att. co proc. pen., insistendo per l’annullamento del provvedimento impugnato relativamente al parziale rigetto della sua richiesta.
Egli lamenta, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b) ed e) , cod. proc. pen., la violazione di legge ed il vizio di motivazione con riferimento al mancato riconoscimento della continuazione, ai sensi dell’art.671 del codice di rito, anche rispetto ai reati accertati con la sentenza pronunciata in data 8 marzo 2017 dalla Corte di appello di Roma (indicata con il n.1 nel provvedimento), essendo anche essi espressione del medesimo disegno criminoso posto alle base degli altri reati, atteso che l’estorsione traeva origine dalla attività di spaccio di sostanze stupefacenti come confermato dalla sentenza (non ancora definitiva) del Tribunale di Roma pronunciata il giorno 12 luglio 2022.
Inoltre, il ricorrente lamenta l’errore materiale in cui è incorso il giudice dell’esecuzione nella determinazione della pena indicata per errore in anni undici e mesi quattro di reclusione ed euro 39.400 di multa, anziché in anni otto e mesi due di reclusione ed euro 26.400 di multa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Anzitutto, quanto al lamentato errore materiale, deve evidenziarsi che alla relativa correzione la Corte territoriale ha già provveduto con la ordinanza del 5 dicembre 2023 negli stessi termini invocati dal condannato.
2
Ciò posto, il ricorso è manifestamente infondato e, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.
Invero questa Corte ha costantemente affermato, in tema di reato continuato, che l’unicità del disegno criminoso presuppone l’anticipata ed unitaria ideazione di più violazioni della legge penale, già presenti nella mente del reo nella loro specificità, e che la prova di tale congiunta previsione deve essere ricavata, di regola, da indici esteriori che siano significativi, alla lu dell’esperienza, del dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere (Sez. 4, n. 16066 del 17/12/2008, dep. 2009, Di Maria, Rv. 243632). Il giudice dell’esecuzione, nel valutare l’unicità del disegno criminoso, non può attribuire rilievo ad un programma di attività delinquenziale che sia meramente generico, essendo invece necessaria la individuazione, fin dalla commissione del primo episodio, di tutti i successivi, almeno nelle loro connotazioni fondamentali, con deliberazione, dunque, di carattere non generico, ma generale (Sez. 1, n. 37555 del 13/11/2015, dep. 2016, Bottari, Rv. 267596).
2.1. L’esistenza di un medesimo disegno criminoso va desunta da elementi indizianti quali l’unitarietà del contesto e della spinta a delinquere, la brevità del lasso temporale che separa i diversi episodi, l’identica natura dei reati, l’analogia del modus operandi e la costante compartecipazione dei medesimi soggetti (Sez. 5, n. 1766 del 06/07/2015, dep. 2016, Esposti e altro, Rv. 266413). L’identità del disegno criminoso deve essere negata qualora, malgrado la contiguità spaziotemporale ed il nesso funzionale tra le diverse fattispecie incriminatrici, la successione degli episodi sia tale da escludere la preventiva programmazione dei reati ed emerga, invece, l’occasionalità di quelli compiuti successivamente rispetto a quelli cronologicamente anteriori (da ultimo Sez. 6, n. 44214 del 24/10/2012, COGNOME e altro, Rv. 254793).
La ricaduta nel reato e l’abitualità a delinquere non integrano di per sé il caratteristico elemento intellettivo (unità di ideazione che abbraccia i diversi reati commessi) che caratterizza il reato continuato (Sez. 2, n. 40123 del 22/10/2010, Marigliano, Rv. 248862).
2.2. Anche le Sezioni Unite di questa Corte hanno ribadito che il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della
sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074).
3. Premesso quanto sopra si osserva che l’ordinanza impugnata ha respinto la domanda ex art.671 cod. proc. pen. rispetto alla sentenza sub 1) dando rilievo, in modo non manifestamente illogico, al periodo intercorso (di alcuni anni) tra i reati accertati con tale decisione e quelli di cui alle altre due sentenze, nonché al carattere non omogeneo dei medesimi. Deve poi osservarsi che il condannato a sostegno della sua impugnazione – richiama una decisione (sentenza del Tribunale di Roma del 12 luglio 2022) non oggetto della sua originaria istanza e, peraltro, nemmeno divenuta irrevocabile come da lui stesso dedotto e che, pertanto, non può assumere rilievo in questa sede.
Ne consegue che il ricorrente, pur lamentando la violazione di legge ed il vizio di motivazione, suggerisce una inammissibile lettura alternativa degli elementi processuali, coerentemente valutati dal giudice a quo per respingere la sua istanza.
4. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 22 aprile 2024.