Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 11555 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 11555 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Bitonto il DATA_NASCITA;
avverso la ordinanza della Corte di appello di Bari, in funzione di giudice dell’ esecuzione, del 20/03/2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del GLYPH Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
letta la memoria contenente motivi nuovi depositata dal difensore AVV_NOTAIO, il quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la ordinanza in epigrafe la Corte di appello di Bari, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto la domanda proposta da NOME COGNOME e diretta ad ottenere il riconoscimento della continuazione in sede esecutiva, ai sensi degli artt.81 cod. pen. e 671 cod. proc. pen., tra i reati per i quali egli era sta riconosciuto colpevole con le seguenti decisioni: 1) sentenza della Corte di appello di Bari del 9 aprile 2013; 2) sentenza della Corte di appello di Bari del 28 giugno 2016; 3) sentenza della Corte di assise di appello di Bari del 24 maggio 2021.
In particolare, il giudice dell’esecuzione ha escluso che i reati di cui alle sentenze sub 1) e 3) fossero espressione di un unico disegno criminoso considerato che non vi erano elementi da cui desumere che al momento dell’adesione dell’istante all’associazione ex art.74 d.P.R. 309/90 (di cui alla sentenza n.1) egli avesse previsto e voluto i fatti (due omicidi, tentato omicidio, violazione della legge armi ed atro) accertati con la sentenza sub 3), tanto più che all’epoca dell’adesione le vittime dell’agguato (NOME COGNOME e NOME COGNOME) erano detenuti e che, quindi, non erano prevedibili le successive condotte di questi ultimi (consistite nella loro affiliazione ad un gruppo criminale contrapposto) una volta scarcerati. Il giudice dell’esecuzione ha poi escluso di potere riconoscere la continuazione con il reato sub 2) (ricettazione di armi) dato che per esso in sede di cognizione era stata esclusa l’aggravante del metodo mafioso.
Avverso la sopra indicata ordinanza NOME COGNOME, per mezzo dell’AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico ed articolato motivo, di seguito riprodotto nei limiti di cui all’art.173 disp. att. c proc. pen., insistendo per l’annullamento del provvedimento impugnato.
In particolare il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b), c) ed e), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 546, lett. e),81, 575, 416-bis cod. pen., 74 d.P.R. 309/90 9,10 e 12 legge armi ed il relativo vizio di motivazione, con riferimento alla istanza di riconoscimento della continuazione in sede esecutiva ed alla memoria difensiva del 27 febbraio 2023.
Secondo il condannato, quindi, il giudice dell’esecuzione non avrebbe tenuto conto delle deduzioni contenute nella originaria istanza e nella memoria difensiva a conferma della sussistenza della unicità del disegno criminoso tra i reati di cui alle due sentenze sopra indicate (1 e 3).
AVV_NOTAIO ha depositato, nell’interesse del ricorrente, memoria contenente motivi nuovi ai sensi dell’art. 585, comma 4, cod. proc. pen., con cui denuncia, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione dell’art.81 cpv, cod. pen. ed il relativo vizio di motivazione con
riferimento al ragionamento svolto dal giudice dell’esecuzione rispetto alla necessità – ai fini della continuazione – di una unicità iniziale dell’atto ideativo volitivo.
LI! ricorso (compresi i motivi aggiunti) è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
Questa Corte ha costantemente affermato, in tema di reato continuato, che l’unicità del disegno criminoso presuppone l’anticipata ed unitaria ideazione di più violazioni della legge penale, già presenti nella mente del reo nella loro specificità, e che la prova di tale congiunta previsione deve essere ricavata, di regola, da indici esteriori che siano significativi, alla luce dell’esperienza, del dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere (Sez. 4, n. 16066 del 17/12/2008, dep. 2009, Di Maria, Rv. 243632). Il giudice dell’esecuzione, nel valutare l’unicità del disegno criminoso, non può attribuire rilievo ad un programma di attività delinquenziale che sia meramente generico, essendo invece necessaria la individuazione, fin dalla commissione del primo episodio, di tutti i successivi, almeno nelle loro connotazioni fondamentali, con deliberazione, dunque, di carattere non generico, ma AVV_NOTAIO (Sez. 1, n. 37555 del 13/11/2015, dep. 2016, Bottari, Rv. 267596).
2.1. L’esistenza di un medesimo disegno criminoso va desunta da elementi indizianti quali l’unitarietà del contesto e della spinta a delinquere, la brevità de lasso temporale che separa i diversi episodi, l’identica natura dei reati, l’analogia del modus operandi e la costante compartecipazione dei medesimi soggetti (Sez. 5, n. 1766 del 06/07/2015 – dep. 2016, Esposti e altro, Rv. 266413). L’identità del disegno criminoso deve essere negata qualora, malgrado la contiguità spaziotemporale ed il nesso funzionale tra le diverse fattispecie incriminatrici, la successione degli episodi sia tale da escludere la preventiva programmazione dei reati ed emerga, invece, l’occasionalità di quelli compiuti successivamente rispetto a quelli cronologicamente anteriori (da ultimo Sez. 6, n. 44214 del 24/10/2012 dep. 14/11/2012, COGNOME e altro, Rv. 254793).
La ricaduta nel reato e l’abitualità a delinquere non integrano di per sé il caratteristico elemento intellettivo (unità di ideazione che abbraccia i diversi reati commessi) che caratterizza il reato continuato (Sez. 2, n. 40123 del 22/10/2010, Marigliano, Rv. 248862).
2.2. Anche le Sezioni Unite di questa Corte hanno ribadito che il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la
contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074).
2.3. E’ poi opportuno rammentare che il nesso della continuazione non è configurabile tra il reato associativo e quei reati fine che, quand’anche rientrino nell’ambito delle attività del sodalizio criminoso e siano finalizzati al rafforzamento del medesimo, non erano programmati, almeno a grandi linee, al momento dell’ingresso nell’associazione stessa (Sez. 1, Sentenza n. 1534 del 09/11/2017, Giglia, Rv. 271984).
Ciò posto, il provvedimento impugnato, in puntuale applicazione dei principi sopra indicati, ha ineccepibilmente osservato che osta al riconoscimento della continuazione tra i reati accertati con le sentenze sub 1) e 3), con rilievo decisivo, l’assenza di circostanze da cui desumere che l’odierno ricorrente, sin dal suo ingresso nella associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti avesse programmato i reati successivi (duplice omicidio, tentato omicidio e violazione della legge armi) considerato che le vittime, all’epoca, erano detenute e che non erano prevedibili le loro condotte una volta tornati in libertà.
3.1.In tale contesto i reati commessi sono stati quindi ritenuti, in modo non manifestamente illogico, piuttosto riconducibili ad autonome risoluzioni criminose ed espressione di una pervicace volontà criminale, come tale non meritevole del beneficio previsto dalla normativa invocata.
3.2. Le censure del ricorrente pertanto, oltre ad essere generiche, sollecitano una non consentita lettura alternativa del compendio probatorio tratto dalle sentenze in esecuzione da sovrapporre a quella coerentemente svolta dal giudice a quo.
Al rigetto del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 coi proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso 1’8 febbraio 2024.