Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 36927 Anno 2025
In nome del Popolo RAGIONE_SOCIALE
Penale Sent. Sez. 4 Num. 36927 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/10/2025
QUARTA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
– Presidente –
Sent. n. sez. 911/2025
NOME COGNOME
UP – 14/10/2025
NOME COGNOME
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
NOME COGNOME
NOME COGNOME
– Relatore –
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Napoli il DATA_NASCITA,
avverso la sentenza del 1 ottobre 2024 della Corte di appello di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilitˆ del ricorso;
Con sentenza del 1 ottobre 2024 la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza con cui il 23 luglio 2021 il Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Milano, in esito al giudizio abbreviato, ha ritenuto NOME COGNOME responsabile dei reati di cui ai capi 9), 10), 13), 19), 20), 21), 25), 29), 32), 35), 38) e 41).
Esclusa la recidiva, ritenuta la continuazione fra tutti i reati contestati – sia tra loro sia con i reati giudicati con sentenza emessa dal Tribunale di Milano il 28 giugno 2011 (irrev. il 28 luglio 2011) – individuato il reato più grave nel delitto di cui al capo 9) del presente procedimento, il COGNOME è stato condannato alla pena di anni dieci di reclusione ed euro 34.000,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.
Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore, lamentando in sintesi, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce il vizio di omessa motivazione, con riguardo alla affermazione di responsabilitˆ per i reati di cui all’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, contestati ai capi 9), 10), 13), 21), 25), 29), 32), 35), 38) e 41).
Più in particolare, si osserva che i giudici di merito, senza confrontarsi con le censure contenute nell’atto di appello, hanno ritenuto raggiunta la prova del coinvolgimento del COGNOME in una serie di cessioni di sostanza stupefacente, analizzando esclusivamente il contenuto delle conversazioni intercettate (c.d. droga parlata).
Conversazioni la cui interpretazione non ha trovato conferma in elementi oggettivi, quali sequestri o movimentazioni di somme di denaro: in un simile contesto, quindi, i giudici di merito avrebbero dovuto fornire una motivazione rafforzata non solo in ordine all’attribuzione delle conversazioni al ricorrente, ma anche in relazione alla “decodifica” del linguaggio adoperato, al fine di poter individuare, oltre ogni ragionevole dubbio, quantitˆ e qualitˆ della sostanza trattata, nonchŽ l’effettiva conclusione delle singole transazioni.
In difetto, la responsabilitˆ finisce per riposare solo sull’esistenza di contatti tra soggetti che si presume operino nel settore del traffico degli stupefacenti.
La sentenza di appello è parimenti errata nella parte in cui ha tratto un elemento a carico del ricorrente nel non aver costui offerto una spiegazione alternativa delle conversazioni intercettate, cos’ realizzando una inammissibile inversione dell’onere della prova.
2.2. Con il secondo motivo deduce il vizio di omessa motivazione, con riguardo all’affermazione di responsabilitˆ per i reati di cui ai capi 19) e 20).
Lamenta il ricorrente che la prova del tentativo di estorsione – e dei connessi reati in materia di armi – sia stata tratta soltanto dall’analisi di alcune conversazioni intercettate.
Si tratta, si osserva, di dialoghi che non provano nŽ l’acquisto dell’arma nŽ che il COGNOME sia stato il mandante dell’azione estorsiva, posto che proprio dall’analisi della conversazione di cui al progressivo 716 emerge chiaramente che fu NOME COGNOME a rivolgere le richieste alla persona offesa (“sono venuto attrezzato, dimmi tu, che vuoi fare, dobbiamo fare casino a Milano? Bello chiaro e tondo”).
2.3. Con il terzo motivo deduce violazione della legge penale sostanziale e vizio della motivazione con riguardo alla applicazione dell’art. 81 cod. pen.: il ricorrente lamenta che i giudici non hanno spiegato le ragioni per le quali il reato più grave è stato individuato in quello contestato al capo 9, nŽ hanno motivato in ordine all’entitˆ degli aumenti di pena previsti per ciascuno dei reati in continuazione (comunque sproporzionati), in contrasto con i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimitˆ, anche a Sezioni Unite.
