Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 15842 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 15842 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 23/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME COGNOME nato a MONZA il 19/10/1957
avverso l’ordinanza del 21/10/2024 del TRIBUNALE di MODENA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG, COGNOME che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Modena, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha parzialmente accolto l’istanza presentata nell’interesse di NOME COGNOME diretta ad ottenere l’applicazione della disciplina del reato continuato tra i reati di cui alle seguenti sette sentenze:
sentenza del Tribunale di Milano, emessa in data 28 aprile 2014, irrevocabile il 5 luglio 2014;
sentenza del Tribunale di Como, emessa in data 3 novembre 2017, irrevocabile il 5 luglio 2019;
sentenza del Tribunale di Milano, emessa in data 28 novembre 2019, irrevocabile il 9 novembre 2021;
sentenza del Tribunale di Milano, emessa in data 12 novembre 2019, irrevocabile il 2 giugno 2020;
sentenza del Tribunale di Lecco, emessa in data 6 gennaio 2018, irrevocabile il 01 dicembre 2019;
sentenza del Tribunale di Milano, emessa in data 3 dicembre 2021, irrevocabile il 24 ottobre 2023;
sentenza del Tribunale di Modena, emessa in data 28 giugno 2023, irrevocabile il 25 luglio 2024,
riconoscendo il vincolo della continuazione tra le sentenze sub d) ed e), e rideterminando la pena in due anni, un mese e quindici giorni, di reclusione ed C 600,00 di multa, e respingendo nel resto.
A ragione del provvedimento di rigetto, il G.E. osservava come dall’esame delle pronunce sopra indicate sub a), b), c), f) e g) non emergessero elementi da cui desumere una previa deliberazione unitaria, emergendo, piuttosto, il profilo di un criminale seriale che ha ideato un modus operandi prima incentrato sull’appropriazione indebita di somme relative all’attività di recupero crediti e poi sulla frode diretta al creditore – mediante la creazione di realtà societarie che potessero fungere da riferimento delle attività delinquenziali; il Tribunale sottolineava anche l’esistenza di uno iato temporale tra le suddette violazioni, il mutamento del modus operandi (dall’appropriazione indebita alle truffe), l’eterogeneità del contesto territoriale, la diversa connotazione fattuale delle singole condotte delittuose.
COGNOME con atto del suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione articolando due motivi di seguito riassunti entro i limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen..
2.1. Con il primo motivo, deduce violazione dell’art. 81 cod. pen., nonché
t
vizio di motivazione, per avere il decidente assimilato la fattispecie sottoposta alla sua attenzione a quella tipica del delitto di cui all’art. 416 bis cod. pen.
Invero, il giudice dell’esecuzione, dopo aver affermato la sussistenza di un generico piano criminoso, ha negato il riconoscimento del beneficio in parola facendo esclusivamente leva sulla distanza temporale di commissione dei reati.
2.2. Con il secondo motivo, deduce mancanza di motivazione in relazione alla richiesta di riconoscimento del vincolo della continuazione tra tre gruppi di sentenze indicate nell’istanza introduttiva, non potendosi ritenere all’uopo sufficiente la disamina relativa ai singoli fatti delittuosi, tenuto conto del fatto che, in sede di cognizione, veniva riconosciuto il medesimo disegno criminoso tra fatti commessi in territori diversi.
Il sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME intervenuto con requisitoria scritta, ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Va ricordato che le Sezioni Unite di questa Corte hanno ribadito che il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074).
Inoltre, è stato – a più riprese – affermato che «l’accertamento di tali indici è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamento dei fatti» (Cass. pen., Sez. 7, n. 25908 del 10/03/2022).
Nel caso in esame, il giudizio del giudice dell’esecuzione è solidamente ancorato a specifici elementi di fatto che il ricorso non è in grado di superare.
In particolare, il decidente non si è limitato a far leva sulla distanza temporale di commissione dei reati, ma ha analizzato, in maniera analitica, le
singole condotte delittuose, al fine di metterne in luce la loro diversità.
Con ragionamento logico e coerente, il provvedimento impugnato ha dapprima escluso il riconoscimento del beneficio in parola tra le sentenze sub a)
e sub b), relative a condotte di appropriazione indebita, evidenziandone l’ampio arco temporale intercorrente tra i fatti (tre anni) e il diverso contesto territoriale.
Successivamente, ha dato atto del mutamento del modus operandi,
segnato dalla sentenza di condanna per bancarotta fraudolenta sub c), risultando del
tutto indimostrato che già al momento della commissione del primo reato,
COGNOME avesse ideato di passare alla perpetrazione dei reati di truffa di cui alle altre sentenze di condanna sub f) e g), in ordine alle quali il decidente ha messo
in luce le diverse modalità esecutive utilizzate dal condannato.
5. Di contro, il ricorrente si limita a sollevare delle censure del tutto generiche, senza confrontarsi adeguatamente con le valutazioni espresse dal
giudice dell’esecuzione e sollecitando una valutazione alternativa, non consentita in sede di legittimità, degli argomenti posti alla base della decisione impugnata, senza tuttavia offrire nuovi elementi capaci di infirmarne la tenuta logica.
Alla luce delle considerazioni che precedono, l’impugnazione deve essere rigettata. Il rigetto del ricorso postula la condanna al pagamento delle spese.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 23 gennaio 2025
Il Consigliere estensore
Il/ Presidente