Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 37105 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME
Penale Sent. Sez. 1 Num. 37105 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/10/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME CENTONZE
– Relatore –
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
XXXXXXXXXXXXXXXX nato a VARESE il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 23/04/2025 del GIP TRIBUNALE di Varese udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO, che ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di
Varese, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza formulata nell’interesse di XXXXXXXXXXXXXXXX volta a ottenere l’applicazione della disciplina della continuazione
in relazione alle sentenze di seguito indicate: 1) sentenzan. 176/21 del 23/6/21 emessadal Giudiceper le IndaginiPreliminaripresso il Tribunale di Varese,irrevocabile il 10/4/22,conla qualel’imputato venivacondannatoad esitodel giudizioabbreviatoalla penadi anniquattroe mesi quattrodi reclusioneed euro 800,00 di multa per i reati di cui agli artt. 99, comma 4; 110; 81 cpv.; 628, comma 1 e 3 n.1, c.p.e artt.110, 624, 625 n.2 c.p.fatti commessi in Porto Ceresio il 5/10/20 e in Arcisate il 2/10/20; 2) sentenza n. 362/22 del 6110/22 emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Varese, riformata dalla Corte d’appello di Milano con sentenza n. 9039/23 del 13/1 2/23, irrevocabile il 13/3/24, con la quale l’imputato all’ esito del giudizio abbreviato Ł stato condannato alla pena di anni tre di reclusione ed euro 688,00 di multa per ireati di cui agliartt.99, quarto comma, 628, comma 3,n. 1, cod. pen.;fattocommessoin LavenaPonte Tresa il 27/5/15; 3) sentenzan. 300/24del 24/9/24 emessadal Giudiceper le IndaginiPreliminaripressoil Tribunaledi Varese, irrevocabile il 9/11/24, con la quale l’ imputato Ł statocondannatoalla complessivapena, già ridotta ai sensi dell’ art. 442, comma 2-bis c.p.p., alla pena anni tre, mesi cinque e giorniventinovedi reclusione ed euro1.500,00di multa per i reati di cui agli artt. 99, quarto comma, 110, 81 cpv., 628, comma 1 e 3, cod. pen. 99, quarto comma; art. 110 cod. pen., art 4 l. n. 110 del 1975 e artt. 99, comma 4, cod, 4 e 7 L. 895/67; fatti commessi in Monteggio-Fornasette (Confederazione Elvetica) il 19/12/20 e in Monteggio-Fornasette e Cremenaga il 19/12/2020.
2.Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione NOME AVV_NOTAIO, per il tramite del difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, deducendo con un unico motivo di ricorso, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pena., la carenza assoluta di motivazione in ordine al profilo della condizione di tossicodipendenza.
2.1.In particolare, il ricorrente ha dedotto che il giudice per le indagini preliminari, nel rigettare l’istanza volta al riconoscimento della continuazione, ha fondato la decisione sulla valutazione della sola distanza temporale tra i reati commessi,omettendo di motivare in ordine allo stato di tossicodipendenza del ricorrente, condizione documentata dalle certificazioni sia del S.d. di Arcisate, sia del Carcere di Opera, effettuando un unico riferimento lì dove evidenzia la tendenza a delinquere del ricorrente che consuma condotte di violenza e minaccia per reperire somme di denaro o beni da rivendere con il fine ultimo di procurarsi la disponibilità per acquistare stupefacenti.
3.Con requisitoria scritta, il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non supera il vaglio di ammissibilità, per le ragioni di seguito indicate.
Giova premettere che secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte il riconoscimento della continuazione, necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea. (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017 – de. 08/06/2017, Sgargialo, Re. 270074).
Diverso Ł, però, il perimetro cognitivo del giudice dell’esecuzione rispetto al giudice del merito che si riflette sui ben piø puntuali oneri di allegazione ricadenti sull’istante.
In relazione a tale profilo, Sez. 3, n. 17738 del 14/12/2018, dep. 2019, COGNOME, ha specificato, in motivazione, che «uovendo infatti dal presupposto che il principio di non colpevolezza, che si traduce nell’impossibilità per l’imputato di autoaccusarsi fornendo elementi a sØ sfavorevoli quale sarebbe la confessione di un disegno criminoso perseguito nell’esecuzione delle condotte contestategli, Ł chiaro che il giudice della cognizione debba officiosamente operare sulla base dei fattori sopra indicati considerando che gli stessi che, seppur singolarmente considerati non costituiscono indizi necessari di una programmazione e di una deliberazione unitaria, aggiunti l’uno all’altro, incrementano tuttavia la possibilità dell’accertamento dell’esistenza di un medesimo disegno criminoso, in proporzione logica corrispondente all’aumento delle circostanze indiziarie favorevoli, purchŁ tradotto in un ragionamento coerente e non affidato a semplici congetture o presunzioni (tra le altre, Sez. 1, n. 12905 del 17/03/2010, dep. 07/04/2010, COGNOME, Rv. 246838; Sez. 1, n. 11564 del 13/11/2012, dep. 12/03/2013, COGNOME, Rv. 255156). Dal momento che la presunzione di innocenza Ł estranea al procedimento esecutivo a fronte di un accertamento di responsabilità già coperto del giudicato, la valorizzazione degli stessi indici non basta in questa sede a configurare l’identità del disegno criminoso, richiedendosi invece da parte dell’istante un concorrente e puntuale onere di allegazione in ordine alla programmazione dei delitti relativi alle condanne inflittegli concomitante alla commissione del primo reato della serie rispetto al quale invoca la continuazione. Incombe perciò sul condannato l’allegazione degli elementi sintomatici idonei in concreto a ricondurre anche i successivi reati ad una medesima preventiva risoluzione criminosa, prima fra tutti la programmazione unitaria, onere questo che deve ritenersi tanto piø stringente quanto maggiore sia l’arco temporale, posto che diversamente opinando il meccanismo sanzionatorio di cui all’art. 81 cod. pen. si
tradurrebbe in un automatico beneficio premiale conseguente alla mera reiterazione del reato, rendendo del tutto evanescente la linea di demarcazione tra il reato continuato e l’abitualità a delinquere».