2.4. Con il quarto ed ultimo motivo deduce violazione della legge penale sostanziale con riguardo al mancato riconoscimento della continuazione con i reati oggetto della sentenza di condanna emessa il 3 settembre 2012 dalla Birmingham Crown Court (riconosciuta con sentenza della Corte d’appello di Milano del 4 novembre 2013, irrev. 11 dicembre 2013).
Afferma il ricorrente, al fine di confutare il diverso orientamento maturato nella giurisprudenza di legittimitˆ, che una volta riconosciuta la sentenza straniera deve essere eseguita secondo la legge interna dello Stato e che nessuna norma esclude il riconoscimento della continuazione.
Nella specie, peraltro, non sussiste il rischio che per effetto del riconoscimento della continuazione vi sia una sorta di “invasione” del giudicato estero, in quanto il reato più grave va individuato in quello oggetto della sentenza straniera.
Sono in ogni caso presenti nella specie gli indicatori concreti che consentono di ritenere i diversi reati frutti di un unico disegno criminoso in ragione non solo della prossimitˆ spazio-temporale delle condotte ma anche della identitˆ del
.
Il giudizio di cassazione si è svolto con trattazione orale, e separata la posizione dell’odierno ricorrente, all’odierna udienza le parti hanno formulato le conclusioni come in epigrafe indicate.
Il ricorso è inammissibile.
1.1. Allo scrutinio dei motivi è utile premettere che, secondo la concorde ricostruzione dei giudici di merito, il COGNOME, risultato essere in contatto con dei fornitori spagnoli, ha concorso nella consumazione di plurimi fatti di detenzione e cessione di sostanza stupefacente del tipo cocaina, contestati ai capi 9), 10), 13), 21), 25), 29), 32), 35), 38) e 41), la cui dimostrazione è stata tratta da attivitˆ di intercettazione, pedinamenti, perquisizioni e sequestri.
Il COGNOME è stato inoltre condannato quale mandante di una tentata estorsione, commessa con il concorso di NOME COGNOME (il quale aveva usato un’arma), al fine di recuperare un credito nei confronti di NOME COGNOME, nascente da pregresse forniture di cocaina (capi 19 e 20).
Venendo allÕesame delle doglianze, osserva innanzitutto il Collegio che, in presenza di una doppia conforme, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, ai fini del controllo di legittimitˆ sul vizio di motivazione, la struttura giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo e le motivazioni dei due provvedimenti si integrano a formare un corpo unico, con il conseguente obbligo per il ricorrente di confrontarsi in maniera puntuale con i contenuti delle due sentenze (Sez. 4, n. 26800 del 26/06/2024, COGNOME, non mass.; Sez. 2, n. 6560 del 8/10/2020, COGNOME, Rv. 280654 Ð 01; Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218 Ð 01; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595 Ð 01; Sez. 1, n. 8868 del 26/6/2000, COGNOME, Rv. 216906 Ð 01; Sez. 2, n. 11220 del 5/12/1997, COGNOME, Rv. 209145 – 01).
2.1. Ci˜ posto, il primo motivo è inammissibile, poichŽ in parte aspecifico ed in parte manifestamente infondato.
2.1.1. Il ricorrente, infatti, ripropone profili di censura giˆ adeguatamente vagliati e disattesi dai giudici di merito, lamentando l’assenza di elementi estrinseci di conferma.
é vero, come si afferma in ricorso, che in tema di stupefacenti, qualora gli indizi a carico di un soggetto consistano in mere dichiarazioni captate nel corso di operazioni di intercettazione senza che sia operato il sequestro della sostanza stupefacente, la loro valutazione, ai sensi dell’art. 192, comma 2, cod. proc. pen., deve essere compiuta dal giudice con particolare attenzione e rigore e, ove siano prospettate più ipotesi ricostruttive del fatto, la scelta che conduce alla condanna dell’imputato deve essere fondata in ogni caso su un dato probatorio “al di lˆ di ogni ragionevole dubbio”, caratterizzato da alto grado di credibilitˆ razionale, con
esclusione soltanto delle eventualitˆ più remote (Sez. 4, n. 20129 del 25/06/2020, COGNOME, Rv. 279251 – 01; Sez. 6, n. 27434 del 14/2/2017, Albano, Rv. 270299 – 01).