L’arresto illustrato ha, pertanto, statuito il principio secondo cui incombe sul condannato che invochi l’applicazione della disciplina della continuazione l’onere di allegare elementi sintomatici della riconducibilità anche dei reati successivi a una preventiva programmazione unitaria, onde evitare che il meccanismo sanzionatorio di cui all’art. 81, comma secondo, cod. pen. si traduca in un automatico beneficio premiale conseguente alla mera reiterazione del reato, rendendo evanescente la linea di demarcazione tra continuazione e abitualità a delinquere (Sez. 3, n. 17738 del 14/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275451 – 01: fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la decisione con la quale il giudice dell’esecuzione aveva escluso il riconoscimento della continuazione per l’ampiezza dell’arco temporale in cui si collocavano i reati e la mancata allegazione di elementi specifici, sintomatici della loro riconducibilità a una medesima preventiva risoluzione criminosa).
Tantopremesso, va rilevato che nella fattispecie, la deduzione difensiva si Ł limitata a confutare la sottovalutazione del fattore, normativamente rilevante, dello stato di tossicodipendenza del ricorrente, senza confrontarsi con l’argomentazione dell’ordinanza che, sia pure sinteticamente, ha dato conto della circostanzache in relazionead uno dei tre reati il divario temporale Ł notevole, non ritenendo che nel 2015 le rapine,poi commesse nel 2020, potessero essere già stata oggetto di una previa deliberazione,senza altri elementi di connessione, nemmeno ricavabili dalla lettura delle sentenze, al di là della omogeneità tipologica dei reati in quanto contro il patrimonio.
Va, inoltre, rilevato che il giudice dell’esecuzione non ha omesso di considerare la condizione di tossicodipendenza del ricorrente, ma ne ha sottovalutato la portata nell’ambito di una valutazione complessiva della insussistenza degli indici rivelatori del medesimo disegno criminoso, dalla quale ha ricavato la natura isolata di tali episodi criminosi indice, piuttosto, di una tendenza a delinquere.
Di conseguenza l’atto di impugnazione non Ł idoneo a destrutturare l’esito dell’impianto argomentativo dell’ordinanza censurata, in quanto si Ł limitato a confutare la mancata considerazione del fattore della tossicodipendenza, che però, come sopra rilevato, non Ł stato tralasciato, senza però addurre elementi concreti tali da contrastare il rilievo inerente alla forza ostativa del divario temporale fra i reati (particolarmente lungo per uno, in quanto pari a cinque anni) non contestando l’affermazione, che si rinviene nell’ordinanza impugnata, circa l’assenza di altri importanti e concludenti indici sintomatici dell’invocata unitarietà progettuale.
Il ricorrente ha dunque omesso di confrontarsi con il principio, correttamente applicato dal giudice dell’esecuzione, secondo cui in tema di reato continuato, a seguito della modifica dell’art. 671, comma 1, cod. proc. pen. ad opera della legge 21 febbraio 2006, n. 49, lo stato di tossicodipendenza, pur non comportando automaticamente il riconoscimento dell’unicità del disegno criminoso, può giustificarlo con riguardo ai reati che siano collegati e dipendenti a tale stato, sempre che ricorrano anche le altre condizioni individuate dalla giurisprudenza per la sussistenza della continuazione (Sez. 2, n. 22493 del 21/03/2019, Avanzini, Rv. 275420 – 01; conf. ex plurimis , Sez. 1, n. 33518 del 07/07/2010, COGNOME, Rv. 248124 – 01; Sez. 1, n. 50716 del 07/10/2014, COGNOME, Rv. 261490 – 01).
Alla luce delle esposte argomentazioni va dichiarata inammissibilità del ricorso. Consegue alla pronuncia di inammissibilità, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchØ al versamento, in
favore della Cassa delle ammende, della somma di euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così Ł deciso, 01/10/2025
Il AVV_NOTAIO estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME
IN CASO DI DIFFUSIONE DEL PRESENTE PROVVEDIMENTO OMETTERE LE GENERALITA’ E GLI ALTRI DATI IDENTIFICATIVI A NORMA DELL’ART. 52 D.LGS. 196/03 E SS.MM.