Tuttavia, nel caso in esame la prova dei traffici illeciti, della loro conclusione e della riferibilitˆ al ricorrente non è stata tratta esclusivamente dai dialoghi intercettati.
I giudici di merito hanno s’ argomentato partendo dall’analisi di diverse conversazioni, tutte relative alle transazioni illecite, ma hanno anche valorizzato l’intervenuto sequestro di ingenti quantitativi di cocaina (pp. 19 e 20 sentenza di primo grado; pp. 9 – 10 sentenza impugnata, quanto al sequestro di 63 kg di cocaina; p. 14, in relazione al capo 13 contestato proprio al COGNOME, con l’arresto del COGNOME ed il sequestro di 2 kg di cocaina), di cui vi è significativamente traccia nei dialoghi intercettati (ad es., p. 261 sentenza di primo grado, prog. 1505, in cui proprio il COGNOME faceva riferimento all’intervenuto sequestro: ” … ha giˆ reso 3, di cui 2, lo sai, si sono persi”; p. 270 sentenza di primo grado, prog. 1793, in cui proprio il COGNOME alludeva al sequestro dello stupefacente di cui al capo 2: “un macello per i 64”).
Sono stati inoltre valorizzati gli esiti dei servizi di osservazione (p. 13 sentenza impugnata), e gli elementi forniti dalla localizzazione satellitare e dal posizionamento delle utenze cellulari (ad es., p. 300 sentenza di primo grado, proprio con riguardo al COGNOME).
Il contenuto dei dialoghi intercettati, in conclusione, è stato letto alla luce del più ampio contesto dimostrativo, con cui il ricorrente omette ogni confronto, e senza che la difesa abbia peraltro prospettato una diversa ipotesi ricostruttiva ignorata dai giudici di merito.
é quindi mancato il confronto con le conformi decisioni di merito, essendosi il ricorrente limitato, da un lato a riproporre le doglianze giˆ mosse con l’atto di appello, e dall’altro a ritenere l’insufficienza sul punto delle sole conversazioni intercettate.
Il motivo, pertanto, nella misura in cui ipotizza il malgoverno dell’art. 192 cod. proc. pen. (p. 5), sconta la genericitˆ delle allegazioni difensive, che rifuggono dal confronto serrato e critico con la , avuto riguardo a tutte le circostanze valorizzate dai giudici di merito.
Ancora, il ricorrente non si confronta nemmeno con il pacifico orientamento secondo cui l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, è questione di fatto rimessa all’apprezzamento del giudice del merito e si sottrae al giudizio di legittimitˆ se la valutazione risulta logica in rapporto alle massime di esperienza utilizzate (Sez. U, n. 22471 del
26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715 – 01; conf., Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, DÕAndrea, Rv. 268389 – 01).
2.1.1. Il motivo è inammissibile anche nella parte in cui si deduce l’inosservanza della regola di giudizio dell'”oltre ogni ragionevole dubbio” (p. 7 ricorso).
Osserva il Collegio che la regola di giudizio che si assume violata rileva in sede di legittimitˆ nella misura in cui si è tradotta in un vizio di motivazione della sentenza, non potendo la Corte di cassazione sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta dai giudici di merito (Sez. 4, n. 2132 del 12/01/2021, Maggio, Rv. 280245 – 01; Sez. 2, n. 28957 del 03/04/2017, COGNOME, Rv. 270108 – 01), essendo il proprio sindacato limitato, per espressa volontˆ del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilitˆ di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074 – 01).
Se il giudice è tenuto, quindi, a saggiare la capacitˆ esplicativa dell’ipotesi alternativa prospettata dalla difesa, ci˜ non ha affatto innovato la natura del sindacato della Corte di cassazione sulla motivazione della sentenza; nŽ, attraverso il richiamo alla regola dell’oltre ogni ragionevole dubbio, si pu˜ ottenere il superamento dei tradizionali limiti del giudizio di legittimitˆ (Sez. 1, n. 5517 del 30/11/2023, dep. 2024, Lombardi, Rv. 285801 Ð 01; Sez. 2, n. 25016 del 08/04/2022, COGNOME, in motivazione; Sez. 2, n. 29480 del 07/02/2017, COGNOME, Rv. 270519 Ð 01).
Il ricorrente, invece, evoca il canone del ragionevole dubbio proprio per lamentare la mancata assoluzione quale conseguenza di una inesatta valutazione delle prove, senza dedurre, per quanto detto pocÕanzi, alcun vizio di motivazione deducibile ai sensi dellÕart. 606, lett. e), cod. proc. pen.
2.2. Il secondo motivo, che riguarda l’affermazione di responsabilitˆ relativa ai reati di cui ai capi 19 e 20, è inammissibile.
Il ricorso, sul punto, non si confronta con le conformi decisioni dei giudici di merito, assumendo una connotazione meramente avversativa, e censurando il contenuto di un solo dialogo (o meglio, di una sua parte) al fine di escludere il coinvolgimento del COGNOME nella sortita estorsiva e nei connessi reati in materia di armi: i giudici di merito, invece, hanno analizzato una cospicua serie di dialoghi, dal tenore a tratti esplicito (ad es., pp. 265 e ss. sentenza di primo grado), sia in ordine all’acquisto a Napoli – dove si era recato con il correo COGNOME – ed al trasporto a Milano dell’arma (cos’ concorrendo nel reato anche sul piano materiale), sia in ordine alla necessitˆ di recuperare ad ogni costo il denaro dal NOME.
Necessitˆ che i giudici di merito hanno letto, in maniera non manifestamente illogica, alla luce della contestuale presenza in Milano dei fornitori spagnoli, risultati
in contatto anche con lo stesso COGNOME, con il quale pure si incontrarono (p. 273 sentenza di primo grado): il recupero dei crediti, tra cui quello vantato verso il COGNOME, avrebbe infatti consentito al COGNOME di onorare i suoi impegni con costoro.
D’altra parte, come affermato dai giudici di merito, il COGNOME fu sempre presente in ogni snodo della vicenda, ovvero prima manifestando ai suoi collaboratori l’intenzione di perseguire i propri debitori “quartiere per quartiere”, poi recandosi in prima persona a Napoli per acquistare l’arma (poi portata a Milano), quindi rassicurando i fornitori spagnoli e poi ricevendo dai suoi collaboratori la conferma che il messaggio minatorio fu effettivamente recapitato alla persona offesa.
2.3. Anche il terzo motivo è inammissibile.
Nella parte in cui si lamenta l’immotivata individuazione del delitto più grave in quello di cui al capo 9 (pp. 13 e 15 ricorso), la doglianza è aspecifica, avuto riguardo alla motivazione offerta dal provvedimento impugnato (p. 23 sentenza di appello, in cui si richiama il quantitativo di stupefacente trattato e la sussistenza di una circostanza aggravante).
Quanto, invece, agli aumenti previsti per i c.d. reati satellite, si osserva quanto segue.
Come noto, allorquando la pena è determinata in misura prossima ai minimi edittali, il parametro valutativo è desumibile dal testo della sentenza nel suo complesso argomentativo e non necessariamente solo dalla parte destinata alla quantificazione della pena (Sez. 3, n. 38251 del 15/06/2016, Rignanese, Rv. 267949 – 01).
In tali casi la determinazione della pena è adeguatamente motivata giˆ con il richiamo agli indici di cui all’art. 133 cod. pen.
Il principio, osserva il Collegio, è stato condivisibilmente ribadito anche in relazione alla motivazione degli aumenti di cui allÕart. 81 cod. pen.: il giudice di merito, nel calcolare l’incremento sanzionatorio in modo distinto per ciascuno dei reati satellite, non è tenuto infatti a rendere una motivazione specifica e dettagliata qualora individui aumenti di esigua entitˆ, essendo in tal caso escluso in radice ogni abuso del potere discrezionale conferito dall’art. 132 cod. pen. (Sez. 6, n. 44428 del 05/10/2022, COGNOME, Rv. NUMERO_DOCUMENTO).
Tali conclusioni non sono messe affatto in discussione dal recente intervento di questa Corte, nella sua più autorevole composizione, con cui si è affermato che in tema di reato continuato, il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato più grave e stabilire la pena base, deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, Pizzone, Rv. 282269 Ð 01).
Nella stessa decisione, infatti, la Corte ha precisato che il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena è correlato all’entitˆ degli stessi; inoltre, deve consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, che risultino rispettati i limiti previsti dall’art. 81 cod. pen. e che non si sia operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene: profili, questi, che il ricorrente neppure deduce, limitandosi a prospettare una sproporzione non altrimenti argomentata (p. 15 ricorso).
LÕonere motivazionale è quindi variabile, e deve essere rapportato allÕentitˆ della pena e, soprattutto, al discostamento rispetto al minimo edittale (cfr., anche Sez. 3, n. 24979 del 22/12/2017, dep. 2018, non massimata sul punto, ha affermato che Çse per i reati satellite è irrogata una pena notevolmente inferiore al minimo edittale della fattispecie legale di reato, l’obbligo di motivazione si riduce, mentre, qualora la pena coincida con il minimo edittale della fattispecie legale di reato o addirittura lo superi, l’obbligo motivazionale si fa più stringente ed il giudice deve dare conto specificamente del criterio adottato).
Nella specie la Corte territoriale ha confermato la valutazione del primo giudice, richiamando le modalitˆ e le circostanze dei fatti (p. 57), ovvero, la quantitˆ e la qualitˆ dello stupefacente, nonchŽ la consumazione delle condotte avvalendosi di una collaudata rete organizzativa.
Neppure è possibile dubitare, nel caso in esame, del rispetto del limite legale del triplo della pena base art. 81, comma primo, cod. pen. (la cui violazione nemmeno è stata dedotta), in considerazione della misura contenuta dellÕaumento di pena irrogato.
I modesti aumenti, di gran lunga inferiori ai minimi edittali, applicati su una pena base notevolmente inferiore al medio edittale, appaiono quindi sorretti da congrua motivazione, pertanto insindacabile in questa sede.
2.4. Il quarto motivo, relativo al riconoscimento della continuazione con i fatti giudicati all’estero, è manifestamente infondato.
Facendo buon governo di un consolidato orientamento di legittimitˆ, la Corte di appello ha ritenuto non applicabile la continuazione tra un reato giudicato in Italia ed uno giudicato con sentenza straniera, anche se riconosciuta nell’ordinamento italiano, non essendo il vincolo art. 81 cod. pen. incluso tra le finalitˆ del riconoscimento delle sentenze penali straniere, stabilite dall’art. 12 cod. pen., e poi riprese, per le sentenze emesse da uno Stato dell’Unione europea, dall’art. 3, d.lgs. 12 maggio 2016, n. 73 (Sez. 1, n. 32212 del 15/06/2022, COGNOME, Rv. 283565 – 01, che ha ritenuto ipotesi di pena illegale, deducibile davanti al giudice della esecuzione, l’aumento di pena disposto dal giudice della cognizione in applicazione della continuazione tra il reato giudicato in Italia e altro giudicato con sentenza
emessa da uno Stato dell’Unione europea, sussistendo difetto di giurisdizione; Sez. 1, n. 17502 del 23/01/2020, COGNOME, Rv. 279364 – 01; Sez. 5, n. 48059 del 02/10/2019, COGNOME, Rv. 277650 – 01).
D’altra parte, il riconoscimento del reato continuato presuppone un giudizio di merito e, quindi, il riferimento a categorie di diritto sostanziale (reati e pene) che si qualificano soltanto in ragione del diritto interno, in una ipotesi in cui, invece, i giudicati da unificare promanano da ordinamenti diversi (cfr., nel senso della manifesta inammissibilitˆ della questione di illegittimitˆ costituzionale dell’art. 12 cod. pen., Corte cost., ord. 24 – 28 marzo 1997, n. 72, con la precisazione che il riconoscimento della continuazione determinerebbe una automatica invasione del giudicato estero al di fuori di qualsiasi meccanismo convenzionale).
Stante lÕinammissibilitˆ del ricorso e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilitˆ (Corte cost., sent. n. 186 del 7 giugno 2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare in euro tremila.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Cos’ deciso in Roma, 14 ottobre 2025
Il AVV_NOTAIO estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME